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Continuità e rotture

Il distacco dall’età precedente, che i filosofi dell’Umanesimo e del Rinascimento avevano sottolineato con forza – come il loro programma di ‘rinascita’ richiedeva – pose sui secoli medievali il marchio di epoca oscura e priva di filosofia, contro la quale si staccava il luminoso rinnovamento dell’età nuova fondato sul una nuova visione dell'uomo nata al di fuori delle ricerche scolastiche. La sottolineatura del distacco, anzi di una vera e propria rottura epocale fra Medioevo e Rinascimento, fu tema centrale nella tradizione storiografica di studi sul Rinascimento iniziata nel XIX sec., il cui esponente più noto fu Jakob Burkhardt; nella cultura italiana del XX sec. questa posizione è stata ripresa, aggiornata e articolata da Eugenio Garin. La ripresa degli studi di filosofia medievale sotto l’egida del neo-tomismo non eliminò questa concezione, di cui anzi appesantì la portata ideologica rispetto alle opzioni contemporanee; se infatti la ‘filosofia cattolica’ era medievale, da parte laica era inevitabile sottolineare gli elementi di novità e distacco dei pensatori rinascimentali: del resto già lo studio di Ernest Renan su Averroè e l’averroismo vedeva negli sviluppi rinascimentali il vero fiorire di questa corrente filosofica. L’individuazione di ‘rinascite’ nel medioevo, ad opera di Charles O. Haskins, Étienne Gilson e Marie-Dominique Chenu non modifica lo schema di discontinuità, per quanto contribuisca a dare dell’età medievale una visione più articolata e complessa; mentre d’altra parte l’idea gilsoniana di ‘filosofia cristiana’ impedisce una schematica periodizzazione. Già alla fine del XIX sec., tuttavia, un aspetto specifico del pensiero tardo-medievale, la filosofia della natura aveva richiamato l’attenzione dell’epistemologo Pierre Duhem che, muovendo alla ricerca delle radici della scienza moderna, aveva indicato negli sviluppi dell'aristotelismo tardo-medievale segnali di ‘precorrimento’ delle ricerche che, sviluppandosi nelle discussioni sul metodo presso la scuola di Padova, avrebbero poi portato a Galileo. Duhem introduceva così l’idea di una continuità fra scienza medievale e scienza moderna; su questa base si è fondata una linea di ricerca importante seguita nella prima metà del XX sec. da Annelise Maier e Alistair Crombie. L’idea di una continuità nell’ambito della scienza sottende quella di una ragione progressiva, anche se talora rallentata da circostanze sfavorevoli. Il continuismo duhemiano è stato notevolmente raffinato e articolato anche alla luce dell’intreccio con le ricerche sulla logica medievale da studiosi soprattutto statunitensi negli ultimi decenni (Joseph Murdoch, David Lindberg, Edith D. Sylla), guadagnando alla filosofia naturale del medioevo un posto stabile nella storia della scienza.

Università di Siena - Facoltà di lettere e filosofia
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