Filosofia della natura
Con filosofia della natura o filosofia naturale
si suole indicare nel Medioevo una partizione
della filosofia teoretica che prende in esame
la realtà fisica degli enti che costituiscono
il mondo creaturale. Tale indagine è
caratterizzata da un atteggiamento di interesse
nei confronti del mondo fisico in sé,
che non viene ridotto a mera ombra o vestigium
della divinità, né immediatamente
ricondotto ad una interpretazione morale, simbolica
o allegorica funzionale alla vita umana. Il
filosofo naturale ritiene di poter spiegare
gli eventi relativi alle trasformazioni dei
corpi senza operare costantemente rimandi all’intervento
divino, poiché presuppone che sussistano
leggi che governano i processi naturali. L’attenzione
verso il Creato concepito come insieme di entità
fisiche che interagiscono tra di loro è
un aspetto della riflessione filosofica già
presente in epoca altomedievale, che si addensa
in modo particolare nelle letture del Genesi
e del Timeo platonico. I pensatori animati da
una maggiore potenza speculativa e fortemente
debitori, anche se in modo diverso, nei confronti
della tradizione filosofica greca, Boezio
e Scoto
Eriugena, esaminano nelle loro opere, sia
teologiche che filosofiche, il concetto di Natura,
e hanno modo di mostrare le conoscenze di fisica
che attingono per lo più da fonti antiche.
(testi???MP)
L’idea di natura
nel XII secolo. Il progressivo autonomizzarsi
dello studio della natura rispetto all’idea
di filosofia come sapientia cristiana, che continuò
a rappresentare l’ideale dell’ambiente
monastico, si viene delineando in modo sempre
più efficace nel XII secolo, all’interno
di una concezione di filosofia come ricerca
propriamente razionale, e porterà alla
fondazione di un vero e proprio settore disciplinare
di primaria importanza nelle scuole
e, successivamente, nelle università.
L'esigenza di una ricerca razionale autonoma
con specifici interessi nel campo della filosofia
naturale assume centrale importanza negli scritti
degli autori in qualche modo collegati all'insegnamento
delle arti liberali a
Chartres, che fu una delle scuole cattedrali
più note del XII secolo. Il nuovo valore
attribuito al mondo fisico risulta in modo particolare,
a livello filosofico, dall'interesse che si
concentra sul momento della sua produzione,
ovvero la creazione. Teodorico
di Chartres apre il suo trattato sui sei
giorni della creazione (In Hexaemeron) affermando
che si accinge a spiegare "secundum physicam"
la prima parte del Genesi, attingendo ad idee
aristoteliche, riguardanti soprattutto la filosofia
naturale, che cominciavano ad essere introdotte
attraverso gli scritti medici, astronomici e
scientifici in generale, che circolavano fra
Salerno, Chartres, Tours, Hereford. Guglielmo
di Conches, allievo di Bernardo e anch’egli
maestro della scuola cattedrale di Chartres,
interpreta la dottrina biblica della creazione
ispirandosi al Timeo.
Le fonti filosofiche antiche vengono così
impiegate da Guglielmo e dagli altri chartriani
per individuare uno spazio autonomo dell'agire
naturale a partire dall'idea timaica di anima
del mondo: dopo l’atto della creazione,
il fiat iniziale, Dio lascia che la natura operi
autonomamente, grazie alla forza vitale che
in essa è racchiusa definita come "una
forza insita nelle cose che, da cose simili,
produce cose simili" ("vis quaedam
rebus insita, similia de similibus operans").
Guglielmo e Teodorico di Chartres denominano
il momento successivo della Creazione per intervento
divino ornatus mundi, affermando che la formazione
di tutti gli esseri naturali può essere
spiegata in termini fisici: in questo modo si
rivendica il carattere assolutamente libero
e contingente dell'atto creatore, limitato al
momento iniziale, e viene eliminata la necessità
del ripetersi dell'intervento divino nel processo
naturale.
Aristotelismo e filosofia
naturale. A partire dalla metà
del XII secolo comincia l’opera di traduzione
del corpus
naturale aristotelico, che rappresenta per
i medievali un sapere organicamente organizzato
da cui mutuare l’intera struttura della
realtà fisica del mondo, atto a colmare
il silenzio dei testi sacri, che si fermano
al momento iniziale della Creazione, tacendo
la descrizione dei processi specifici che sottostanno
al verificarsi eventi naturali. Con il diffondersi
delle traduzioni di questi testi, e, all’inizio
del XIII secolo, con la nascita delle Università,
l’attenzione nei confronti di queste tematiche
raggiunge una tale entità da essere considerato
una minaccia per la cultura cristiana, perché,
insieme alle spiegazioni del mondo fisico, si
propongono idee che contrastano con le verità
di fede del testo sacro. Le condanne
degli anni 1210 e 1215 non impedirono ai
maestri della facoltà di arti, il livello
primario di istruzione universitaria, di avere
accesso ai testi di filosofia naturale, come
testimoniano i numerosi commenti che ci sono
pervenuti e le indicazioni che si rintracciano
nei testimoni di quel genere letterario, che
è la guida degli studenti, in cui si
espongono i curricola previsti nell’insegnamento
universitario. Ben presto infatti le facoltà
di arti, che continuano la tradizione delle
scuole di dialettica del secolo precedente,
proporranno come programma di studi l’intero
corpus aristotelico disponibile. La filosofia
naturale, detta in questo contesto anche fisica,
compare in questi programmi, seguendo il modello
aristotelico, come una suddivisione della filosofia
speculativa, definita spesso come quella ‘scienza
naturale che si occupa degli enti in relazione
al movimento e alla materia che per definizione
sono loro uniti’, e comprende lo studio
della Physica aristotelica, del De anima, del
De animalibus, dello spurio De plantis e dei
Parva naturalia, oltre che, per l’indagine
sulle sfere celesti, il De coelo. I secoli della
Scolastica vedono l’intensificarsi degli
studi di filosofia naturale, che man mano assumono
orientamenti differenti rispetto a quello iniziale,
che traeva forza e contenuti dal patrimonio
filosofico aristotelico.
