Processi compositivi
Per composizione si intende, nel senso più generale, l’attività del “mettere insieme” (lat. componere, da cum e ponere), indipendentemente dal tipo di elementi utilizzati per l’assemblaggio: si parla così di composizione architettonica o floreale, della composizione di un testo poetico o in prosa. A differenza degli altri tipi di composizione, che si riferiscono a elementi da disporre nello spazio, la composizione musicale ha a che fare con elementi che si svolgono nel tempo e si rivolgono in primo luogo all’udito. La composizione musicale riguarda dunque l’attività di organizzare suoni udibili quale che sia la loro fonte: la voce umana, gli strumenti musicali acustici, ma anche suoni prodotti elettronicamente o riprodotti attraverso la registrazione (v. suono). Lo sfondo dei suoni è il silenzio, cioè l’assenza di suono (sempre relativa, perché il silenzio assoluto non è mai ottenibile, se non per approssimazione, in spazi artificiali, come accade nelle sale di registrazione). Anche il silenzio diventa un elemento della composizione musicale (perché condivide con i suoni l’elemento della temporalità e si caratterizza come l’assenza di vibrazioni sonore), sotto forma di pause, la cui unica caratteristica distintiva è la durata. Dunque i suoni e le pause sono gli elementi essenziali della composizione. L’ambito dei suoni utilizzabili ai fini della composizione musicale è determinato in base a presupposti culturali che variano tra luoghi ed epoche diverse. Nel corso del XX secolo tale ambito sembra essersi ampliato indefinitamente, fino a comprendere qualsiasi tipo di vibrazione sonora.
Princìpi generali della composizione
Tra le molte prospettive possibili sui princìpi generali della
composizione musicale può risultare didatticamente utile l’individuazione
di due “coordinate” che sono suggerite dalla disposizione “cartesiana”
della moderna scrittura musicale: giustapposizione (orizzontale) e
sovrapposizione (verticale). Dal punto di vista dell’ascolto,
e dunque dell’evento musicale di cui facciamo esperienza sensoriale ed estetica,
tali coordinate spaziali si manifestano come coordinate temporali, individuate forse
più correttamente come successione e
simultaneità.
La temporalità intrinseca della musica fa sì che il principio della
“successione” sia implicito nella sua stessa esistenza: qualsiasi evento musicale,
a partire dalla più breve emissione di suono, è di per sé una successione,
perché si dispiega nel tempo; ed è chiaro che un brano musicale può benissimo
rinunciare completamente a sfruttare il principio della simultaneità o sovrapposizione,
dispiegandosi unicamente in una successione di suoni, come avviene nella enunciazione di una
semplice linea melodica. Il principio della “simultaneità” è altrettanto
semplice e si dà come possibilità immediata non appena siano a disposizione due o
più voci o strumenti, o uno strumento che sia in grado di emettere più suoni
contemporaneamente. Tuttavia questo principio introduce anche a procedimenti compositivi
più complessi. Il principio della sovrapposizione contempla infatti numerose
possibilità, che vanno dalle sue applicazioni più semplici e scontate –
come il semplice raddoppio (v. glossario) di una melodia –
a tecniche estremamente complesse, tra le quali nella storia della composizione occidentale rivestono
un particolare rilievo il contrappunto, che regola la conduzione
orizzontale o lineare di voci indipendenti tra loro e di pari importanza, e
l’armonizzazione, che invece regola la successione
di complessi verticali – gli accordi – considerati come unità, dove può porsi
in primo piano una voce principale (una melodia) e dove quindi si instaura una gerarchia
con uno sfondo che crea un accompagnamento. Si tratta di due procedimenti compositivi che
dal punto di vista della derivazione storica risultano connessi, ma che fanno capo a
princìpi teorici e pratiche compositive ben distinte.
In ogni caso la storia della composizione europea e occidentale non si dà se non nella
continua interazione tra successione e simultaneità, la cui distinzione può valere
solo di principio e come criterio di orientamento generale. Seguendo questo criterio si tratta
ora di passare in rassegna una serie di procedimenti basilari dell’organizzazione e
dell’elaborazione delle idee musicali, che hanno lo scopo di garantire la continuazione
nel tempo e l’articolazione di una struttura formale. Volta per volta sarà fatto
riferimento a vari livelli formali.
