Boezio
Vita e opere. Il filosofo Anicio Manlio
Torquato Severino Boezio nacque verso il 480 da una famiglia senatoriale,
fu console e senatore sotto il regno goto–romano e si dedicò
agli studi fin dall'età giovanile commentando l'Isagoge di Porfirio
e componendo dei trattati sulle arti
del Quadrivio, di cui restano il De arithmetica e i primi cinque libri
del De musica (il quinto è incompleto), sui quali si strutturò
l'insegnamento medievale. Nel 510 venne nominato console e in questi anni
tradusse e commentò le Categorie e il De interpretatione, fondamenti
dell'insegnamento della logica
fino al XII secolo, e altre opere purtroppo perdute: i commenti agli Analitici
primi e secondi, ai Topici di Aristotele, ai Topici di Cicerone. Scrisse
inoltre opere originali di logica: De syllogismis, De divisione, De hypotheticis
syllogismis, De differentiis topicis. Molto dibattuto nella storiografia
è il problema del platonismo o aristotelismo di Boezio, come ancora
aperta è la questione se egli abbia o no aderito al cristianesimo.
In generale si riconosce, oggi, che il pensiero boeziano non si è
costruito nell'ambito di una scuola, ma emerse come la personalissima
ricerca speculativa di un uomo coinvolto nelle problematiche vicende politiche
del suo tempo: la strumentazione filosofica fu quindi utilizzata da Boezio
in modi e per scopi diversi, ricorrendo tanto agli strumenti analitici
della tradizione aristotelica, quanto alla ripresa di temi platonici e
neoplatonici, che, soprattutto nell'ultima parte della sua vita, fanno
emergere un pensiero d'intonazione quasi religiosa. Al culmine della sua
carriera politica, Boezio si trovò coinvolto in una crisi che vide
scontrarsi, dopo anni di convivenza tutto sommato pacifica, la corte di
Teodorico, il papato romano e l'Impero d' Oriente. Una congiura contro
di lui scoppiò infatti nel 523, quando davanti alla corte di Teodorico,
a Verona, egli difese il patrizio Albino, accusato di complottare per
l'Imperatore d'Oriente. Imprigionato a Pavia con le accuse di tradimento,
sacrilegio e magia, Boezio trascorse il resto della vita in carcere, scrivendo
qui la sua opera più famosa e celebrata, La consolazione della
Filosofia. Alla fine del processo, nel 525, venne ucciso per ordine di
Teodorico.
Traduttore e commentatore. L'opera di traduzione
e commento dell'ultimo degli Antichi, come universalmente fu definito
Boezio, è stata fondamentale per la conservazione e la trasmissione
al mondo latino della cultura filosofica greca. La traduzione di Aristotele
faceva parte di un programma complesso, che prevedeva anche la traduzione
di tutti i dialoghi di Platone, in modo da far emergere la convergenza,
nonostante l'apparente discordanza, delle due maggiori filosofie del passato,
come lo stesso Boezio spiega nel suo commento al De interpretatione. Di
fatto, il progetto di traduzione si limitò alle opere logiche di
Aristotele, e la conciliazione dei due massimi filosofi non avvenne. Tuttavia,
grazie a Boezio la terminologia logica aristotelica passò alla
lingua latina, e la tradizione filosofica medievale se ne servì
prontamente: ricordiamo, ad esempio, alcuni concetti universalmente utilizzati
in ambito filosofico come atto (actus), potenza (potentia), principio
(principium), universale (universale), contingente (contingens).
Le arti liberali. Il quadrivio, trascurato
nella cultura romana, era strettamente connesso alla tradizione platonica:
la scienza dei numeri e delle grandezze, cioè l'aritmetica e la
geometria, aiutavano a comprendere la realtà ideale e immutabile,
e, grazie alla musica e all'astronomia, tale comprensione si apriva alla
lettura razionale della struttura dell'universo. In tal modo "l'occhio
dell'anima", dice Boezio, "si libera attraverso quattro gradi",
sollevandosi così verso la perfetta conoscenza filosofica. Dell'opera
boeziana sul quadrivio il mondo medievale conobbe, grazie alla riscoperta
in età carolingia, l'aritmetica (che è sostanzialmente una
rielaborazione dell'aritmetica nicomachea), ma soprattutto la musica (De
institutione musica), sulle cui fonti greche (fra le quali Nicomaco) è
ancora aperto il dibattito e che – benché incompiuta - costituì
la base dell'insegnamento teorico della disciplina nelle scuole e nelle
università fino agli inizi dell'età moderna.
La logica. Boezio scrisse due commenti
all'opera di Porfirio, concentrandosi sul problema degli universali.
