L’elemento soggiacente alla problematica continuità/discontinuità
fra medioevo e rinascimento e/o età moderna era sostanzialmente
l’identificazione della filosofia medievale con il percorso
occidentale che culmina nella Scolastica. Questa identificazione
oggi non è più possibile, sia per la pluralità
di culture in cui fiorì la filosofia nel medioevo, sia per
la molteplicità di posizioni filosofiche espresse anche all’interno
del mondo latino; e così il diversificarsi del panorama filosofico
nel XIV e XV sec., che un tempo veniva considerato segno di declino
della Scolastica, viene rivelandosi come contenitore delle diverse
e complesse spinte verso il cambiamento, le cui radici affondano
nel rinnovamento delle fonti e delle problematiche filosofiche nel
XII sec. In quest’ottica si può riscontrare anche nell’ambito
della filosofia quanto Marcia Colish conclude a proposito della
cultura medievale più in generale: che cioè ‘la
capacità di preservarsi, il fascino o la riconosciuta utilità
della cultura medievale per gli europei post-medievali si differenziò
da ambito ad ambito’, ma che la lezione centrale del medioevo
è che ‘è possibile mantenere una connessione
organica con la tradizione mentre la si impiega criticamente’.
Questo aspetto caratterizzava nel medioevo, e caratterizza ancor
oggi, l’insegnamento universitario che – pur nelle forme
mutate – ne rappresenta la più consistente e duratura
eredità istituzionale. Nel tentare un bilancio articolato
del rapporto fra filosofia medievale e filosofia moderna, elementi
di continuità nella trasformazione possono essere riconosciuti
in quelle che Adam Funkenstein definisce ‘radici teologiche
della scienza moderna’: problemi come quello dell’onnipotenza
divina o quello della presenza di Dio nel mondo, nati nell’ambito
della teologia scolastica ed elaborati dai massimi filosofi del
medioevo, permangono con funzione e modalità diverse nella
riflessione di grandi filosofi e scienziati della modernità:
Cartesio, Spinoza, Leibniz, Newton. Di tutt’altro segno, ma
chiaramente riconoscibile, la permanenza del pensiero ermetico
e delle prospettive di trasformazione della natura che veicola nei
pensatori del Rinascimento e nella tradizione occulta (dai Rosacroce
alla Massoneria all’esoterismo contemporaneo) che accompagna
la modernità come suo ‘lato oscuro’. La continuità
di un elemento marginale - l’interesse per la filosofia di
Raimondo
Lullo - riveste particolare significato per un settore rilevante
del pensiero moderno, l’enciclopedismo seicentesco; mentre
gli ordini mendicanti hanno continuato a coltivare l’eredità
dei loro ‘campioni’ medievali. Non invece di continuità,
ma di un ripetuto ridestarsi d’interesse si può parlare
per l’argomentazione filosofica più originale del medioevo
latino, la prova ontologica dell’esistenza di Dio elaborata
da Anselmo
d’Aosta; mentre nella logica
modernorum gli storici della logica riconoscono uno dei momenti
originali e fondativi di una disciplina che sembra procedere per
salti ed i cui cultori dialogano a distanza di secoli, come dimostra
l’interesse di molti logici contemporanei per le ricerche
medievali. Non si deve infine dimenticare che, come ha sottolineato
Alain De Libera, proprio nel medioevo avvenne il primo (e finora
unico) incontro culturamente significativo con il mondo islamico,
da cui trasse nutrimento la trasformazione della cultura europea
a partire dal XII sec.: senza voler idealizzare indebitamente l’epoca
che fu anche delle crociate, occorre riconoscere che dobbiamo saltare
del tutto la modernità per trovare nella nostra storia una
riflessione non a senso unico con le culture ‘degli altri’.
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