Scala
La scala musicale è definibile come un sistema di organizzazione dei
suoni sviluppato nel contesto teorico e/o nella pratica da ogni cultura musicale,
passata e presente. Inventare una scala significa scegliere un certo numero
di suoni e fissare le distanze tra di essi, cioè gli intervalli che
li separano. L’intervallo fra due suoni è alla base della formazione
delle scale musicali, cioè la successione di più suoni che, partendo da una
determinata altezza, ascende fino ad una altezza determinata (generalmente
all’ottava superiore) o discende fino ad una altezza determinata passando
da altezze intermedie, dette gradi. La scala
musicale a noi più familiare è quella dei sette suoni do-re-mi-fa-sol-la-si-do
(ottava successiva), detta diatonica, nei suoi due modi maggiore e minore.
Altre tradizioni musicali sono basate su scale pentafoniche, cioè formate
da cinque suoni, o esatoniche (di sei suoni) o formate secondo altre tipologie
di scelta di suoni. Con il superamento del sistema tonale nella musica colta
del Novecento sono state ampiamente utilizzate sia queste scale ’difettive’,
sia altre tipologie di scale musicali, appositamente elaborate.
La scala pitagorica e la scala naturale
L’esistenza delle scale musicali, almeno nella musica
occidentale, deriva in larga parte dalla struttura armonica dei suoni musicali,
rispetto ai quali l’intervallo di ottava
(v. intervallo) ha giocato un ruolo di
indubbia centralità. La necessità combinata di ricordare le melodie e di ricondurre
i suoni intermedi all’ottava a rapporti matematicamente esprimibili
ha fatto sì che fosse individuato un numero relativamente piccolo di gradi
nell’ambito della scala, corrispondenti a intervalli facilmente intonabili
e riconoscibili, in quanto basati sul fenomeno (allora ovviamente sconosciuto)
degli armonici (v. suono).
L’intervallo di quinta, pari ad un rapporto
di frequenze 2:3 (in senso ascendente) e corrispondente al terzo armonico
fu utilizzato per determinare matematicamente numerose scale musicali, ad
esempio quella pitagorica. I pitagorici, infatti, stabilirono attraverso rapporti
proporzionali basati sulle potenze dell’intervallo di quinta i valori
di ogni grado di una scala musicale, detta, appunto, pitagorica. Elevando
infatti a potenze successive il valore di questo intervallo e riportando il
valore ottenuto nell’ambito dell’ottava (in pratica, individuando
il quadrato, poi il cubo, poi le potenze successive di questo rapporto e dividendo
ogni valore per 1/2) si ottengono sette suoni
diversi, tutti inclusi nell’ottava e tutti matematicamente definiti.
Se, per esempio, partiamo dalla nota DO e procediamo di quinta in quinta,
la progressione matematica sarà la seguente:
1 = DO
2/3 = SOL, quinta di DO e quinto grado della scala
(2/3)2: 1/2 = 8/9 = RE, quinta di SOL e secondo grado della scala, corrispondente
all’intervallo di tono
(2/3)3: 1/2 = 16/27 = LA, quinta di RE e sesto grado della scala, etc. etc
La scala pitagorica fu oggetto d’interesse teorico, ma dal punto di
vista della pratica musicale fu di poca utilità. Altre scale di suoni riuscivano,
infatti, ad avvicinarsi meglio alla reale accordatura degli strumenti e alla
prassi musicale. In generale, non erano matematicamente determinate. I problemi
teorici legati all’impiego di questa scala derivano dal fatto che la
progressione delle quinte non si chiude esattamente su l’ottava della
nota di partenza. Anche molte scale musicali orientali e arabe sono basate
sulla progressione delle quinte e sempre tale successione è impiegata
per la formazione delle scale diatoniche maggiori e minori nella musica moderna,
secondo il procedimento detto circolo delle quinte,
esaminato più avanti. In questo procedimento il circolo ’si chiude’
poiché il sistema musicale di riferimento è quello della scala
temperata.
La scala pitagorica non fu la sola scala musicale utilizzata in occidente.
