Logici di Merton
Nella prima metà del XIV secolo la logica
conobbe sviluppi di rilievo nelle elaborazioni
dei maestri universitari di Parigi (Giovanni
Buridano) e di Oxford. Nella città
inglese, in particolare, ebbe origine un movimento
di dimensioni significative, i cui autori furono
detti ‘calculatores’ (dal titolo
dell’opera di Richard Swineshead, il Liber
calculationum) o Mertoniani, dal nome dell’antico
College oxoniense di cui molti di loro furono
membri. Ne ricordiamo le figure più note,
come Thomas
Bradwardine, William Heytesbury, John Dumbleton,
Richard Kilvington e Richard Billingham.
Logica e filosofia naturale.
L’interesse per le dottrine logiche è
in questi autori strettamente collegato alla
possibilità di applicazione nell’ambito
della filosofia
naturale: in questo senso risulta assai
difficile isolare l’evoluzione degli strumenti
logici dall’utilizzo che essi ne fecero
in fisica. Prendendo le mosse dai dibattiti
sviluppatisi in seno alla filosofia naturale
aristotelica, i mertoniani misero a punto un
corpus di tematiche fisiche analizzate facendo
ricorso a strumenti concettuali comuni. Venivano
così costruiti sofismi che esaminavano
la possibilità logica, quindi la sola
ammissibilità, di proposizioni che descrivevano
la realtà in modo contrastante rispetto
ai principi della fisica dello Stagirita. In
questo modo, come per la teologia,
la possibilità di costruire ipotesi in
modo puramente fittizio ampliava notevolmente
i limiti della speculazione precedente, ferma
al rigoroso metodo deduttivo proposto negli
Analitici. Particolarmente interessanti risultano
il De proportionibus velocitatum di Thomas Bradwardine,
che rappresentò un testo di riferimento
per tutti gli altri autori, i Sophismata di
Kilvington e di William Heytesbury, la Summa
logicae e philosophiae naturalis di Giovanni
Dumbleton (fl. 1338-1348), il Liber Calculationum
di Richard Swineshead, già citato, lo
Speculum puerorum di Richard Billingham.
Gli sviluppi in logica.
La messa a punto della strumentazione logica
consisteva soprattutto nell’elaborazione
di un metodo sempre più raffinato di
analisi delle proposizioni e dei termini che
risultavano particolarmente problematici, come
le asserzioni contenenti quantificatori o verbi
modali, particelle relative e così via.
Tale metodo, detto ‘probatio propositionis’
e ‘probatio terminorum’, veniva
applicato tanto alle proposizioni quanto ai
termini composti, attraverso un processo di
riduzione dal più complesso al più
semplice. Di fronte ad una proposizione composta
del tipo ‘qualche uomo corre’, si
scomponeva nelle sue parti più semplici
‘questo è un uomo’ e ‘questo
corre’. Il risultato era quindi una concatenazione
di proposizioni semplici (cioè non ulteriormente
scomponibili attraverso un procedimento denominato
‘resolutio’) tra loro congiunte
(mediante il metodo dell’’expositio’),
il cui valore era uguale a quello della proposizione
di partenza. L’approfondimento dell’analisi
del linguaggio permise così di coglierne
significativi aspetti che saranno poi di grande
utilità nella ricerca empirica.
L’applicazione
della logica: verso la matematizzazione della
fisica. L’opera dei ‘calculatores’
è nota soprattutto per aver indagato
in modo nuovo la problematica aristotelica del
cambiamento ed introdotto lo studio della realtà
fisica attraverso metodi quantitativi: la creazione
di linguaggi di misura è sembrato agli
storici il primo passo verso l’assunzione
della matematica come modello della razionalità
tipico dell’età
moderna. Attraverso i nuovi linguaggi di
misura ci si proponeva di stabilire i rapporti
(proportiones) tra grandezze di vario tipo,
o qualità: furono indagate sia le relazioni
tra i vari fattori per stabilire la modalità
di accrescimento della velocità di un
corpo, sia le modalità di incremento
o decremento delle virtù, come la santità.
I parametri presi in considerazione nell’analisi
dei mertoniani non risultano dunque misurabili
e riconducibili a grandezze numeriche determinate,
al modo delle indagini che caratterizzeranno
gli sviluppi nella fisica moderna, il che ci
deve mettere in guardia dall’eccedere
il valore scientifico dei risultati che ottennero,
nel tentativo di farne dei ‘precursori’
del metodo galileiano. E’ tuttavia innegabile
che gli studi condotti dalla scuola oxoniense
sul moto, come l’elaborazione dei linguaggi
dell’infinito, del continuo e dei limiti,
sull’aumento e la diminuzione delle qualità,
risultarono di grande interesse anche in seguito.
