Principi formali
Le locuzioni ‘brano di musica’, ‘pezzo musicale’, universalmente diffuse, sono convenzioni denotative che stabiliscono un rapporto analogico tra ciò che si intende in senso generale appunto come brano musicale (un’unità musicale identificabile, avente senso musicale compiuto) e il concetto di oggetto dotato di estensione (inteso nel senso generalissimo di ‘cosa’). Ha fondamento dunque il chiedersi quale forma venga ad assumere un determinato ‘brano di musica’ e, prima ancora, quali principi regolino, nella dimensione spaziotemporale, la disposizione degli elementi che lo costituiscono. Si prenderanno in esame, in questa sottosezione, i principi-base dell’aggregazione formale, considerati sia sulla scorta della loro giustificazione ‘ontologica’, sia in raporto alla loro concreta realizzazione nella pagina di musica. Si rimanda invece alla sezione Tipologie formali per una disamina delle caratteristiche e degli impieghi di forme di organizzazione del discorso musicale in cui si sono riconosciuti determinati periodi della civiltà musicale europea (ad esempio, l’aria con da capo, la forma-sonata ecc.) e che – cristallizzate in schemi ricavati a posteriori - hanno fornito a lungo materia di confronto dialettico per la composizione. Si rinvia peraltro ad un’apposita scheda sulle prospettive storico-estetiche del concetto di forma per una trattazione più approfondita di questo specifico aspetto.
Forma binaria
Se dunque concepiamo l’identità d un brano di musica come quella
di un oggetto, essa
viene a fondarsi sul principio di non contraddizione: «il brano A non
è uguale al brano non-A». Un approccio elementare alla identificazione
dei principi formali in musica assume in effetti la logica binaria, che è
alla base del principio di non contraddizione, per simularvi i processi generativi
dei primi elementi strutturali, ovvero delle due possibilità di estrinsecazione
della forma binaria: AA e AB. Così, in base al principio di identità
si configura la forma binaria
ottenuta per iterazione:
una qualsiasi unità musicale identificabile, detta A, può essere
iterata, dando origine alla forma AA,
o – qualora più o meno modificata - AA’. (In questo contesto
si privilegia evidentemente il dato della riconoscibilità, ovvero della
identità, su quello della modificazione, ovvero della variazione e
del mutamento. Se si prescinde dalla riproduzione con mezzi tecnologici, peraltro,
anche una ripresa ‘letterale’ di A non dà mai luogo, nella
prassi esecutiva, a due unità assolutamente identiche). Sul principio
di contraddizione, invece, si fonda la forma binaria ottenuta per opposizione:
a una qualsiasi unità musicale identificabile, detta A, segue un’unità
musicale identificabile diversa da A, detta B. E’ in tal modo strutturata
la forma AB.
Dall’estensione del primo principio derivano la struttura
strofica (AAA ecc.), ma anche la struttura strofica
variata o la variazione su tema (AA1A2A3 ecc.). Il secondo origina la struttura
binaria propriamente detta, in cui le due sezioni A e B, distinte in base
alla differente connotazione armonica e tematica, sono in un rapporto tale
per cui la prima di esse - concludendosi in modo non definitivo e, nel contesto
tonale complessivo, imperfetto - presuppone la seconda quale integrazione
necessaria e compiuta: l’intero insieme può pertanto essere configurato
in un diagramma circolare. Sul piano esecutivo, è spesso prevista la
ripetizione di ciascuna delle due sezioni (v. tema
con variazioni).
Nella categoria delle forme binarie è compresa anche la struttura
AAB, ove la prima sezione è costituita dalla
ripetizione di A (ad es. la barform).
La struttura definita dalla musicologia anglosassone “simple
binary form” (diffusa sino al medio Settecento)
possiede caratteri di linearità, continuità, omogeneità
di stile. In essa le sezioni A e B paiono essere sostanzialmente irrelate,
eccettuate vaghe analogie tematiche; la sostanziale equivalenza delle loro
estensioni contribuisce a conferire coerenza ed equilibrio all’insieme.
In prospettiva storica, A e B tendono a stabilire gradi di relazione reciproca
progressivamente più intensi. Fenomeni di rima tra le parti iniziali
o finali delle sezioni stabiliscono infatti simmetrie formali. Conseguite
sul piano dell’elaborazione contrappuntistica o su quello delle citazioni
motivico-cadenzali, tali corrispondenze si palesano, nel corso del tempo,
in rapporti tonali e tematici definiti e ben organizzati. La relazione tra
A e B si esplicita spesso nel modo seguente (per cui si veda anche lo schema
proposto in calce): B inizia esponendo alla dominante la frase d’apertura
di A (talora elaborata contrappuntisticamente) e, dopo episodiche digressioni
modulanti, si conclude, sulla tonica. (Se invece A si conclude nella tonalità
relativa minore, B riprende al principio la tonalità d’impianto
per proseguire il proprio, più o meno lineare, itinerario tonale).
