Astronomia e astrologia
La divinazione per mezzo
degli astri. L’utilizzazione delle
conoscenze astronomiche a scopo divinatorio
ebbe la sua origine nella civiltà mesopotamica,
ove si trovano le prime testimonianze di osservazione
dei corpi celesti e dei loro movimenti, e conobbe
una forte diffusione nel contesto del sincretismo
ellenistico: al I sec. a.C. risalgono i più
antichi testi astrologici del corpus hermeticum,
mentre durante l’epoca dell’imperatore
Tiberio venne composto il poema Astronomica
di Manilio, pervaso di tematiche stoiche. Era
stato infatti nel contesto dello stoicismo,
soprattutto ad opera di Posidonio, che le dottrine
astrologiche erano state connesse a tematiche
propriamente filosofiche; ed è in primo
luogo a partire dagli elementi rintracciabili
in opere di autori latini appartenenti alla
tradizione stoica (Seneca, Naturales quaestiones)
o che ne avevano riportato le dottrine (Cicerone,
De natura deorum, De divinatione, De fato) che
gli autori dell’Alto Medioevo ne ebbero
notizia. L’opera astrologica più
importante dell’antichità, il Tetrabiblos
di Claudio Tolomeo (II sec. d.C.), scritta in
greco, venne conosciuta solo nel XII sec., quando
fu tradotta
dall’arabo insieme all’Almagesto
dello stesso autore; a Tolomeo si era ispirato
Firmico Materno (IV sec. d.C.) nella sua esposizione
tecnica dell’astrologia, Matheseos libri
VIII.
Scienza duplice.
Due erano i termini indicanti i due aspetti
della dottrina degli astri, quello descrittivo
e quello divinatorio (astronomia e astrologia),
distinti con chiarezza ma altrettanto esplicitamente
connessi e orientati alla divinazione nel Tetrabiblos
<testo1> . Nella loro spiegazione, che
apre il terzo libro delle Etymologiae, Isidoro
di Siviglia dovette però tenere conto
di un fattore nuovo: la condanna delle diverse
forme di divinazione risalenti al paganesimo
da parte della Chiesa, per cui egli si trovò
a dover distinguere fra un’astrologia
naturale e unpastrologia superstiziosa; <testo2>
mentre l’astronomia descrittiva, che faceva
parte delle arti liberali,
era indiscussa e per tutto il Medioevo formò
parte del bagaglio culturale comune. La distinzione
isidoriana, che dava notizia della componente
divinatoria del sapere sugli astri anche se
la valutava negativamente, definendola superstitio
(eccesso, frivolezza), rimase centrale per molti
secoli. Fino al XII sec. l’astrologia
condivise con altre pratiche divinatorie antiche
il carattere residuale e la diffusione negli
strati sociali più bassi, venendo identificata
con gli aspetti più semplici della complessa
mathesis (calcolo) con cui si cercava di definire
l’influsso degli astri, in particolare
della luna, sulla terra e sugli uomini.
Un sapere orientale.
Sorte diversa l’astrologia aveva avuto
a Bisanzio, dove era sopravvissuta la trattatistica
greca e dove, nonostante l’assenza di
sviluppi dottrinali, fu sostenuta da personaggi
rilevanti, come Manuele Comneno. Ma fu soprattutto
nella civiltà islamica che, anche per
l’influenza di fonti orientali, la dottrina
delle influenze astrali conobbe un consistente
sviluppo già a partire dal circolo di
al-Kindi.