Fra quelle impiegate dai teorici occorre ricordare la scala
naturale, o dei rapporti semplici, elaborata dal pitagorico Archita
(+348 a.C.), ripresa dall’astronomo Tolomeo (+161 d.C.), ma perfezionata
dal teorico musicale Gioseffo Zarlino nel 1558. Si basa anch’essa su
un procedimento matematico e individua i valori di sette intervalli attraverso
rapporti proporzionali semplici, molti dei quali in comune con la scala pitagorica:
1/2 (ottava), 2/3 (quinta), 3/4 (quarta), 4/5 (terza maggiore), 5/6 (terza
minore), 3/5 (sesta maggiore), 5/8 (sesta minore), 8/9 (tono). Questa scala
rispondeva meglio alle esigenze della pratica musicale, per una migliore determinazione
delle terze e delle seste, ma risultava pur sempre disagevole nell’accordatura
degli strumenti a tastiera, poiché limitava le possibilità di
modulazione e trasposizione delle composizioni.
La scala musicale che oggi conosciamo e utilizziamo fu elaborata da Andrea Werckmeister alla fine del 1600 e fu utilizzata dai compositori a partire dal secolo successivo. J. Sebastian Bach impiegò sistematicamente la scala temperata nelle due raccolte Das wohltemperierte Klavier (Il clavicembalo ben temperato), composte la prima nel 1722 e la seconda nel 1744. Ciascuna raccolta contiene 24 preludi ed altrettante fughe in ognuna delle 24 tonalità nelle quali modula la scala temperata (v. tonalità). Questa scala musicale si basa su un principio di determinazione dei suoni completamente diverso da quello matematico sopra esaminato. La scala si suddivide infatti in 12 gradi progressivi, calcolati ripartendo l’ottava in dodici parti uguali, sulla base della radice dodicesima di 2. Ogni parte, o grado, si chiama semitono. Ogni semitono corrisponde a un aumento del 5,9% della frequenza del suono (radice dodicesima di due = 1.0594...). Dopo dodici semitoni si ha un raddoppio della frequenza: si è cioè saliti di un’ottava. La necessità di sviluppare questa scala derivò dai problemi tecnici legati alla possibilità di accordare gli strumenti musicali (in particolare gli strumenti a tastiera) coi parametri della scala naturale. Il problema fondamentale sulla possibilità pratica di utilizzare i valori della scala naturale per l’accordatura, infatti, verteva sulla possibilità di comporre ed eseguire la stessa musica su scale che partono da altezze differenti.
Il sistema della scala temperata si basa sulla divisione dell’ottava
in 12 suoni; essa è dunque un esempio di scala temperata
cromatica. Suonando in successione tutte e dodici le note della scala
cromatica, notiamo che la differenza in altezza fra ogni suono e il successivo
è sempre identica, e corrisponde sempre ad un semitono.
Suonando invece i soli tasti bianchi della tastiera eseguiamo una scala
eptatonica, cioè una successione di sette note (che chiamiamo do
re mi fa sol la si, più il do successivo, che è la nota ottava), la
quale è definita scala temperata diatonica.
I semitoni non compresi nella scala diatonica prendono il nome diesis
(simbolo #) se riferiti all’innalzamento
di 1 semitono del grado precedente, mentre assumono il nome bemolle
(simbolo b) se riferiti all’abbassamento
di 1 semitono della nota seguente.
Nessuno degli intervalli della scala temperata cromatica e diatonica è ’perfetto’,
cioè segue il rapporto matematico della scala naturale o di quella pitagorica,
ad eccezione dell’ottava, che resta nel rapporto doppio. Tutti gli intervalli
intermedi sono aggiustati - ’temperamento’ significa adattamento
- in modo tale che l’incremento in altezza sia sempre costante (come
già detto, equivale alla radice dodicesima di 2). In tal modo, mentre
i 12 gradi della scala cromatica temperata sono tutti ad intervallo di semitono
coi gradi contigui inferiore e superiore, nella scala diatonica temperata
si determina una successione di toni (1 tono
è pari a 2 semitoni) e semitoni. Osservando
la successione dei tasti bianchi della tastiera, notiamo infatti che un intervallo
di semitono è sempre nel mezzo ad ogni intervallo di tono, ed è
il tasto nero che si interpone fra essi. Nelle due occorrenze in cui il tasto
nero è assente, l’intervallo è già di semitono (mi/fa e si/do).