Organizzazione ed elaborazione di idee musicali
1. Il principio della ripetizione
Il principio più semplice per l’organizzazione e l’elaborazione di
idee musicali e di una struttura temporale è quello della
ripetizione, fondato sulla successione di elementi
identici e quindi sul grado minore di elaborazione. Qualsiasi elemento musicale
può essere ripetuto, dalla singola nota e dal più breve motivo o inciso
al periodo più complesso
(v. elementi di sintassi musicale)
e alla più ampia sezione unitaria della composizione, fino addirittura all’intera
composizione
(quando la sezione ripetuta esattamente è abbastanza ampia, a livello di scrittura
si ricorre al segno del ritornello
(v. glossario), che
permette di evitare un testo ridondante). Questo principio organizza il tempo dello
svolgimento e dota la composizione di una forma che risulta immediatamente logica e
coerente. Un caso particolare di ripetizione consiste nella
ripresa, con cui si indica la ripetizione a una certa
distanza di una sezione della composizione (si chiama così sia la sezione conclusiva
della forma sonata, che riprende l’esposizione riconducendola
stabilmente alla tonalità principale, sia la parte iterabile del
ronḍ,
che consiste nel suo tema principale). La ripetizione insistente dello stesso inciso può indurre
la monontonia. Questo fenomeno, considerato un difetto nella musica d’arte occidentale
fino a pochi decenni fa, è stato elevato a principio compositivo ed estetico della
musica cosiddetta “minimalista” degli anni Settanta e Ottanta del Novecento.
La ripetizione stessa non si limita alla giustapposizione di elementi identici,
ma può coinvolgere anche la dimensione della simultaneità. Nel caso
più semplice abbiamo il raddoppio di uno stesso
elemento da parte di una seconda voce o strumento. Un caso più evoluto e
significativo dal punto di vista contrappuntistico è quello
dell’imitazione, dove un motivo o una melodia
compare, subito dopo la sua completa enunciazione, in una voce diversa dalla prima,
che ne offre una ripetizione, una sorta di risposta. Nell’imitazione la risposta
può trovarsi o meno alla stessa altezza dell’enunciazione, ma per essere
riconoscibile deve mantenere in tutto o in buona parte invariata la sua struttura ritmica
e intervallare. Capita che la risposta sia una derivazione contrappuntistica
dell’enunciazione, come ad esempio la sua inversione (v. glossario),
o che entrino in gioco procedimenti quali l’aggravamento
(v. glossario) o la diminuzione
(v. glossario).
Nel caso più completo di imitazione, quando cioè
un intero brano consiste nella sovrapposizione di due o più voci in rapporto
di imitazione identica, si parla di canone
(v. glossario); e anche in questo caso si parla di canone
diretto o inverso, oppure di canone all’unisono o all’ottava o alla terza, specificando l’intervallo
che separa l’enunciazione dalla risposta). Un caso particolare di imitazione
è lo stretto, che consiste in una imitazione
a distanza molto ravvicinata, per cui si crea una sovrapposizione tra una parte
dell’enunciazione e l’ingresso della risposta, con un procedimento
che può anche essere continuato (tale procedimento è tipico
dell’ultima parte della fuga).
2. Il principio della variazione
Il concetto di variazione è strettamente correlato a quello di ripetizione
ed è sempre relativo a un elemento precedente. Per definirlo occorre introdurre
il concetto di proprietà. Perché un inciso
formale possa determinarsi come variazione di un inciso precedente, esso deve infatti
ripeterne almeno una delle proprietà più rilevanti (tempo, profilo melodico,
struttura armonica, successione di intervalli, ritmo ecc.) mentre una, alcune o tutte
le altre si differenziano; in questo senso quando la variazione è minima e
coinvolge una sola o poche proprietà dell’elemento variato, e quando
tale elemento non è formalmente troppo esteso, si parla di
variante, che è il grado più basso di variazione.
La variazione può naturalmente avere un’estensione variabile. La variazione di
motivi e incisi brevi è solitamente costitutiva dell’elaborazione tematica e
riguarda unicamente aspetti ritmici e/o melodici (intervalli, altezze, spostamenti):
in tal caso l’unione del motivo e delle sue variazioni o varianti può
costituire una frase, un periodo, o una parte di essi. Anche le variazione di sezioni
più ampie contemplano diversi gradi: si va dalla variazione ornamentale, dove solo
il profilo melodico è lievemente variato (per lo più fiorito o diminuito) ma
comunque riconoscibile, a procedimenti molto più complessi, come quelli a cui ricorre
la forma musicale del tema con variazioni.
Autori come Beethoven o Brahms, che hanno
lasciato cicli monumentali di variazioni, hanno sondato a fondo questo principio compositivo,
introducendo variazioni estremamente complesse dal punto di vista melodico, ritmico e
armonico, dove la variazione può arrivare a coinvolgere un numero molto alto di
proprietà del tema, fino a renderlo quasi irriconoscibile e tuttavia mantenendo
quel minimo ma necessario legame con la sua forma originaria.
Nel XX secolo la variazione arriva a conoscere tipologie ancora più complesse,
come nel caso dell’anamorfosi (un caso rilevante è
costituito da una composizione per pianoforte di Sciarrino che riprende e distorce
gradualmente Jeux d’eau di Ravel). Di difficile definizione, questo tipo di variazione
sembra doversi riportare all’assunzione di un punto di vista o di un principio
costruttivo soggettivo e alla conseguente “distorsione prospettica” di una
composizione preesistente, con momenti di identità quasi completa e momenti di
altrettanto completa divergenza, come se l’originale venisse letto attraverso
una sfera di vetro.
