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Toccata


La toccata, che deriva la propria denominazione dal verbo ‘toccare’, inteso nel senso di ‘suonare’, è una composizione normalmente a forma libera, destinata principalmente agli strumenti a tastiera, pressoché indipendente sia dai modelli della polifonia vocale che da quelli della musica per la danza. Spesso, come nel caso della fantasia, l’oscillazione semantica ha fatto sì che in molti casi il contenuto musicale di composizioni che ne recano il titolo in realtà non fosse quello proprio della toccata; e, viceversa, frequentemente taluni caratteri stilistici della toccata sono ravvisabili anche in altre forme musicali. Attestata nella destinazione per liuto a partire dai primi decenni del Cinquecento, alla fine del secolo la toccata possiede ormai una fisionomia distinta da quella di altre forme affini, quali, ad esempio, il preludio e il ricercare: quella concepita per organo presenta una condotta generalmente omoritimica, animata da rapide figurazioni, per lo più scalari, eseguite ora dalla mano destra ora dalla mano sinistra nei rispettivi ambiti; negli esempi più complessi, l’articolazione formale è scandita dall’alternanza tra episodi in stile imitativo (v. glossario) ed episodi di piano stile accordale. Già nel secondo decennio del secolo XVII, soprattutto grazie al fondamentale contributo apportato dalla toccata del compositore e organista Girolamo Frescobaldi (la cui prima edizione a stampa fu data fuori nel 1615), tale disposizione strutturale risulta essere trasformata ed intensificata mediante l’esaltazione del contrasto tra le sezioni formali costituenti, e l’introduzione di significativi elementi di transizione o di discontinuità, ben rilevati quanto al profilo ritmico.

Una certa organicità strutturale – ritmica in particolare – è invece propria della toccata elaborata da Jan Pieterszoon Sweelinck in Olanda già prima delle prove frescobaldiane, e, seppure con diverso atteggiamento, di quella del medio e del tardo Seicento italiano. Con la prima metà del secolo XVIII, e la figura di Alessandro Scarlatti, la toccata conosce un’altra trasformazione formale: essa, destinata al clavicembalo, si compone di cinque, sei o più sezioni, può contenere episodi nello stile recitativo ed adotta le soluzioni compositive tipiche del contrappunto imitativo e della variazione (v. tema con variazioni). La toccata bachiana invece, sebbene in qualche caso riveli un’ascendenza scarlattiana, si presenta normalmente come forma dal disegno ampio e ben delineato, comprendente uno o due movimenti fugati, ed animata da episodi minori, ritmicamente contrastanti.

Caduta in disuso sin dal tardo Settecento, la toccata presenta, negli esempi comunque annoverabili sino alla fine del secolo successivo, la consueta libertà formale e, in particolare, le estese e veloci figurazioni che, in ogni epoca, ne rappresentano forse l’elemento più peculiare; e analoghe sono le caratteristiche conservate da questa forma anche nel Novecento, epoca nella quale essa viene frequentata dai compositori quasi esclusivamente per le connotazioni estetiche di anacronismo e di arcaismo che ormai le sono proprie.

Notiamo in margine che è da distinguersi un’identica denominazione ‘toccata’, ma con accezione affatto diversa, derivante dall’antico francese (‘tucq’), ed indicante, dal XIV al XVIII secolo, negli ambiti militare e teatrale, prima un semplice segnale eseguito dalla tromba, poi anche una sorta di fanfara (celebre esempio italiano, la Toccata posta ad apertura dell’Orfeo monteverdiano, così detta per l’inserimento nelle parti di alto e di basso di una toccata monofonica per tromba, allora tradizionalmente in uso presso la corte mantovana). (GMa)

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