Grazie al sistema del temperamento la scala diatonica
è riproducibile a qualsiasi altezza vogliamo, partendo cioè da qualsiasi
grado della scala cromatica temperata. Tale struttura risulta quindi perfettamente
versatile nel consentire di trasporre la musica a qualsiasi altezza desiderata,
purché compresa nella scala cromatica dei suoni. La messa a punto della
scala temperata consentì dunque di arricchire enormemente il linguaggio musicale,
che poté contare su una vasta gamma di possibilità di modulazione e
di trasposizione. La trasformazione operata nel linguaggio, nella composizione,
nella cultura musicali dall’adozione del sistema di temperamento fu
di portata enorme.
La scala diatonica di modo maggiore
Con il sistema del temperamento equabile, come è stato osservato sopra, la scala diatonica eptafonica (di sette suoni) è esprimibile attraverso una successione stabilita di toni e semitoni. Guardando infatti la progressione nella tastiera sopra riprodotta, notiamo che fra do-re, re-mi, fa-sol, sol-la e la-si c’è la distanza di un tono (2 semitoni), mentre fra mi-fa e si-do c’è la distanza di un semitono. Questa successione, che può essere agevolmente riprodotta a qualsiasi altezza nella gamma dei 12 suoni, definisce la scala diatonica maggiore: tono, tono, semitono, tono, tono, tono, semitono.
Nell’esempio che segue sono costruite la scala diatonica
di do maggiore (la prima partendo dal basso)
e le scale diatoniche successive che si compongono per aggiunta progressiva
di una nota diesizzata, affinché sia rispettata la corretta successione
di toni e semitoni. Guardando lo schema, risulta evidente che la progressione
delle scale procede secondo intervalli di quinta ascendente:
la scala di sol maggiore (do-sol è un intervallo di quinta, v. intervallo)
prevede un diesis, la scala di re maggiore (sol-re è un intervallo
di quinta) prevede due diesis, la scala di la maggiore (re-la è intervallo
di quinta) prevede tre diesis e così via (per facilità di scrittura
su pentagramma, le note re della quinta sol-re, si della quinta mi-si, e do#
della quinta fa-do# sono state abbassate all’ottava inferiore):
successione dei gradi della scala -T-----T------S------T------T------T-----S-
successione dei gradi della scala ---T-----T------S------T------T------T-----S-
La sequenza di scale che è stata così costruita è un procedimento che permette, per aggiunta progressiva di un diesis, di definire 12 scale diatoniche seguendo la successione di quinta in quinta in senso ascendente (ricordo che solo per facilità di scrittura nello schema sono state abbassate alcune quinte ascendenti); lo stesso procedimento vale con l’aggiunta progressiva di un bemolle, ed in questo caso la stessa sequenza delle 12 scale è costruita secondo una successione di quinta in quinta discendente, secondo il seguente schema, noto come circolo delle quinte. Le 12 scale con i bemolli corrispondono per omofonia (nomi diversi delle note, ma identico suono) a quelle con i diesis:
Il circolo delle quinte chiarisce come sia possibile costruire
12 scale diatoniche maggiori, che cioè rispettano la successione T-T-S-T-T-T-S,
partendo da ciascuno dei 12 suoni della scala cromatica.
La scala diatonica di modo minore
La scala diatonica sopra definita nella successione graduale
tono-tono-semitono-tono-tono-tono-semitono non è l’unica tipologia
di scala diatonica impiegata nel contesto della musica occidentale. Un’altra
tipologia di scala, detta minore, prevede la
successione tono-semitono-tono-tono-semitono-tono-tono e fornisce nel contesto
del sistema tonale specifici e distintivi caratteri funzionali alle composizioni.
