Anima del mondo
Anima e anime.
Il Timeo di Platone era uno dei pochissimi testi
di filosofia greca noto nei secoli dell’Alto
Medioevo, poiché se ne possedeva la versione
latina accompagnata dal commento di Calcidio.
In realtà si conosceva soltanto una parte
del dialogo (17A-53B), in cui Platone aveva
esposto il mito dell’origine del mondo,
cornice del programma di riforma morale e politica
esposto nella Repubblica. Nel suo commento,
Calcidio (IV sec. d.C.) aveva sottolineato il
valore insieme religioso e razionale della contemplazione
dell’ordine cosmico e aveva dato una griglia
sistematica d’interpretazione del mito,
mettendo in primo piano alcuni temi fondamentali:
la relazione fra tempo ed eternità, il
rapporto fra la materia primordiale e gli elementi,
fra l’anima del mondo e le anime, fra
la provvidenza e il fato. Inoltre aveva riportato
molti materiali elaborati nella cultura antica
su questi temi, in excursus dossografici che
costituirono una ricca fonte di conoscenze filosofiche
e scientifiche. Nel mito cosmogonico del Timeo
l’anima del mondo gioca un ruolo fondamentale
per la sua posizione intermedia fra l’identico
e il diverso, ponendosi così come principio
di unificazione del mondo fisico caratterizzato
dalla molteplicità e come fondamentale
collegamento fra questo mondo e il mondo iperuranio
<testo 1>. Nel neoplatonismo l’anima
del mondo, collocata nella sfera del divino,
ne è la manifestazione in contatto con
la realtà materiale, che contiene e a
cui dà ordine e vita (Enneadi II.3, 17).
Nei primi autori cristiani, in particolare nella
Patristica greca, questi caratteri portarono
ad operare talora un avvicinamento dell’anima
del mondo alla terza figura della Trinità,
lo Spirito Santo; mentre i Padri latini, e Agostino
in particolare, si erano mantenuti più
cauti a questo riguardo. Tuttavia nel De quantitate
animae Agostino si era interrogato sul rapporto
fra unità e molteplicità dell’anima
in relazione alle anime umane individuali, e
da questo passo era sorta in età carolingia
una discussione
sul rapporto fra anima del mondo e anime degli
esseri umani.
Anima mundi e Spirito
santo. Accanto al Timeo, altri testi
avevano trasmesso la dottrina dell’anima
del mondo ai medievali: Cicerone e Virgilio
fra i classici, Macrobio (IV-V sec. d.C.) nel
suo commento al Somnium Scipionis ciceroniano
e Boezio nella nona rima del terzo libro del
De consolatione philosophiae. L’anima
del mondo, ‘natura razionale incorporea’
secondo Calcidio, per Macrobio viene dopo Dio
e la Mens e ‘dà fondamento e perfezione
di vita a tutte le cose’, plasmando con
le idee la materia prima. Questi testi circolavano
già dal IX secolo nelle scuole dell’età
carolingia, ma l’interesse nei loro confronti
si sviluppò assai più ampiamente
nel XII secolo, quando il mito platonico divenne
la base filosofica prescelta per elaborare l’interpretazione
razionale del mito della creazione narrato nei
primi capitoli del Genesi, attraverso un confronto
fra testo biblico e testo timaico. Questa posizione
fu chiaramente espressa ed elaborata dai maestri
della scuola
di Chartres, ma ebbe una diffusione più
ampia e livelli di utilizzazione diversi. L’interpretazione
più estrema, che identificava l’anima
del mondo con lo Spirito Santo, venne sostenuta
da Teodorico
di Chartres, che nel suo commento al racconto
della creazione nel Genesi (De sex dierum operibus)
cita oltre a Platone, Virgilio ed Ermete
Trismegisto per sostenere che i filosofi
chiamano ‘spirito’ e ‘anima
del mondo’ lo Spirito divino ordinatore
dell’universo; da Guglielmo
di Conches, che nella Filosofia del mondo
riporta l’identificazione con lo Spirito
Santo al primo posto fra tre diverse interpretazioni
dell’anima del mondo <testo 2>;
in modo più sfumato l’accostamento
si trova anche in Abelardo,
che insieme a Guglielmo di Conches fu condannato
per questo al concilio di Sens nel 1144. Come
scriveva Guglielmo di Saint-Thierry nello scritto
polemico Contro Abelardo (Disputationes adversus
Abaelardum), se lo Spirito Santo è l’anima
del mondo, esso è una parte del mondo
come l’anima umana è una parte
dell’uomo, e di conseguenza ‘dovremmo
adorare il mondo’: motivo della condanna
è il tema del panteismo,
che già aveva provocato la censura dell’opera
di Giovanni
Scoto Eriugena e che sarà nuovamente
all’opera nella prima condanna, quella
del 1210, contro l’aristotelismo e contro
i seguaci di Amalrico
di Bène.
