Al-Kindi La vita. Abu Yusuf Ya‘qub ibn Ishaq al-Kindi (800?-866?). Primo filosofo arabo, appartenente alla tribù dei Kinda. Poco si conosce della sua vita. Nato forse a Kufa forse a Bassora; si recò successivamente a Baghdad, dove partecipò alla fervente vita culturale della città sotto la protezione dei califfi Abbasidi, in particolare al-Ma’mun, fondatore della "Casa della Sapienza" (D’Ancona Costa 1996). Il Circolo di al-Kindi. Principale fautore del processo di trasmissione del sapere greco al mondo arabo, al-Kindi creò attorno a sé un gruppo di traduttori facenti capo alla "Casa della Sapienza". Qui furono rese in arabo, ad esempio, parti della Metafisica di Aristotele, il Timeo, la Repubblica e le Leggi di Platone, parti delle Enneadi di Plotino e degli Elementi di Teologia di Proclo, opere mediche di Galeno e Ippocrate, matematiche di Euclide, di Tolomeo, nonché numerosi testi dal Persiano e dall’Indi. Il processo di traduzione e assimilazione del patrimonio filosofico-scientifico greco e orientale è sorretto da un atteggiamento di grande apertura nei confronti di quelle culture. Afferma al-Kindi nel Libro della filosofia prima: "Non dobbiamo avere ritegno ad apprezzare la verità e a farla nostra da qualunque parte venga, anche se viene da popoli lontani e da nazioni differenti da noi". E’ di al-Kindi, nel trattato su Le definizioni e le descrizioni delle cose, il primo, difficile, tentativo di approntare un lessico filosofico arabo, necessario alle traduzioni e inesistente fino ad allora. Filosofia e religione. Convinto della possibilità di conciliare filosofia e religione, così come della autonomia della ragione umana nel conseguimento della conoscenza, al-Kindi aderisce, da un punto di vista teologico, alle dottrine mutazilite. Egli, dunque, difende in modo assoluto l’idea della creazione dal nulla, l’unità e l’unicità di Dio, la Sua trascendenza. Su questo aspetto, alcuni studiosi (Walzer 1957; Jolivet 1971) sottolineano, nel pensiero di al-Kindi, gli elementi religiosi e la presenza di dottrine mutazilite, mentre altri (Gardet 1959; Tornero Poveda 1992; Wiesner 1993) valorizzano soprattutto la sua fisionomia di "filosofo", che indaga e percorre le modalità razionali di raggiungere la verità. Effettivamente, nella sua vasta produzione (più di 260 le opere attribuitegli, sugli argomenti più vari), e nel sincretismo che caratterizza il suo pensiero, non sempre è facile trovarne la coerenza e l’omogeneità. La metafisica. Iniziando un percorso che sarà seguito dai filosofi arabi successivi, al-Kindi interpreta teologicamente la Causa Prima di Aristotele e dei neoplatonici. Le sue caratteristiche (verità, unità, semplicità, incorporeità) rappresentano una sintesi tra le due tradizioni. Al-Kindi si serve, inoltre, della identificazione tra Causa Prima e grado supremo dell’Essere, che compare per la prima volta nelle traduzioni arabe dei testi neoplatonici, e interpreta in termini creazionistici la Sua azione. Le scienze. Gli interessi scientifici di al-Kindi sono ampi e variegati e investono la fisica, l’astronomia, l’ottica, la medicina, la farmacologia, la meteorologia, l’alchimia, la mineralogia. Sebbene nel trattato su L’agente vero, primo e perfetto e l’agente imperfetto che è tale solo per metafora egli affermi che solo a Dio, creatore dal nulla, si può attribuire una vera azione causale, nella sua produzione scientifica ampia attenzione è lasciata alle cause naturali. Esse sono identificate principalmente con le quattro qualità primarie (caldo, freddo, secco, umido), considerate l’origine di molti fenomeni studiati. Di particolare interesse è la teoria del composto espressa da al-Kindi nella Epistola sulla conoscenza della forza dei medicamenti composti. Nei medicamenti composti da più qualità elementari, quelle presenti in misura inferiore conservano la propria efficacia senza mai poter essere annullate dalla presenza di opposte qualità. E’ per questo che la forza di tali medicamenti, cioè i loro gradi, si misurano in termini di rapporto tra qualità opposte, e non di somma