Storicamente, i due sistemi maggiore e minore derivano dal contesto della
modalità. Con l’affermarsi
della nuova sensibilità armonica, nel corso del Cinquecento, furono
infatti integrati altri quattro modi agli otto modi gregoriani: due di questi,
lo ionico e l’eolio, corrispondono alla successione di gradi dell’attuale
modo maggiore e modo minore. Le due scale, nello specifico, erano riferite
a due diversi contesti espressivi, essendo la maggiore reputata più
adatta a imprimere un carattere positivo e ’ottimista’ alla melodia,
mentre la minore avrebbe la ’qualità’ di imprimere sentimenti
di mestizia, dolore, struggimento, secondo un principio teorico emerso contestualmente
agli sviluppi del sistema tonale (v. melodia).
Ogni scala diatonica maggiore ha una relativa minore che si costruisce a partire
da una terza minore (1T+1S) sotto la tonica della maggiore. La successione
dei gradi della scala minore rispetta la sequenza: tono,
semitono, tono,
tono, semitono,
tono, tono. Prendiamo
come esempio la scala di la minore, relativa di do maggiore:
In conseguenza, la successione degli intervalli nella minore presenta una difformità rispetto alla scala maggiore nei gradi terzo (1T+1S=terza minore), sesto (4T=sesta minore) e settimo (5T=settima minore), mentre il secondo (1T), il quarto (2T+1S), il quinto (3T+1S) e naturalmente l’ottavo grado (6T) restano invariati:
Come si vede nella successione dei gradi della scala minore, che nella disposizione sopra definita si chiama naturale, il settimo grado si colloca ad un tono di distanza dalla tonica. Ciò rende inefficace la funzione di sensibile associata a quel grado, funzione necessaria affinché sia realizzato il procedimento della cadenza nella musica tonale (v. tonalità). Per ottemperare a tale scopo, è quindi impiegata la scala minore armonica, che innalza di 1 semitono il settimo grado. Questa scala è usata, come sottolinea il suo nome, in funzione armonica, cioè per costruire gli accordi ed in particolare quelli nei quali è presente la sensibile, mentre in funzione melodica ascendente è usata nelle tonalità minori soprattutto la scala minore melodica, nella quale anche il sesto grado è alterato: tale scala mantiene la funzione della sensibile, ma evita l’intervallo di 1 tono e mezzo dell’armonica, di effetto vagamente ’orientaleggiante’. Dalla scala minore armonica deriva la cosiddetta scala minore zingaresca, molto usata da Liszt, che prevede anche un innalzamento di semitono del quarto grado (nell’esempio che segue, riferito alla scala di la minore, è il re, che diviene re#). Nelle strutture melodiche discendenti la scala minore più frequentemente impiegata è però la scala naturale.
naturale melodica armonica
I gradi della scala diatonica e le loro funzioni
La successione di toni e semitoni che definisce la scala diatonica,
maggiore e minore, attribuisce una specifica funzione a ciascun suono della
scala stessa. Tali funzioni, nel contesto della musica tonale, determinano
la cosiddetta tensione lineare, cioè la
capacità di conferire direzione e senso alla linea melodica e all’intreccio
delle linee melodiche (tensione interlineare) nel contrappunto
(v. glossario), mentre gli
stessi gradi, impiegati nella formazione degli accordi
(v. tonalità) convergono
nella determinazione della cosiddetta tensione gravitazionale,
cioè la direzionalità logica e dinamica della musica tonale
nelle sue componenti melodiche e armoniche insieme. La giustificazione teorica
di tali caratteristiche e la loro corrispondenza alla fattualità della
musica e alla sua evoluzione storica è materia che qui non può
essere presa in esame. Ai fini della presente introduzione, è opportuno
però specificare almeno il nome di ciascun grado e la funzione dei
gradi principali:
tonica (I grado):
dà il nome alla scala e alla tonalità che su essa si costruisce.
