<<indietro [Home]

Tema con variazioni


La variazione è quel procedimento compositivo in virtù del quale un elemento tematico di base viene trasformato in un qualcosa d'altro che però mantiene con il modello un rapporto strettissimo di parentela. Può essere soggetto a variazione qualsiasi elemento costitutivo del linguaggio musicale (melodia, armonia, metro, ritmo, timbro, agogica, dinamica), isolatamente o in contemporanea ad altri. Sulla melodia, solo per fare qualche esempio, si interviene con ornamentazioni, inversione degli intervalli, retrogradazione, inserzione o sovrapposizione di altro materiale musicale; sul ritmo con aggravamento o diminuzione dei valori; sull'armonia, con cambiamento di tonalità, di modo, di posizione delle voci; sul timbro attraverso cambiamenti di registro o di colore strumentale. Taluni di questi procedimenti, come l'ornamentazione melodica e ritmica, non intaccano in alcun modo la fisionomia e le proporzioni del motivo originario. Si parla in questi casi di variazioni ornamentali. Altre volte, invece, il tema è trasfigurato a tal punto in ogni suo elemento costitutivo, talmente profondo e radicale risulta l'intervento del compositore su di esso, da renderlo irriconoscibile. Perlomeno all'apparenza: che poi così non sia, e che nel figlio continui comunque a scorrere il medesimo sangue del padre, una approfondita indagine analitica della partitura riesce sempre a provarlo. Caso piuttosto particolare di variazione è quella su basso ostinato: procedimento di origine assai antica che consiste nell'affidare un breve frammento melodico, ripetuto varie volte, alla parte vocale o strumentale più grave mentre le altre si muovono liberamente. Venne largamente utilizzato in epoca barocca, nelle arie d'opera e in molte forme di danza (tra cui passacaglia e ciaccona); l'ha recuperato il tardo romanticismo, porgendolo al Novecento. Secolo nel quale, dallo spirito della variazione, è germinata la dodecafonia (v. glossario), il metodo compositivo coniato da Arnold Schönberg negli anni Venti. Il cuore di ogni pagina dodecafonica sta nella "serie", vale a dire nei dodici suoni della scala cromatica disposti dal compositore nell'ordine da lui volta a volta preventivamente stabilito. Tale serie può essere elaborata in diversi maniere: mediante inversione (gli intervalli ascendenti divengono discendenti, e viceversa), retrogradazione (la seria procede a ritroso, dall'ultimo suono al primo), inversione della retrogradazione (inversione degli intervalli della serie retrograda).

Evidentemente, connaturato com'è alla natura stessa del discorso musicale, il principio della variazione è presente, di fatto, in tutte le forme attraverso cui la musica di qualunque epoca si manifesta, dall'eterofonia antica al serialismo del secondo dopoguerra. Non agisce però solo all'interno di esse, ma anche, per così dire, in prospettiva storica, proiettandosi in tutto un repertorio. E' il caso della tradizione gregoriana, nelle quale sono state riconosciute diverse melodie derivate direttamente da altre preesistenti.

Ciò detto, va però chiarita la differenza che intercorre tra l'impiego della variazione come mezzo di elaborazione motivica e la variazione intesa come forma autonoma. In un caso si tratta di un procedimento compositivo, di una tecnica costruttiva talvolta impiegata semplicemente a fini esornativi, per ricercare varietà di espressione (le riprese fiorite nelle canzoni e nelle composizioni da ballo medioevali e rinascimentali), talaltra per dotare la costruzione musicale di sviluppi consequenziali e unitarietà di concezione (come nella forma-sonata). Nell'altro, esibita di proposito come calcolata manipolazione, come puro artificio intellettuale, la tecnica della variazione diviene ragione di se stessa, struttura autosufficiente, codificandosi in genere vero e proprio: il "tema con variazioni" per strumenti a tastiera, orchestra o complessi da camera. In esso le variazioni, di numero assai variabile, devono mirare alla varietà espressiva e mostrare pertanto caratteristiche molto diverso l'una dall'altra. Il tema sui cui intervenire invece, perlopiù conforme allo schema bipartito AABB, può essere originale, oppure ricavato da canzoni popolari, arie d'opera, da altri pezzi strumentali. In ogni caso deve essere il più possibile carico di potenzialità elaborative, e pertanto presentarsi semplice, lineare, sobrio, elementare nell'ossatura armonica, quasi dimesso. Dimostrazione emblematica: i temi che fanno da spunto a due cicli monumentali per tastiera quali le Variazioni Goldberg di Bach (ca. 1741) e le Variazioni su un valzer Diabelli di Ludwig van Beethoven (1819-23). Qualche tema, poi, appare più fruttifero di altri: viene infatti riutilizzato più e più volte sia dal compositore che l'ha ideato, sia da altri. Si pensi a Beethoven, che si serve di un motivo ricavato dal suo balletto Le creature di Prometeo dapprima nelle Quindici variazioni op. 35 per piano (1802), poi nel finale della Sinfonia Eroica (1802-04). O all'ultimo ultimo Capriccio violinistico di Niccolò Paganini (pubbl. 1820), una serie di variazioni il cui tema verrà recuperato, e variato, da Johannes Brahms, Sergej Rachmaninov, Witold Lutoslawski. Infine, esempio di un tema assai fortunato negli ultimi secoli di storia della musica, anche per via della suo valore evocativo e simbolico, il motto si bemolle - la - do - si bequadro: BACH, secondo la nomenclatura tedesca delle note. (GMo)

<<indietro