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c d e
f g h
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n o p
q r s
t u v
z
P
PANTONALITÀ.
Termine coniato da A. Schoenberg ad indicare l’uso simultaneo
e l’interferenza, ideale o concreta, di tutte le tonalità
(come chiarificazione di ATONALITÀ).
PARODIA. Nel
contrappunto rinascimentale, il reimpiego di una struttura polifonica
preesistente (per lo più l’incipit di un brano) e particolarmente
nota in altra opera polifonica. Di grande diffusione il genere della
‘messa parodia’, praticato dai maggiori compositori del
Cinquecento, in cui si poteva riudire, opportunamente trattato, l’intreccio
polifonico di una più antica chanson, o di un mottetto, del
medesimo autore o di altri.
PARTE. Vedi
VOCE.
PARTI REALI.
Condotta armonica rigorosamente mantenuta in un numero stabile di
voci/linee melodiche (la scrittura a P. R. classica per eccellenza
è quella del corale bachiano, stabilmente a quattro voci).
A P. R. sono tutte le composizioni polifoniche, vocali o strumentali;
le composizioni per orchestra classiche e moderne sono invece, nella
quasi totalità, un esempio di scrittura non a P. R., in quanto
una singola linea melodica può essere affidata a diversi strumenti,
raddoppiata all’ottava bassa (RADDOPPIO), oppure, ancora, frammentata
in diverse sezioni orchestrali. La scrittura a P. R. richiede un estremo
rigore nella condotta polifonica, onde evitare errori quali QUINTE
e OTTAVE PARALLELE.
PARTI STACCATE.
In un lavoro cameristico o orchestrale, libri parte relativi alla
sola musica per un singolo strumento o una singola sezione (parte
staccata del clarinetto, parte staccata dei violini primi, etc.).
PARTITURA.
L’assieme delle parti orchestrali e vocali (riprodotte verticalmente
una sull’altra) di un’opera del repertorio concertistico,
sinfonico o operistico.
PASSAGGIO.
a) Genericamente,
una serie di note o di accordi eseguiti in successione. b)
Nella tecnica vocale si dice P. la zona sonora (in genere due o tre
note) posta in quella voce specifica al confine fra due registri contigui.
Varia da un REGISTRO vocale ad un altro (il P. non è ad esempio
situato sulle stesse note in un soprano o in un mezzosoprano), e talora
anche in due voci simili dello stesso registro. c)
Anche nel senso di ornamentazione virtuosistica di una melodia vocale,
prevista dal compositore oppure affidata all’estro del cantante.
d) Vedi PONTE.
PAUSE. Momenti
di silenzio, totale o limitato ad una certa voce/parte; ne esistono
di diverse durate, analogamente a quanto avviene per le note musicali.
PEDALE. a)
In ARMONIA, il perdurare di un suono grave a sostegno delle parti
superiori, che possono sviluppare accordi via via diversi (di cui
il suono scelto a funzione di P. deve comunque poter far parte). b)
Nel pianoforte l’impiego del P. destro, che solleva gli smorzi
e consente ai suoni di prolungarsi sino ad esaurimento. Si segna con
una parentesi quadra orizzontale sotto il rigo della mano sinistra,
che inizia e finisce in corrispondenza dell’effetto richiesto,
oppure con i due segni e *, in corrispondenza dell’inizio e
della fine dell’effetto richiesto.
PENTAGRAMMA.
Cinque righe - e conseguentemente quattro spazi - su cui si pongono
le note; la lettura di queste non è univoca ma dipende dalla
CHIAVE prescelta.
PERTICHINO.
Nell’opera italiana sette-ottocentesca un personaggio di fianco
impiegato a sostegno (di qui il nome) vocale-drammatico di un ruolo
principale, in una qualche parte dell’opera.
PEZZO CHIUSO.
Nella terminologia operistica un brano vocale per uno o più
esecutori ben individuato e separato dal contesto per scelte metriche
e conclusività semantica (ARIA; vs. RECITATIVO).
POLIFONIA.
Esecuzione simultanea di più linee melodiche (dette VOCI o PARTI)
distinte (vs. MONODIA; OMOFONIA). Tecniche rudimentali di P. sono il BORDONE,
l’OSTINATO, il PARALLELISMO, l’ETEROFONIA). Una delle tecniche
più complesse è quella del CONTRAPPUNTO consistente nell’intreccio
e nel trattamento simultaneo di un numero prestabilito e per lo più costante
di voci o parti tra loro melodicamente indipendenti e di pari importanza.