3. I princìpi della diversità
Al di là della ripetizione e della variazione si danno molti altri princìpi
di elaborazione musicale, non tutti enumerabili e definibili con chiarezza. Un elemento
formale di qualsiasi livello ed estensione può essere continuato anche semplicemente
attraverso la giustapposizione di un altro elemento, che può essere correlato al
precedente per analogia o per differenza. Al di là della giustapposizione di elementi
del tutto eterogenei, dove non è possibile rilevare la minima connessione – il
che implica comunque una volontà di eterogeneità e quindi la scelta accurata di
una strategia per evitare qualsiasi tipo di corrispondenza ritmica, melodica o armonica tra
due incisi o strutture – anche la diversità può essere funzionale a un
decorso coerente della composizione. Un inciso o una sezione compositiva può correlarsi
alla precedente attraverso la contrapposizione con ciò che
l’ha preceduto: in questi casi è generalmente possibile trovare la legge di questa
contrapposizione, che può assumere un carattere strutturale (contrapposizione dinamica,
di profilo ritmico, di emissione sonora, profilo melodico, di carattere ecc.) in tutta la
composizione.
Ancora diverso è il caso in cui due elementi diversi si completano o si corrispondono
senza lasciare spazio alla ripetizione o alla variazione. Due incisi possono formare infatti
un insieme articolato, organizzato in base a princìpi sintattici o retorici o a diverso
titolo strutturali. Si possono citare a questo proposito la forma del
periodo (v.
elementi di sintassi musicale) formato da due
frasi che pur essendo molto diverse possono integrarsi e corrispondersi come
domanda e risposta o
come antecedente e conseguente.
In questi casi può essere rivelatrice la struttura armonica delle due frasi
(esempio classico: movimento dalla tonica alla dominante seguìto dal movimento
inverso dalla dominante alla tonica), oppure il profilo melodico (figura ascendente
seguita da una figura discendente) o molto altro ancora. Generalmente questo tipo di
costruzione si fonda su un qualche tipo di simmetria.
4. Tecniche dell’elaborazione musicale
Il concetto di elaborazione risulta tanto vago quanto
irrinunciabile. Da un punto di vista storico nasce dalla riflessione teorica sul repertorio
classico e romantico, entro cui si rivela centrale l’idea del “lavoro
motivico-tematico”, a indicare un principio generale che fonda tutta quanta una
composizione musicale sulla continua elaborazione di pochi elementi (temi, ma soprattutto
motivi ben delineati e riconoscibili) allo scopo di creare una struttura unitaria e compatta,
che esibisce una forte coerenza e logica interna. In questo senso tutte le procedure
compositive passate in rassegna rientrano in questo concetto più generale e ne sono
casi particolari o procedimenti parziali.
Nella sua versione classico-romantica, l’elaborazione motivico-tematica si avvale di
tecniche che hanno ricevuto un nome da parte di teorici che si sono applicati alla loro
distinzione e al chiarimento delle loro particolarità (soprattutto da Schoenberg e
dalla sua cerchia).
Se elaborare significa principalmente scomporre un tema o un inciso formale e utilizzare
i suoi elementi motivici costitutivi sottoponendoli alle più varie sollecitazione,
allora è possibile distinguere ancora alcuni procedimenti più complessi:
ampliamento: un elemento formale viene ampliato
e complicato attraverso ripetizioni, variazioni o inserzioni motiviche;
intensificazione: una sostanziale ripetizione si unisce a fenomeni
di crescita da un punto di vista della dinamica, della strumentazione, della tensione armonica;
progressione: un determinato inciso sintattico viene ripetuto su diversi livelli
diastematici o gradi armonici procedendo per intervalli regolari (ascendenti o discendenti).
condensazione: un elemento formale viene abbreviato o tagliato
mediante procedimenti di riduzione;
liquidazione: scomposizione graduale di un inciso tematico e
progressiva eliminazione delle sue parti fino al mantenimento di un minimo residuo motivico.
(ACe)
Bibliografia di riferimento
Stephen Blum, s.v. Composition, in The New Grove Dictionary of
Music and Musicians, Second Edition, edited by S. Sadie, vol. 24, coll. 187-201.
Nicolas Meeùs, Scale, polifonia, armonia, in Enciclopedia della musica,
vol. II: Il sapere musicale, direttore J.-J. Nattiez, Torino, Einaudi, 2002.
Felix Salzer, Carl Schachter, Contrappunto e composizione, edizione italiana
a cura di M. Baroni ed E. Modena, Torino, EDT, 1991.
Arnold Schoenberg, The Musical Idea and the Logic, Technique, and Art of Its
Presentation, edited, translated, and with a commentary by P. Carpenter and
S. Neff, New York, Columbia University Press, 1995.