La misurazione delle
qualità. Nel corso del XIII secolo
si era imposta l’idea aristotelica che
qualità e quantità fossero categorie
differenti, che quindi non ci fosse possibilità
di ‘misurare’ in senso proprio l’aumento
e il decremento delle qualità: in questo
senso l’aumento del calore in un corpo
era concepito semplicemente come la perdita
di una qualità in favore dell’acquisizione
di un’altra. Fu uno dei meriti dei mertoniani
quello di concentrarsi sugli studi sulla variazione
d'intensità delle qualità (intensio
et remissio formarum), con la conseguenza che
si cominciò a pensare che le variazioni
di qualità di un corpo fossero il risultato
dell’acquisizione o della perdita di identiche
‘parti’ della qualità medesima:
in questo senso essa si rivelava suscettibile
di misurazione in termini quantitativi, purché
tale variazione di intensità fosse rapportata
ad un’altra qualità o grandezza
invariabile (extensio), come il tempo o lo spazio.
L’applicazione di tale principio permise
di ottenere risultati significativi in fisica,
come dimostrano le leggi sul moto locale dei
corpi, in particolare sulla velocità.
Le leggi sulla velocità.
Sono un brillante esempio degli sviluppi della
teoria dell’intensio et remissio formarum
la legge sulla velocità di Thomas
Bradwardine, che rappresentò un'importante
conquista nella storia della scienza, e il ‘teorema
della velocità media’ formulato
da Heytesbury. Nello stabilire i rapporti tra
velocità, forza e resistenza, Bradwardine
si distaccò da Aristotele, che sosteneva
un rapporto di proporzionalità semplice
tra questi fattori (con la conseguenza che dati
l’applicazione di una qualsiasi forza
e una qualsiasi resistenza, entrambe di valore
finito, il risultato fosse comunque una velocità);
egli sostenne infatti che la velocità
cresce aritmeticamente in corrispondenza dell’accrescimento
geometrico del rapporto fra forza e resistenza:
in questo modo si rendeva conto del fatto intuitivo
che, nel caso del tendere all’uguaglianza
della resistenza e della forza, la velocità
si approssimasse allo zero e non si desse così
alcun moto. Un’altra significativa scoperta
da parte della scuola mertoniana fu quella del
‘teorema della velocità media’,
esposto nelle Regulae solvendi sophismata di
Heytesbury (1335) e ripreso da Dumbleton, Riccardo
Swineshead e in seguito da Nicola
Oresme (1350), fino a Galileo. Questa legge
stabilisce che un corpo che accelera o decelera
in modo uniforme percorre, in un intervallo
di tempo dato, una distanza uguale a quella
che avrebbe percorso se si fosse mosso, nello
stesso intervallo di tempo con velocità
pari a quella raggiunta nell’istante di
mezzo. (PB)
Bibliografia
Testi e traduzioni
L. Crosby, Thomas of Bradwardine, His Tractatus
de proportionibus. Its Significance in the Development
of Mathematical Physics, Madison 1955.
Richard Kilvington, Sophismata, a cura di N.
e B.E. Kretzmann, Oxford 1990.
Richard Billingham, Speculum puerorum sive Terminus
est in quem, a cura di A. Maierù, Studi
Medievali III (1966) (in appendice è
edito anche i De sensu composito et diviso)
e L.-M. De Rijk, Another ‘Speculum puerorum’
attributed to Richard Billingham: Introduction
and Text, Medioevo I (1975)
Traduzioni
William Heytesbury, Regulae, Tractatus I (sulle
antinomie semantiche), a cura di P. V. Spade,
(traduzione inglese, introduzione e commento):
William Heytesbury, On ‘Insoluble’
Sentences. Chapter One of His Rules for Solving
Sophism, Toronto 1970
William Heytesbury, De
maximo et minimo, Trattato V, in On Maxima and
Minima, a cura di J. Longeway, Dordrecht 1984.
Studi e
M. Clagett, La scienza meccanica nel medioevo,
trad. it a cura di L. Sosio, Milano 1981(contiene
una versione abbreviata e tradotta del testo
di Bradwardine e traduzioni di altrii testi
dei Mertoniani)
E. D. Sylla, The Oxford Calculators, in The
Cambridge History of Later Medieval Philosophy,
Cambridge 1982.
C. Wilson, William Heytesbury: Medieval Logic
and the Rise of Mathematical Physics, Madison
1956.
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