| Fisiognomica L'interesse per questa disciplina, o ars, che si propone di utilizzare 
        i caratteri propri del singolo corpo umano come signa di qualità 
        psichiche e morali corrispondenti, era presente già in epoca antica 
        e rifiorisce in modo significativo nel mondo latino medievale a partire 
        dal sec. XIII.
 Nelle classificazioni filosofiche precedenti (come quella di Ugo 
        da San Vittore, sec. XII) non vi è alcun accenno al nuovo sapere, 
        sebbene proprio a questa altezza cronologica se ne siano gettale le basi, 
        come risulta dalle elaborazioni della teoria dei temperamenti messe a 
        punto dalla profetessa Ildegarda 
        di Bingen e dallo chartriano Guglielmo 
        di Conches. A Costantino Africano si deve il 'presupposto filosofico' 
        su cui si fonda la tradizione fisiognomica latina, che si presenta allo 
        studioso come un insieme articolato e complesso di dottrine di varia origine 
        e provenienza: come il corpo segue l'anima nello svolgimento delle sue 
        operazioni, così le facoltà dell'anima seguono le differenti 
        complessioni corporee.
 In questa direzione si sono mossi gli autori del XIII secolo, che, sulla 
        scorta della Physiognomonia, anonimo compendio dell'antico sapere fisiognomico 
        latino già difuso nei codici del XII secolo, e con il fondamentale 
        contriuto delle classificazioni delle scienze offerte dagli arabi Razi 
        e Avicenna e della medicina 
        galenica rielaborata dalla scuola salerniatan, hanno messo a punto i nuovi 
        sviluppi della disciplina.
 Nel corso del Duecento, infatti, si comincia a discutere in modo più 
        sistematico sullo stuto epistemologico, l'oggetto, i principi, i metodi 
        e i fini della fisiognomica. E' proprio in questo periodo, infatti, che 
        si costituisce un canone di testi che saranno la base dell'insegnamento 
        e della ricerca; tra questi, si ricordano la sezione fisiognomica del 
        Liber ad Almansorem di Razi, che è letta sotto il titolo di Physionomia; 
        il De physiognomonia Libellus sopra citato; il Secretum secretorum pseudoaristotelico. 
        I primi autori a dedicarsi a questa disciplina sono Michele 
        Scoto, che scrisse un Liber Phisionomie, Alberto 
        Magno, Ruggero Bacone 
        e, alla fine del secolo, Pietro d'Abano e Giovanni 
        di Jandun. Il loro principale interesse fu quello di attribuire alla 
        fisiognomica lo statuto epistemologico di scienza, liberandola dai rapporti 
        sospetti che la legavano alle altre artes divinatorie, compromesse con 
        il pericoloso ambito della magia, in primis l'astrologia, 
        che poneva la questione del rapporto tra la causalità naturale 
        terrestre e quella celeste. Per evitare tali dannose implicazioni, i medievali 
        accostarono sempre più tale disciplina alla medicina 
        e particolarmente allo studio anatomico delle parti del corpo umano, condannando 
        esplicitamente in taluni casi anche il ricorso ad un metodo consolidato 
        in età classica, ovvero l'analogia tra i 'tipi' umani e le specie 
        animali, che rimaneva confinato ai bestiari moralizzati, pur così 
        diffusi nel medioevo.
 Si procedette così alla progressiva assimilazione di materiali 
        di provenienza eterogenea all'interno di un contesto disciplinare che 
        si andò istituzionalizzando proprio in quegli anni, il cui insegnamento 
        finì per coincidere, all'interno dell'università, 
        con la lettura di un testo posto sotto l'autorità di Aristotele, 
        la Physionomia, pseudoepigrafa, ma composta in ambiente peripatetico. 
        Un interessante esempio dell'approccio scolastico alla fisiognomica è 
        rappresentato dalle lectiones del testo pseudoaristotelico (che circolava 
        insieme alla autentiche opere di filosofia naturale dello Stagirita) prodotte 
        da Guglielmo di Spagna, recentemente identificato con Guglielmo di Aragona.
 Già nel Trecento, infatti, la fisiognomica era riconosciuta legittimamente 
        come una sezione della filosofia, quindi insegnata alla facoltà 
        di arti, e il testo dello ps. Aristotele, giudicato parte integrante del 
        corpus delle opere dello Stagirita, entrò a far parte di detto 
        curriculum. 
        In stretta correlazione con l'ambito teorico ed epistemologico della filosofia 
        naturale e con la medicina da un lato, e fortemente implicata con 
        la filosofia pratica e con la politica 
        dall'altro, in virtù della sua funzione di 'guida' alla conoscenza 
        e controllo delle passioni umane, la fisiognomica si rivelò doppiamente 
        interessante per i medievali, che ritennero degne di attenzione le raccolte 
        e i compendi anche fuori dall'ambito universitario, presso le corti e 
        la curia papale, che furono utilizzate dai governanti per selezionale 
        persone degne di fiducia per i ruoli più importanti.
 Da scienza del corpo, che utilizza i sensi, la potenza intuitiva, rivolta 
        all'osservazione diretta dei corpi vivi, la fisiognomica diventa così 
        scienza del libro, fondata sulla lettura e sul commento della Physionomia, 
        con il contributo delle auctoritates. Si perde così progressivamente 
        l'adesione alla concretezza dell'esperienza, in favore di una sempre più 
        disciplinata scienza che trova la sua raion d'essere nella sua utilitas 
        per i governanti e la sua collocazione ideale all'interno di uno spazio 
        teorico sempre più ristretto, fra medicina, psicologia e biologia, 
        all'interno dell'ordine aristotelico delle scienze. (PB)
 
 Bibliografia
 Jole Agrimi, Ingeniosa scientia nature. Studi sulla fisiognomica medievale, 
        Firenze 2002 (Millennio Medievale 36, Studi 8)
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