Tenendo presente tanto la tradizione platonica, quanto l'impianto aristotelico
– trattandosi di commento che si inscrive sulla traccia di Aristotele
– egli introduce una nozione fondamentale per la logica successiva,
quella di concetto (intellectus). Gli universali sono concetti, mentre
reale è solo l'individuo, secondo la tradizione aristotelica. Ciononostante,
il soggetto è universale quando lo si pensa, singolare quando lo
si avverte con i sensi nelle cose nelle quali ha il suo essere. Nell'ultima
parte del suo commento Boezio introduce la funzione strumentale della
logica: non tanto scienza a se stante quanto, appunto, strumento e ausilio
per le altre parti del discorso filosofico (etica e fisica).
I dibattiti religiosi e il concetto di natura
e persona. L'importanza della logica aristotelica per la costruzione
di una nuova lingua filosofica emerge negli Opuscola Theologica, trattatelli
sugli argomenti teologici allora dibattuti presso le corti, fra Goti ariani
e Impero d'Oriente cristiano. Nel Contra Eutychen et Nestorium, che risale
al 512, egli illustra come mera questione di linguaggio la differenza
fra nestoriani, per i quali Cristo possedeva due nature e due persone
distinte, e i monofisiti, per i quali in Cristo la natura umana è
come contenuta nella natura divina. Il trattato procede dunque esaminando
le diverse accezioni del termine natura, con definizioni di derivazione
aristotelica e platonica. Una prima definizione implica che la natura
sia ciò che permette di comprendere le varie cose con l'intelligenza;
una seconda, che riguarda le sostanze corporee o incorporee, stabilisce
che natura è "ciò che può fare o ciò
che può subire"; quanto alle sostanze corporee, natura è
il principio di movimento di per sé e non per accidente; e infine
natura è "la differenza specifica che dà forma a qualsiasi
realtà". Anche la definizione di persona è importante
per la soluzione dei dibattiti teologici, e Boezio traduce con il termine
latino "persona", il greco ypostasis (la sostanza individuale
di natura razionale). Gli altri Opuscoli vertono sul rapporto di predicazione
nella Divinità (Se Padre, Figlio e Spirito Santo siano predicati
sostanziali), sulla Trinità, sul rapporto fra creatore e creatura
(In che modo le sostanze siano buone in quel che sono, pur non essendo
beni sostanziali), e sulla fede cattolica. L'opera teologica boeziana
offrì una terminologia generale alla base dogmatica del cristianesimo.
Il dibattito teologico successivo,
nell'Alto Medioevo, si sposterà verso il campo dei sacramenti e
della ecclesiologia.
Metafisica. Nel trattatello sulla bontà
delle sostanze (conosciuto anche col titolo De hebdomadibus) si trova
un altro contributo fondamentale di Boezio al successivo sviluppo della
metafisica: la distinzione
fra l'esse (cioè l'essere in senso astratto e generale) e l'id
quod est (cioè il soggetto esistente, e che è costituito
"dalla composizione metafisica tra la sostanza e l'essere che la
fa esistere"). In base a questa differenza, l'essere e ciò
che è si distinguono in quanto "l'essere stesso, infatti,
non è ancora, ma ciò che è, ricevuta la forma dell'essere,
è e sussiste". Su tale distinzione Boezio sviluppa una concezione
della partecipazione che permette la distinzione sostanziale fra le creature
e il creatore: "Poiché [le cose] non sarebbero potute esistere
in atto se non le avesse tratte all'essere quello che è il vero
bene, per questo il loro essere è buono; e tuttavia non è
simile al bene sostanziale ciò che da lui è scaturito".
Siamo ormai, nell'ambito di quel problema del Sommo Bene e del rapporto
fra creatore e creature che caratterizza l'opera principale di Boezio,
Sulla consolazione della filosofia.
Il De consolatione philosophiae.
La Consolazione è un trattato in prosa
e in versi, oscuro e doloroso in quanto composto
nel periodo più difficile e tragico della
vita di Boezio, cioè durante gli anni
del carcere. E' una meditazione intima e rivolta
a se stesso, non, dunque, un contributo erudito
o un'elaborazione speculativa rivolta ad altri;
ma proprio per questo è un testo universale,
in quanto mette a fuoco i problemi essenziali
del pensiero umano senza altri fini e intendimenti
se non dare un senso alla vita, in vista della
morte imminente. I temi sono il Bene, il rapporto
fra destino e libertà, la ricerca della
felicità. La Filosofia
è impersonata da una donna anziana ma
alquanto vigorosa, vestita di una candida veste
tessuta di fili d'oro sottilissimi, ma estremamente
robusti: una personificazione allegorica frequente
nella tradizione platonica e neoplatonica, ma
che qui mette in evidenza, fin dalla descrizione
fisica, la profonda venerazione che Boezio aveva
per la cultura ed il sapere, e lo sgomento personale
per come il pensiero fosse negletto e abbandonato
dagli uomini della sua età. L'allegoria
sottolinea l'antichità della filosofia
e la sua perennità. Il filosofo intreccia
un dialogo con Filosofia, e il pensiero con
cui aveva aperto il suo scritto, l'instabilità
della fortuna, dà modo a Filosofia di
rammentare, con accenti platonici e stoici,
che la felicità va cercata in se stessi,
poiché i beni esteriori non sono mai
realmente posseduti dall'uomo. Boezio affronta
così, in termini essenzialmente platonici,
il discorso sul Sommo Bene, che nel carme centrale
erompe in una esaltazione del principio creatore
e ordinatore dell'universo. Non si tratta del
Dio cristiano, ma di un ente supremo e giusto
al quale Boezio si rivolge con una struggente
preghiera.