Su un analogo sistema di rime è costruita la cosiddetta “balances
binary form” che prevede, alla fine di B
e dunque in tonica, la riesposizione del materiale tematico con cui, alla
dominante, si era chiuso A. (Esempio preclaro sono le sono le sonate cembalistiche
di Domenico Scarlatti, ma la si rintraccia ancora, ad esempio, nel Minuetto
della Serenata KV 525 , Eine kleine Nachtmusik, di Mozart). Il principio della
rispondenza tematico-tonale è alla base anche dell’ultima delle
strutture binarie, definita “rounded binary
form” e talvolta ritenuta erroneamente una
forma ternaria: una o entrambe le unità tematiche di A vengono ripresentate
nella parte finale di B, inducendo così nell’ascoltatore l’impressione
di percepire una struttura tripartita (si veda ad esempio il tema della Sonata
in Re magg. K 284 di Mozart). La “rounded binary form” è
da ritenersi una sorta di anticipazione della forma-sonata.
Comune a tutte le strutture binarie delle quali si è trattato è
infine, sul piano storico, la tendenza all’estensione progressiva della
seconda sezione, nella misura in cui nella stessa trovano realizzazione le
esigenze di elaborazione e sperimentazione dei materiali musicali.
Nello schema: “Balanced binary form” o forma binaria con rime cadenzali: riesposizione del materiale tematico di A2 in B2; “Rounded binary form”: riesposizione del materiale tematico di A1 o di A1 + A2 in B2 (prefigurazione della forma-sonata)
Forma ternaria
Dalla combinazione delle due forme binarie elementari AA e
AB deriva la forma ternaria ABA, nella quale
l’unità B risulta essere interposta tra le due unità A.
(Se significativamente modificata, la ripetizione della sezione A viene indicata
più correttamente come A1). Basata sulla combinazione dei principi
di contraddizione e di identità, la forma ternaria rappresenta il percorso
simbolico che ha come meta il ritorno all’identico attraverso l’esplorazione
dell’alterità; essa, la più rilevante tra le forme musicali,
riesce a soddisfare al contempo le opposte esigenze estetiche di varietà
(per la sezione centrale contrastante) e di unità (per la cornice costituita
dalle due sezioni estreme). Per ciò che attiene all’aspetto tonale,
la prima sezione A si chiude generalmente sulla tonica (v. scala),
e in tal modo risulta essere nettamente separata dalla sezione successiva
B. In ciò la forma ternaria si distingue dalla binaria detta “rounded”,
di cui si è parlato poco sopra, nella quale A, concludendosi in una
tonalità relativa, in certo modo presuppone la presenza riequilibratrice
di B.
Coerentemente, per ovvia necessità funzionale, la sezione centrale
B presenta elementi di forte discontinuità rispetto ad A, alla quale
è strutturalmente opposta (ciò anche nei casi in cui siano verificabili
in B rimandi al materiale presentato in A); allo stesso tempo, B deve possedere
una fisionomia tonale adeguata alla ripresa di A (nel caso in cui B sia in
una tonalità lontana da quella di A, si rende necessario un segmento
di transizione tonale, cioè una modulazione (v. tonalità).
Basti pensare, per addurre alcuni esempi, alla strutturazione di taluni movimenti
di danza nelle suites di epoca barocca (data una coppia di movimenti di danza,
il primo viene ripetuto letteralmente dopo che il secondo è terminato)
o ancora – evidente retaggio di questa disposizione - alla successione
Minuetto-Trio-Minuetto usata dai compositori di epoca classica come movimento
interno nella ‘macrostruttura’ della sonata
(ad es., il Minuetto della Sonata in La magg. KV 331 di Mozart).
Ovviamente, il processo creativo spesso sottopone, in vari modi e in diversa misura, la forma ternaria a modificazioni, che possono riguardare diversi parametri (tematico, tonale, ecc.) e in certi casi alterare la stessa struttura formale complessiva: talora, il materiale musicale esposto in B può essere ripreso in fine, a mo’ di coda, dando luogo ad una struttura del tipo ABAB; talaltra, la mutazione ottenuta per iterazione di B e di A dà origine ad una configurazione ABABA, che pur essendo composta da cinque sezioni, rimanda inequivocabilmente al proprio nucleo ternario. Un’ulteriore estensione del principio ternario dà luogo infine alla forma del rondò, rappresentabile con lo schema ABACAD… (ove A, presente almeno tre volte, è elemento di riproposizione costante, mentre la combinazione delle ‘digressioni’, almeno due, può mutare).