Abu-Ma‘shar (Albumasar per i Latini) scrisse
nel III sec. dell’Egira (IX sec. d.C.)
un’opera sistematica che venne conosciuta
col titolo di Grande Introduzione all’Astronomia
ed ebbe nel XII sec. due distinte traduzioni
latine (Liber maioris introductorii ad scientiam
judiciorum astrorum secondo Giovanni di Siviglia,
Introductorium Maius in Astronomiam secondo
Ermanno di Carinzia). Fra le altre opere di
Abu Ma‘shar, vennero tradotte una introduzione
abbreviata (Ysagoge minor) e trattati sui singoli
aspetti tecnici dell’astrologia (come
il De revolutionibus nativitatum), che nell’opera
maggiore erano stati esposti in un contesto
filosofico essenzialmente aristotelico. Abu
Ma‘shar e la maggior parte degli astronomi
arabi mantennero strettamente connessi l’aspetto
astronomico o descrittivo e quello astrologico
o divinatorio e, come già Tolomeo, considerarono
quest’ultimo nella sua relazione con la
filosofia, ovvero con la cosmologia aristotelica.
La dottrina della dipendenza di tutti i moti
dal Primo Motore attribuiva infatti alle sfere
celesti un ruolo di mediazione che poté,
nell’interpretazione astrologica, essere
assunto a fondamento della teoria dell’influenza
degli astri sul mondo sublunare; l’accostamento
delle dottrine fisiche di Aristotele alle dottrine
astronomiche e astrologiche di Tolomeo rese
possibile attribuire all’astrologia una
base scientifica e integrarla nel sistema scolastico
delle scienze.
I giudizi degli astri.
Fra XII e XIII secolo si passa dai primi cenni
di accettazione dell’astrologia nelle
opere di autori come Guglielmo
di Conches o Bernardo
Silvestre alla discussione estesa e corredata
da una ricca documentazione bibliografica dello
Speculum Astronomiae [testo]. “Sotto il
nome di astronomia sono comprese due grandi
sapienze”, afferma l’autore dello
Speculum, che una lunga tradizione ha identificato
con Alberto
Magno e che comunque è sicuramente
uno scolastico dotato di ampia cultura scientifica
e teologica e di notevole audacia intellettuale.
Di esse la prima, astronomia tout-court, designa
la parte descrittiva, di cui viene fornita un’ampia
serie di riferimenti bibliografici che includono
le opere di Tolomeo e i maggiori contributi
arabi (al-Battani, al-Bitruji, al-Kwarizmi).
“La seconda grande sapienza che è
denominata ugualmente astronomia è la
scienza dei giudizi degli astri, che costituisce
il raccordo fra la filosofia naturale e la metafisica”:
dal terzo capitolo alla fine la scientia iudiciorum
astrorum viene delineata nella sua tradizione,
che comprende i testi della tradizione
ermetica, e nelle sue partizioni: la prima
parte, introduttiva, concerne i principi; la
seconda si divide a sua volta in quattro parti:
rivoluzioni (congiunzioni dei pianeti e loro
effetti sul mondo), oroscopi (configurazione
del cielo alla nascita di un individuo, che
permette di definirne le caratteristiche e il
destino), interrogazioni (divinazione sulla
base degli aspetti reciproci dei corpi celesti),
elezioni (scelta, sempre sulla base degli aspetti
astrali, del momento favorevole per intraprendere
azioni rilevanti, sul piano sia individuale
che collettivo).
Determinismo e libertà.
Sul piano filosofico, lo Speculum Astronomiae
introduce nel mondo latino la grande lezione
dell’alchimia islamica; la validazione
epistemologica dell’astrologia pone tuttavia
un problema fondamentale di ordine filosofico
e teologico insieme: come salvaguardare la libertà
dell’uomo all’interno di un sistema
cosmico ove ogni evento del mondo sublunare
è determinato dai movimenti degli astri.
Tommaso
d’Aquino risolverà il problema
asserendo che gli astri hanno influenza solo
sul corpo dell’uomo, e possono dunque
sì inclinarlo a compiere determinate
azioni, ma non costringerlo ad esse. L’autore
dello Speculum sceglie invece di rimanere più
aderente alle concezioni astrologiche arabe,
e attraverso un ragionamento molto articolato
distingue in primo luogo fra i vari settori
dell’astrologia. Alcuni aspetti di essa,
infatti, anziché limitare la libertà
umana la perfezionano, dando attraverso il cielo
segni che aiutano a compiere scelte sagge, a
prevenire difficoltà che si conoscono
in anticipo, ad agire in armonia con la natura.
