Linea dorata

Teoria dell’impetus

Il moto dei proiettili. Con questa espressione si suole indicare l’oggetto di una serie di studi che fiorirono nel corso del secolo XIV nel contesto della filosofia naturale in relazione alla dottrina aristotelica del movimento quando viene applicata ad un particolare tipo di moto locale, ovvero quello dei proiettili. Aristotele sosteneva che i corpi inanimati si muovevano spontaneamente verso il loro luogo naturale (come il fuoco, che arde con la fiamma rivolta verso l’alto): ogni altro tipo di moto era dovuto alla presenza continua (quindi per contatto) di un motore che dirigeva il corpo verso un’altra direzione. I medievali si appropriarono del principio secondo il quale ‘omne quod movetur ab alio movetur’, pur avvertendo il problema che sorgeva inevitabilmente in un caso molto particolare di moto locale, ovvero quello dei proiettili. La freccia scoccata dall’arco o la pietra lanciata dalla mano non sembrano essere in alcun modo accompagnate da motori esterni: perciò, illustrava Aristotele, l’unica spiegazione era che il movimento impresso dal motore fosse in qualche modo stato trasmesso al mezzo in cui il movente si trovava a spostarsi, come l’aria, o l’acqua. Già Filopono nel VI secolo aveva mosso logiche obiezioni a questa dottrina, prima tra tutte quale fosse il motivo per cui, al momento della produzione del movimento, l’arco (o la mano) dovevano entrare in rapporto diretto con il proiettile nel momento del lancio, anziché limitarsi a muovere l’aria o l’acqua. Sulla base di questa considerazione egli aveva proposto di riconoscere la cessione di una parte della forza motrice direttamente al mobile, supponendo che il mezzo offrisse invece una certa resistenza a tale movimento.

Definizioni dell'impetus. Questa discussione proseguì, ripresa da Avicenna e, nel XIII secolo, anche Ruggero Bacone e Tommaso d’Aquino affrontarono analoghe obiezioni alla teoria aristotelica. Solo nel XIV secolo, tuttavia, la tematica fu adeguatamente sviluppata. Francesco di Marchia, in una quaestio sull’efficacia dei sacramenti risalente al 1323, indicò con l’espressione ‘virtus derelicta’ (forza rimanente) quella forza residua impressa al proiettile durante il lancio. Fu Giovanni Buridano ad articolare e codificare questa tesi, denominando tale forza motrice ‘impetus’ e ponendola in relazione a due grandezze, la quantità di materia e la velocità del proiettile. In questo modo si spiegava perché i corpi pesanti scagliati raggiungessero distanze maggiori di quelli leggeri. L’impetus era concepito come una qualità permanente, che veniva meno solo in virtù della resistenza dell’aria o dell’acqua. Questo lasciava supporre che, in assenza di elementi naturali, il corpo cui venisse impresso l’impetus avrebbe continuato a muoversi senza mai arrestarsi. Proprio sulla base di questa ipotesi, Buridano elaborò una nuova dottrina concernente il moto dei cieli, secondo la quale sarebbe superflua la presenza delle intelligenze celesti, dal momento che, una volta impresso il moto da Dio al momento della creazione, i cieli, in assenza di resistenza del mezzo in cui si muovono, proseguirebbero nel loro moto costante. La dottrina dell’impetus conobbe una grande fortuna, in primis tra i maestri parigini, e fu elaborata successivamente da Nicola Oresme, da Domenico Clavasio, da Nicola Boneto.

Problemi interpretativi. Pierre Duhem, filosofo della scienza e storico di grande intuito, pose fortemente l’attenzione sugli sviluppi della fisica del tardo medioevo, identificando provocatoriamente questi momenti di ‘dissonanza’ delle dottrine medievali rispetto alle posizioni aristoteliche con l’inizio, o forse l’anticipazione, della scienza moderna. A tutt’oggi gli studiosi sono soliti concordare sul fatto che il valore della teoria dell’impetus, e quello degli sviluppi della filosofia naturale dei mertoniani, non deve tuttavia essere sopravvalutato, poiché, sebbene segnalino un nuovo orientamento delle ricerche sul moto dei corpi in fisica, avvicinando la meccanica terrestre a quella celeste, il paradigma aristotelico non viene in alcun nodo messo in discussione. La discussione sulla teoria dell’impetus rappresenta infatti un’eccezione della legge aristotelica del moto, che non inficia la sua validità in senso più generale, né tantomeno presenta alcun modello valido ad esso alternativo, come invece farà la fisica galileiana. (PB)

Bibliografia

Traduzioni
Giovanni Buridano, Il cielo e il mondo, a cura di A. Ghisalberti, Milano 1983

Studi

M. Clagett, La scienza meccanica ne medioevo, tr. a cura di L. Sosio, Feltrinelli, Milano 1981 (I fatti e le idee)
A. Maier, Scienza e filosofia nel medioevo: saggi sui secoli 13 e 14, Jaca Book, Milano 1983 (Biblioteca di cultura medievale)

 

Università di Siena - Facoltà di lettere e filosofia
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