Forme libere
La logica binaria e il principio di non contraddizione sono
alla base, come si è visto, dei processi generativi delle forme binarie
e ternarie (e del rondò). Essi sono parimenti a fondamento delle distinzioni
formali per le quali l’unità del brano musicale è progressivamente
suddivisibile sino alle sezioni minime, configurandosi nel suo insieme come
una struttura ordinata gerarchicamente e pertanto rappresentabile mediante
schemi piramidali (a ombrello o ad albero). Sui medesimi principi formali,
ma operanti a livelli diversi e relativamente a vari parametri, si incentrano
quindi anche tipi di organizzazione formali non riconducibili a schemi precisati:
sono le cosiddette forme libere.
La definizione ‘forma libera’, schematica e intrinsecamente antinomica,
comprende dunque categorie formali ad alto grado di indeterminatezza, la cui
instabile identità si fonda sulla persistenza, diacronica e sincronica,
di un numero minimo di qualità peculiari, non ultima la mera denominazione.
Tra queste possono annoverarsi il ricercare,
la toccata, la fantasia,
la rapsodia, ma anche il preludio,
l’improvviso, l’intermezzo,
la ballata ed altri ancora.
Altri principi formali
Accanto ai principi di organizzazione formale esaminati nei
paragrafi precedenti, la storia della composizione musicale annovera altre
possibilità, talvolta caratteristiche di determinate civiltà
musicali, talaltra vagliate da singoli compositori. Vediamone qualcuna più
da vicino.
E’ detta FORMA CICLICA quella nella quale
il materiale tematico presentato nella sezione iniziale di una composizione,
o di un movimento, viene ripreso nella sezione conclusiva; in senso lato,
la definizione si applica anche alle costruzioni formali nelle quali la riproposizione
del materiale tematico non avviene solo tra le sezioni estreme. Non sono molti,
in effetti, gli esempi della forma ciclica intesa nella sua accezione più
stretta: si annoverano tra questi la Sinfonia n. 31 in Re magg. di Haydn,
la Serenata in Re magg. op. 8 di Beethoven, la Sinfonia n. 3 in Fa magg. op.
90 di Brahms e la Sinfonia n. 2 in Mi bem. magg. op. 63 di Elgar. Tutt’altro
che rara è invece la forma, del pari definita ciclica, nella quale
uno stesso materiale tematico – non mere analogie – ricorre più
volte, anche rielaborato, creando rimandi tra sezioni o movimenti diversi
di una stessa opera: forma molto frequentata nella produzione strumentale
del primo Seicento, utilizzata nel repertorio vocale sacro settecentesco,
conosce grande fortuna nella musica dell’Ottocento, come mezzo col quale
ottenere la coesione strutturale in opere di notevole estensione ed articolate
in varie sezioni.
È detta FORMA AD ARCO la strutturazione
simmetrica di una composizione secondo la quale alcune o tutte le sezioni
costitutive sono disposte simmetricamente intorno ad un centro, che può
essere rappresentato anche da una delle sezioni, secondo il seguente schema
palindromo:
...D, C, B | A | B, C, D...
Le sezioni ripetute possono naturalmente non essere identiche, ma conservare
un grado sufficiente d’identità. Di tale forma, nella quale l’attrazione
centripeta induce la memoria dell’ascoltatore ad un insolito esercizio
tra progressione, retrogradazione e variazione, esistono esempi notevoli nella
produzione di Béla Bartók: i quartetti Quarto (1928) e Quinto
(1934), il Concerto per pianoforte n. 2 (1930-31) ed il Concerto per violino
n. 2 (1937-38). Costruiti su una struttura ad arco sono anche il celebre Adagio
per archi op. 11 (1936) di Samuel Barber e molte composizioni di Luigi Dallapiccola
(ad es. Cinque canti, Ulisse, Commiato).
Diverso è il caso delle forme costruite in base a rapporti numerici
complessi come, ad esempio, la sezione
aurea: ampiamente coltivate nell’ambito della civiltà musicale
franco-fiamminga, sono state fruttuosamente riconsiderate, nel Novecento,
in particolare ad opera di compositori quali Béla Bartók e Iannis
Xenaxis. (GMa)
Bibliografia di riferimento
Carl Dahlhaus, Form, in Darmstädter Beiträge zur Neuen Musik, X,
Mainz, 1966
Peter Spencer, Peter M Tenko, A Practical Approach to the Study of Form in
Music, Prentice-Hall, Englewood Cliffs, 1988
Nicolas Cook, Forma e sintassi, in Enciclopedia della musica, II, Il sapere
musicale, Torino, Einaudi, 2002, pp. 116-142
Si vedano inoltre le voci Numbers and music, Palindrome e Golden number in The new Grove Dictionary of Music and Musicians