E’ il punto di riferimento e di arrivo dell’organizzazione melodica
e armonica del brano;
sopratonica (II grado):
è a distanza di tono dalla tonica in entrambe le scale. La sua dissonanza
con la tonica e consonanza con la dominante (di cui costituisce il V grado)
rende questo grado fortemente dinamico in entrambe le modalità;
modale (III grado): essendo impiegato nell’accordo
di tonica ed essendo differente nei due modi maggiore e minore, è il
grado che definisce il modo della scala (da cui il nome);
sottodominante (IV grado):
è invariata nelle due modalità e l’accordo costruito su
di essa è determinante ai fini dell’affermazione della tonalità,
in quanto generalmente anticipa la cadenza;
dominante (V grado):
è la nota che caratterizza la scala al pari della tonica, essendo sommamente
consonante con essa ad (intervallo di quinta giusta) sia nelle scale minori
che maggiori. L’accordo che si costruisce sulla dominante convalida
la tonalità, in quanto implica il meccanismo della cadenza
(v. tonalità);
sopradominante (VI grado):
essendo differente nella scala di modo maggiore e minore, indica il modo nella
melodia e negli accordi che la contengono
sensibile (VII grado):
la sua funzione è legata all’affermazione della tonalità,
in quanto, essendo collocata a distanza di semitono dalla tonica superiore,
tende a risolvere su di essa. Il suo impiego è essenziale nella cadenza
in congiunzione con la dominante (nell’accordo di dominante) e con la
sottodominante (nell’accordo di settima). Tale funzione è specifica
della scala maggiore, mentre nella scala minore il settimo grado assume funzione
di sensibile solo grazie all’innalzamento di 1 semitono, come sopra
spiegato.
Scala esatonale,
pentatonica e scale difettive
A differenza delle scale maggiori-minori che conferiscono pesi e funzioni
diverse ai diversi gradi della scala, altre tipologie scalari tendono a dare
alle note la stessa importanza funzionale; per questo furono elaborate (sia
per invenzione, sia per adattamento da modelli di altre culture) e largamente
impiegate nella musica colta del Novecento. Una tipologia di scala musicale
costruita a partire dal sistema temperato è la scala
esatonale, basata sulla divisione dell’ottava in 6
toni interi. Molto usata, in particolare da Claude Debussy - “Voiles”,
ad esempio, dal Primo libro dei Preludes, ad eccezione di una breve sezione
pentatonica è interamente esatonale - e da Puccini, essa offre solo
due possibili combinazioni di suoni all’interno dell’ottava. Poiché
l’ottava, come ricordato, è di 12 semitoni, è possibile
infatti costruire solo due scale di 6 toni al suo interno:
do-re-mi-fa#-sol#la#-(do)
do#-re#-fa-sol-la-si-(do#)
Altra tipologia di scala è quella pentatonica
(o pentafonica), tipica di molte culture extraeuropee, ed impiegata nella
musica occidentale soprattutto per la sua sonorità ’esotica’.
La impiega ad esempio Puccini nella Turandot. La scala pentatonica si costruisce
rispettando la sequenza tono-tono-terza minore (1T+1S)-tono-terza
minore. Sulla tastiera del pianoforte, due esempi di scala pentatonica
sono la successione dei tasti neri partendo da fa# ed arrivando a re# e la
successione dei tasti bianchi da do a la escludendo il fa. Mancando di alcuni
gradi della scala diatonica, essa è un esempio di scala
difettiva:
Un altro esempio di scala musicale, anch’essa largamente impiegata nella musica del Novecento, soprattutto dai compositori russi, è quella ottatonica o ottofonica. Caratteristica della scala ottofonica è di essere costruita per alternanza di tono e semitono. Vi sono dunque due combinazioni possibili di scala ottofonica nel contesto di una ottava. La particolare successione alternata di toni e semitoni rende questa scala molto particolare per la presenza del tritono e delle terze minori. Ogni cinque note, da qualsiasi punto si parta, l’intervallo che si forma è infatti il tritono (la quarta eccedente), mentre ogni tre note l’intervallo che si forma è la terza minore (v. intervallo):
Fra i compositori più noti che hanno fatto uso della scala ottofonica ricordiamo Igor Stravinsky, ed un esempio eloquente è nel suo balletto Petroushka, dove l’intero secondo movimento (Chez Petroushka) è basato su una struttura ottofonica. (CP)