Si dovrebbe parlare di contrappunto in senso stretto solo nell’ambito della
modalità storica, dove è unicamente la successione di consonanze
e dissonanze a regolare la conduzione delle parti. Tuttavia lo stesso termine
viene utilizzato anche in ambito tonale, dove l’impianto armonico diventa
determinante, poiché le concatenazioni degli accordi influiscono sulla
conduzione delle parti e sulla fisionomia delle singole linee melodiche.
Per questo motivo si ricorre talvolta al termine P. per indicare in modo specifico
il contrappunto tonale. La P. va tuttavia ben al di là delle forme
intenzionalmente contrappuntistiche come la FUGA o di procedure come il CANONE
e l’IMITAZIONE. Tecniche polifoniche sono presenti nella composizione
e in particolare nell’ORCHESTRAZIONE sinfonica del XVIII, XIX e XX secolo;
in tali casi la P. è una semplice opzione compositiva fra le tante, che
interviene nella ELABORAZIONE e nello SVILUPPO di un TEMA musicale. In epoca
classica, romantica e moderna non dobbiamo quindi aspettarci impieghi di
P. a PARTI REALI, né il rispetto di un medesimo numero di voci,
né l’osservanza delle regole del contrappunto arcaico nella
disposizione delle parti e nella concatenazione degli intervalli. La P.
è largamente impiegata anche nell’ambito della ATONALITÀ,
della DODECAFONIA e della SERIALITÀ. In questi casi si tratta di un
recupero di alcuni aspetti del contrappunto più antico all’interno
di linguaggi la cui grammatica e la cui sintassi diverge drasticamente tanto
da quelle in vigore nell’ambito della modalità storica, quanto
da quelle che regolano la tonalità.
POLIRITMIA.
Sovrapposizione di strutture ritmiche diverse, per una risultante
complessa che evade l’individuazione precisa dei singoli tempi.
Se ne hanno alcune attestazioni a partire dalla musica dei maestri
fiamminghi del XV secolo; ma è soprattutto tecnica novecentesca
(vs. OMORITMIA)
POLITONALITÀ.
Sovrapposizione di accordi individuabili nell’ambito di due
o più TONALITÀ diverse. È una tecnica praticata
da compositori del Novecento, con finalità timbriche (la sovrapposizione
di accordi diversi causa una sorta di ‘nebbia’ sonora),
oppure con finalità strutturali (tentando cioè di giustificare
organicamente la presenza simultanea di più tonalità
in uno stesso brano).
PONTE. Nelle
forme caratterizzate dalla presenza di due temi (FORMA SONATA), il
passo atto a collegarli. In genere, trovandosi il primo TEMA alla
TONICA ed il secondo alla DOMINANTE, il P. porta dalla tonica medesima
sino alla dominante della dominante, per potere così affermare
il secondo tema con una CADENZA PERFETTA (ad es., in un brano in Do
maggiore: I tema in Do P. che inizia in Do e modula verso il Re -
in quanto il Re è la dominante di Sol - II tema in Sol).
PORTAMENTO.
a) Vedi LEGATURA.
b) Nella vocalità
si intende come P. un breve e appena accennato GLISSANDO, introdotto
(secondo il gusto dell’interprete) ad unire due note.
PROGRESSIONE.
La riproposta sequenziale di un determinato elemento melodico (tipica
ad esempio della musica barocca). Se la P. avviene nell’ambito
di una medesima TONALITÀ si parla di P. tonale, se la tonalità
cambia di P. modulante.
PUNTILLISMO.
Con questa espressione (dalle implicazioni vagamente polemiche) si
allude alla frammentazione esasperata di certa musica novecentesca
d’avanguardia, frutto dell’imperdeterminismo di matrice
seriale (SERIALITÀ). Le strutture musicali, serializzate nella
loro integralità (ALTEZZA, RITMO, TIMBRO, DINAMICA) producono
una costellazione di eventi rigorosamente previsti dal compositore,
ma che dall’ascoltatore vengono percepiti sotto forme di ‘pulviscolo
sonoro’.
PUNTO CORONATO.
Vedi CORONA.
PUNTO DI STACCATO.
Puntino da porsi sulla nota ad indicare la sua separazione da quanto
segue.
PUNTO DI VALORE.
Punto posto subito a destra della nota: ne aumenta la durata della
sua metà (analogamente nel caso di P. doppio o triplo ogni
P. vale la metà del precedente).