La discussione sulla
fisica aristotelica. Anche grazie al
contributo offerto dagli sviluppi in logica
e in teologia, nella
fisica del XIV secolo vengono rimessi in discussione
alcuni elementi centrali della filosofia aristotelica.
In particolare, si ritiene di dover difendere
la libertà e onnipotenza
divine contro l’idea di un ‘Dio
necessitato’ quale sembrava quello concepito
all’interno di una cosmologia aristotelica,
dove non trovava spazio, in primis, la possibilità
di concepire una pluralità di mondi e
l’esistenza del vuoto. Un ruolo di prim’ordine
in questo processo di revisione delle posizioni
aristoteliche e di introduzione di novità
fu svolto da due maestri parigini, l’artista
Giovanni
Buridano e il teologo Nicola
Oresme. Essi favorirono da un lato l’impiego
di un atteggiamento più vicino all’empirismo,
dal momento che ritenevano di poter utilizzare,
oltre all’osservazione, la sperimentazione
diretta come criterio di verità delle
‘ipotesi teoriche’aristoteliche,
dall’altro introdussero la possibilità
di far ricorso a ‘congetture’, ovvero
a ragionamenti condotti ‘secundum imaginationem’,
già frequentemente impiegati in teologia.
Particolarmente significativi furono gli studi
sulla mobilità astrale, che discutevano
la tesi tolemaica ed aristotelica dell’immobilismo
terrestre. Argomentare sul terreno della pura
analisi logica tesi ritenute impossibili dal
punto di vista fisico dava nuovo impulso allo
sviluppo della disciplina e conduceva un ampliamento
notevole del suo campo di indagine.
Oltre al contributo offerto dai maestri parigini,
uno dei gruppi più attivi del XIV secolo
si formò ad Oxford, già centro
‘specializzato’di studi di filosofia
naturale (si pensi a Ruggero
Bacone e Roberto
Grossatesta), fu quello dei cosiddetti ‘calculatores’,
maestri inglesi che operarono a partire dagli
anni ’20 presso il Merton College di Oxford.
Tra di essi si collocano Thomas
Bradwardine, William Heytesbury, Richard
e Roger Swineshead e John Dumbleton, che furono
autori di apporti considerevoli nell’ambito
dell’indagine sui ‘linguaggi di
misurazione’, aprendo la via ad un settore
di ricerca che offrirà ben noti sviluppi
in età moderna. Le indagini condotte
dai maestri oxoniensi avevano come obiettivo
quello di approfondire la problematica aristotelica
del cambiamento, di qualità o grandezze
di qualunque tipo, e si proponevano di individuare
proporzioni tra i fattori che entravano gioco
(per esempio, nel caso del movimento si cercava
di quantificare la relazione tra velocità,
forza e resistenza). Non si deve tuttavia sopravvalutare
il ruolo, accentuando in modo eccessivo il legame
di continuità, tra i ‘calculatores’
e l’impulso successivo che ebbero in età
moderna gli studi di dinamica e cinematica.
Particolarmente noti sono gli sviluppi che ebbe
la teoria del movimento del proiettile, la cui
trattazione aristotelica era risultata ben presto
insoddisfacente agli occhi dei medievali. Introducendo
la nozione di ‘impetus’,
Buridano faceva fronte all’esigenza di
colmare una lacuna che la teoria del moto concepita
nei termini di ‘tutto ciò che è
mosso, è mosso da altro’ lasciava
irrisolta, aprendo la via ad una messa in discussione
dei presupposti stessi della filosofia naturale
aristotelica. (PB)
Bibliografia
La filosofia della natura nel Medioevo: atti
del terzo congresso internazionale di filosofia
medievale: Passo della Mendola (Trento), 31
agosto-5 settembre 1964, Milano 1966.
Maier, Scienza e filosofia nel Medioevo: saggi
sui secoli 13 e 14, pref. a cura di M. Dal Pra,
introduzione e traduzione a cura di M. Parodi
e A. Zoerle, Milano 1983 (Biblioteca di cultura
medievale).
J. E. Murdoch, Scientia mediantibus vocibus:
l’analisi metalinguistica nella filosofia
naturale del tardomedioevo, in Logica e linguaggio
nel medioevo, a cura di R. Fedriga e S. Puggioni,
Milano 1993 (Esedra).
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