algebrica, come vuole invece Averroè (infra, Averroè, Le opere). L’approccio di al-Kindi verrà sviluppato da Avicenna nel Sistema della medicina (infra, Avicenna, Le opere) e, in ambito latino (dove l’opera di al-Kindi circola nella versione di Gerardo da Cremona, dal titolo De Medicinarum compositarum gradibus), da Arnaldo da Villanova all’Università di Montpellier (McVaugh 1975). La gnoseologia. Complessa e articolata è la dottrina della conoscenza. Prendendo spunto dall’aristotelica distinzione tra intelletto in potenza e intelletto in atto (De anima III, 4-5), al-Kindi offre una "quadripartizione dell’intelletto" che sarà ripresa e variamente elaborata dai filosofi islamici successivi. 1. L’intelletto agente è sempre in atto, separato e unico per tutti gli uomini. Esso è la fonte ultima della conoscenza umana che, comunque, trova nella percezione del sensibile e nel processo astrattivo il principale punto di partenza. 2. L’intelletto in potenza è la possibilità di conoscere data a ciascun uomo. 3. L’intelletto in atto è quello che nell’anima passa dalla potenzialità all’attualità grazie alla unione (senza identificazione) con l’intelletto agente sempre in atto. 4. L’intelletto secondo rappresenta l’insieme delle conoscenze acquisite da un uomo in passato, e ormai sempre disponibili per essere utilizzate. Nell’atto intellettivo si realizza una perfetta identità tra intelletto e intelligibile. Sede dell’intelletto, e anche della sensazione, è l’anima che ha un’origine divina: essa proviene da Dio come la luce dal sole. L’anima è, inoltre, luogo degli intelligibili in potenza. In tal modo il principio della conoscenza che, secondo la quadripartizione vista, sembrava collocarsi soprattutto al di fuori dell’uomo (nell’intelletto agente), viene riposto anche all’interno dell’anima umana. Ciò rende possibile un’altra modalità di conoscenza indicata dal filosofo: quella fondata sulla immaginazione. Facoltà attiva soprattutto nei momenti in cui l’anima è indipendente dai sensi (ad esempio durante il sonno), con essa gli uomini conseguono conoscenze più veritiere rispetto a quelle legate al sensibile, conoscenze di fenomeni occulti e rari o di eventi futuri. Questo tipo di esperienza è subordinata allo stato di purificazione e perfezione dell’anima. Va detto, comunque, che ogni tipo di conoscenza non ha mai, per al-Kindi, solo un valore gnoseologico, ma produce sempre una trasformazione nell’anima, riavvicinandola all’ordine divino da cui proviene. La magia. Il tema della immaginazione e dei suoi effetti è ripreso in un importante testo attribuito ad al-Kindi nella tradizione latina e interpretato come un trattato di magia naturale: il De radiis. I raggi della immaginazione conferiscono intenzione alle pratiche liturgiche, ad esempio l’invocazione degli spiriti planetari, rendendo in tal modo efficaci quelle azioni e rivelazioni che, ad uno sguardo superficiale, sembrano provenire dagli spiriti. Dalla purezza dell’anima e dalla complessione equilibrata dipende il grado di efficacia di tale immaginazione che concorre, assieme ad altre cause, al conseguimento di determinati effetti e conoscenze. Delle spiritualità planetarie al-Kindi parla anche in tre brevi testi di magia: Le epistole sapienziali sui segreti delle spiritualità, l’Epistola sulla descrizione delle spiritualità astrali, l’Epistola sulla evocazione degli spiriti. Qui si menziona Thabit ibn Qurra, matematico e astronomo proveniente dalla tradizione di Harran, dove nasce l’ermetismo arabo. Il legame di al-Kindi con questa scuola è stato già messo in luce da Pingree (Pingree 1980) ed è ulteriormente confermato dall’opera ermetica, scritta dallo stesso al-Kindi, Epistola sulla scapulomanzia (tradotta in latino da Ugo di Santalla con il titolo Liber de spatula), sulla tecnica di divinazione basata sull’esame delle scapole degli animali. (PT) Bibliografia C. D’Ancona Costa, La casa della sapienza.
La trasmissione della metafisica greca e la formazione della filosofia
araba, Milano 1996 |
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