Molti temi della cosmologia platonica del Timeo,
come la proporzione matematica dell'universo,
l'anima
del mondo, il legame fra macrocosmo e microcosmo
(l'uomo), fanno sviluppare una discussione sulla
bontà, l'essere, il male. Per Boezio
il male è dovuto ai limiti della condizione
umana, secondo una prospettiva che già
era emersa in Agostino. In tal senso si può
tracciare la distinzione fra la provvidenza
e il fato: "Come dunque il ragionamento
sta alla intuizione, ciò che viene generato
a ciò che è, il tempo all'eternità,
la circonferenza al centro, così il corso
mutevole del fato sta all'immobile semplicità
della provvidenza." La possibilità
dell'agire libero dell'uomo, che costituirà
l'argomento essenziale del libero arbitrio,
è l'ultimo tema affrontato da Boezio.
La contraddizione fra la libertà umana
e la necessità dell'ordine divino si
risolve sottolineando la profonda diversità
del conoscere umano da quello divino rispetto
alla necessità degli avvenimenti futuri.
La ragione umana, secondo Boezio, è così
limitata che crede che l'intelligenza divina
consideri le cose future come lei le considera.
Ciò non può essere in quanto l'intelligenza
divina è eterna, e dunque fuori dai condizionamenti
del tempo. E' errato, allora, parlare della
prescienza divina come capacità di conoscere
il futuro, perché in Dio c'è un
eterno presente. Anche la sua scienza, travalicando
ogni mutamento temporale, rimane nella semplicità
della propria presenza "e abbracciando
tutti gli spazi infiniti del presente e del
futuro li contempla nel proprio semplice atto
di conoscenza come se avvenissero proprio in
quel momento". Ogni evento, apparentemente
mutevole, è così un modo in cui
si presenta l'infinita totalità dell'essere.
(CP)
Bibliografia
Edizioni
Manlii Severini Boethii Opera Omnia, Patrologiae cursus completus. Series
latina, vol. 63 e 64, 1882 e 1891
Traduzioni
Boezio, Consolazione della filosofia. Testo latino a fronte, cur. Luca
Obertello, Rusconi, Milano 1996
Boezio, De institutione musica, trad. Giovanni Marzi, Istituto italiano
per la storia della musica, Roma 1990
Studi
Luca Obertello, Severino Boezio, Collana di monografie, Accademia Ligure
di Scienze e Lettere, Genova 1974, 2 vol.
Boethius, His Life, Thought and Influence, cur. Margareth Gibson, Blackwell,
Oxford 1981
Atti del congresso internazionale di studi boeziani, Pavia 5-8 ottobre
1980, cur. L. Obertello, Roma 1981
Giulio d'Onofrio, Fons scientiae. La dialettica nell'Occidente tardo antico,
Liguori editore, Napoli 1984, capitoli VI e VII.
Henry Chadwick, Boezio: la consolazione della musica, della logica, della
teologia e della filosofia, Il Mulino, Bologna 1986 (ed. or. 1981)
M. Milani, Boezio. L'ultimo degli antichi, Camunia, Milano 1994
Risorse on-line
http://www-gap.dcs.st-and.ac.uk/~history/Mathematicians/Boethius.html
http://www.swif.uniba.it/lei/foldop/foldoc.cgi?Boethius+Anicius+Manlius+Severinus
http://ccat.sas.upenn.edu/jod/boethius/boethius.html
http://www.ccel.org/b/boethius/
http://www.filosofico.net/boezio.htm
http://www.san.beck.org/Boethius1.html
http://www.hermesnet.it/directory/medievale/boezio.html
http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=134
http://www.historyguide.org/ancient/boethius.html
http://www.epistemelinks.com/Main/Philosophers.aspx?PhilCode=Boet
http://www.fh-augsburg.de/~harsch/boe_intr.html
|