Ma nell’ambito delle interrogazioni rimane
uno ‘zoccolo duro’ di determinismo,
perché nelle interrogazioni sugli eventi
futuri si pone una grave questione: se ciò
che gli astri prevedono è destinato ad
accadere, quali sono i margini di libertà
che rimangono all’uomo? <testo 4>
Di fronte all’impossibilità di
risolvere definitivamente questa difficoltà,
l’autore indica una soluzione estremamente
audace dal punto di vista teologico, proponendo
di leggere le configurazioni astrali come segni
del piano provvidenziale di Dio: “forse,
se uno la guarda più da vicino, questa
problematica è la stessa o almeno di
genere simile a quella che riguarda la divina
provvidenza; infatti nelle cose che il Signore
opera mediante il cielo, il significato del
cielo non è altro che la divina provvidenza.”
E dunque il problema viene riportato a quello,
non certo più facile ma sicuramente più
ortodosso, del rapporto fra libertà umana
e provvidenza divina.
Una scienza in discussione.
Questa soluzione non venne accolta dagli ambienti
teologici più conservatori: proposizioni
astrologiche vennero incluse nella condanna
del 1277 e posizioni polemiche contro i
sostenitori dell’astrologia continuarono
ad essere elaborate fino alla fine del Medioevo:
Nicola Oresme elaborò un’articolata
confutazione dell’astrologia nel suo Contra
judiciarios astronomos (Contro gli astrologi);
contro la fede negli astri si scagliò
anche Thomas
Bradwardine, e ancora alla fine del Medioevo
il dibattito era estremamente acceso. Ciò
non impedì tuttavia il fiorire di una
tradizione di astrologi colti, da Michele
Scoto agli inizi del Duecento, astrologo
alla corte di Federico II e autore di un Liber
Introductorius, a Cecco d’Ascoli (1269-1327),
che espose l’astrologia in italiano ne
L’Acerba, e Pietro d’Abano (1257-1315),
che ne esaminò gli aspetti più
tecnici nell’Elucidator dubitabilium astronomiae
e ne analizzò il rapporto con la medicina
nel Conciliator. Come gli altri saperi operativi
(medicina, alchimia,
magia), l’astrologia
aveva avuto successo negli ambienti di corte
ma, a differenza dell’alchimia e della
magia, ottenne (come la medicina anche se ad
oltre un secolo di distanza) di essere insegnata
nelle università dalla metà del
Trecento; e nel 1414 il cardinale Pietro d’Ailly
offrì una complessa analisi dei problemi
sollevati dall’astrologia nel quadro della
teologia scolastica (Vigintiloquium de concordantia
astronomicae veritatis cum theologia). Ben diversa
nella sua impostazione di fondo, ma in molti
tratti debitrice di questi dibattiti, sarebbe
stata, ormai in età umanistica, la discussione
di Giovanni Pico della Mirandola nelle sue Disputationes
adversus astrologiam divinatricem (1484). (MP)
Bibliografia
F. Boll, C. Bezold, W. Gundel, Storia dell’astrologia,
tr. it. Laterza, Bari
P. Zambelli, The Speculum Astronomiae and its
aenigma, Kluwer, Drdrecht-Boston-London 1997
A. Paravicini-Bagliani, Le Speculum Astronomiae:
un énigme? Enquête sur les manuscrits,
SISMEL –Edizioni del Galluzzo, Firenze
2001
S. Caroti, La critica contro l’astrologia
di Nicola Oresme, Memorie dell’Accademia
dei Lincei, Roma 1979
Filosofia, scienza e astrologia nel Trecento
europeo, a c. di G. Federici Vescovini e F.
Barocelli, Il Poligrafo, Padova 1992.
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