Anima e natura.
La valorizzazione del mondo, con il riconoscimento
di un dinamismo proprio alla realtà materiale,
è il principale contenuto veicolato dalle
interpretazioni dell’anima del mondo che
Guglielmo di Conches riporta come alternative
all’identificazione con lo Spirito Santo:
interpretazioni in cui la nozione platonica
viene letta secondo coordinate stoiche (il fuoco,
l’energia) meno pericolose sul piano teologico
ma altrettanto, se non più, impegnative
e feconde su quello filosofico. L’energia
naturale (naturalis vigor) in base alla quale
le realtà materiali vivono e sono dotate
di sensibilità e intelligenza è
alla base dell’idea di natura che si esprime
dapprima nelle allegorie di carattere semi-divino
(Physis, Natura) elaborate nei poemi filosofici
di Bernardo
Silvestre e di Alano
di Lilla per costituire infine lo spazio
concettuale in cui la lettura aristotelica della
physis potrà
innestarsi. Il riconoscimento di un principio
divino animatore della realtà materiale
si trovava anche in un testo che suscitò
altrettanto interesse nel XII secolo: l’Asclepius
attribuito ad Ermete Trismegisto, nel quale
veniva proposta una lettura del legame fra Dio,
il mondo e l’uomo per molti aspetti convergente,
per altri complementare rispetto a quella offerta
dalle fonti platoniche e neoplatoniche. <testo
3> La peculiarità dell’ermetismo
consisteva nel fatto che dottrine filosofiche
come quella dell’Uno-Tutto e dell’articolata
connessione fra mondo divino e realtà
materiale che si esprime nella nozione di ‘simpatia
universale’ venivano veicolate anche da
testi operativi (magici, astrologici, alchemici),
nei quali si insegnava a incanalare la forza
animatrice del mondo per scopi umani.
L'anima dei cieli.
A livello cosmologico, un tratto essenziale
di questa visione del mondo era costituito dall’attribuzione
di un principio animatore ai corpi celesti,
ai quali si ascriveva la capacità di
esercitare in questo modo un’influenza
dinamica sulle realtà del mondo sublunare;
le anime astrali rivestivano così un
ruolo di mediazione fra mondo divino e mondo
umano per certi aspetti affine a quello dell’anima
del mondo. La convergenza di platonismo, aristotelismo
e motivi orientali come quelli ermetici nella
filosofia islamica si manifestò anche
nella trasformazione del tema dell’anima
del mondo, le cui caratteristiche ritroviamo
nell’anima del Liber de causis, elaborato
nel circolo di al-Kindi.
Dopo Dio e l’Intelligenza c’è
l’Anima, e dopo di essa la Natura; l’anima
conferisce vita e movimento ai corpi celesti
e a quelli del mondo sublunare. <testo 4>
L’elemento più vistosamente aristotelico
introdotto a questo livello dello schema procliano
è l’affermazione che l’anima
produce i suoi effetti attraverso il moto: questa
distinzione fra l’anima e i suoi effetti
sarà accuratamente utilizzata dai pensatori
scolastici per negare che i corpi celesti siano
esseri animati, anche se molti di essi ammisero
la possibilità di un’influenza
celeste sul mondo elementare attraverso i movimenti
degli astri. Di anime dei cieli avevano
invece parlato i filosofi islamici, in particolare
al-Farabi
ed Avicenna,
attribuendo alle sfere celesti il ruolo centrale
della mediazione ontologica fra mondo divino
e mondo umano che risulta in particolare nell’identificazione,
operata da Avicenna, dell’intelletto
agente con il cielo della luna. Si tratta
però ormai di problemi diversi dal discorso
propriamente timaico in cui l’idea dell’anima
del mondo era stata elaborata: diversi sia nella
formulazione che nei materiali utilizzati. Nemmeno
il termine 'anima mundi' viene più utilizzato,
ma una nozione ad essa vicinissima ricomparirà,
con la rinascita del platonismo, nell’idea
dello ‘spirito universale’, che
Marsilio Ficino elaborerà di nuovo in
relazione al testo platonico, seppure con piena
consapevolezza di tutti gli aspetti di complessità
del percorso fin qui ricostruito. (MP)
Bibliografia
T. Gregory, Anima mundi. La filosofia di Guglielmo
di Conches e la scuola di Chartres, Sansoni,
Firenze 1953
T. Gregory, L’idea di natura nella filosofia
medievale (1964), rip. in Mundana Sapientia.
Forme di conoscenza nella cultura medievale,
Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1992
|