Libero Spirito
Movimento o ‘eresia’? Con «Libero
Spirito» gli storici indicano abitualmente quella che considerano
un’eresia, in quanto nelle sue forme estreme nel medioevo tale fu
considerata e perseguita, che si sviluppò in particolare nell’Europa
centrale (Francia del Nord, Paesi Bassi, Germania e Boemia) e spesso intrecciò
la propria vicenda a doppio filo con le vicende storiche di beghine
e begardi. È bene precisare immediatamente che il «Libero
Spirito» dovrebbe essere inteso, come del resto le ricerche di R.
Guarnieri hanno mostrato, come un :«’movimento’, il
quale a sua volta congloba diversi ‘movimenti’minori…».
Il movimento del Libero Spirito, il cui testo capitale sarebbe il Miroir
des simples âmes di Margherita
Porete, «come fondo dottrinale e come tono, vivo tono e quasi
parlato (Guarnieri)», è sempre caduto nella considerazione
degli storici nell’ambito delle eresie, sebbene Grundmann lo leghi
strettamente alla storia dei movimenti religiosi femminili, sottolineando
anche come l’eresia sia spesso ritornata nell’ambito dell’ortodossia
laddove abbia ricevuto il «sostegno» di una Regola. Fin dal
medioevo personaggi di grande rilievo come Alberto
Magno hanno combattuto il movimento come setta eretica: in particolare
il magister domenicano lo ha giudicato e condannato in due opere distinte
e a distanza di uno o due o addirittura tre decenni: una prima volta nel
1250, nel Manuale, ormai perduto, in cui, a detta di Giovanni Nider (Formicarius),
1380-1438, Alberto avrebbe riferito particolari orribili su questo gruppo
di begardi eretici; una seconda volta in una famosa opera scritta con
buona probabilità dal magister, la Determinatio de novo spiritu,
da far risalire al ventennio 1260-1280, in cui sono elencate novantasette
proposizioni eretiche, introdotte nel 1270 ca. nel Ries da due uomini
(forse due catari) vestiti di rosso che vagavano predicando alla gente.
Non sappiamo il nome esatto dell’eresia, ma i codici concordano
nell’indicarla come un «novus spiritus» che richiama
subito alla nostra mente, come fa notare R. Guarnieri, non soltanto lo
Spirito Nuovo di ascendenza gioachimita
e spirituale, ma anche la «nova filosofia»
di Jacopone da Todi (1230-1236 ca.-1306), il «novus amor»
di Hadewych (m. ca. 1240), beghina mistica e poetessa, la «vita
nova» di Dante (1265-1321). A proposito di Jacopone è bene
forse ricordare almeno una laude i cui temi lo legano strettamente ad
un tempo a tematiche proprie della mistica speculativa,
e più strettamente poretiane, e del movimento del Libero Spirito,
specialmente nell’idea di povertà di Spirito che sarà
principalmente sviluppata da Eckhart:
«Vive amor senza affetto / e saper senza intelletto […] Povertate
è nulla avere / e nulla cosa puoi volere, / e onne cosa possedere
/ en spirito de libertate». Altra importantissima voce che in ambito
filosofico-teologico si scaglia contro il Libero Spirito, almeno stando
alla testimonianza che di questo fatto dà Guglielmo di Tocco nella
Vita, è quella di Tommaso
d’Aquino, che, come si legge nel capitolo XX dell’opera
di Guglielmo, significativamente intitolata «De errore novi spiritus
libertatis et tertii status mundi», avrebbe distrutto questa eresia
in cui vengono comprese tre cose apparentemente diverse: novus spiritus
era il nome della setta individuata da Alberto Magno; spiritus libertatis
era il nome della setta corrente in Italia (lo «spirito de libertate»
jacoponeo) e poi utilizzato nel Concilio di Vienne; tertius status infine
è lo stato vaticinato da Gioacchino prima e dagli Spirituali poi.
Origine, sviluppi e
dottrine. Il contenuto dottrinale del
Libero Spirito è purtroppo incerto e
ravvisabile via via negli esempi che saranno
elencati: di certo punti fermi che possono essere
enucleati sono quelli del vagheggiamento di
uno stato adamitico, della certezza della deificatio
che è uno dei motivi propri anche dei
mistici, la fiducia nella visio
facialis in vita, la convinzione che l’uomo
deificato, novus, possa compiere qualunque azione
senza incorrere nel peccato. Prima di qualsiasi
altra origine deve essere esaminata in primo
luogo una certa affinità con tematiche
paoline, ad esempio con quella del passo più
citato «ubi Spiritus Domini, ibi libertas»
(II Cor. 3.17), che sono sviluppate in ambito
della mistica cisterciense e principalmente
nell’Epistola aurea di Guglielmo
di Saint-Thierry, nell’idea di libertas
spiritus, declinata da Gioacchino verso l’attesa
dell’avvento del terzo stato. Le origini
del movimento seguono quelle correnti che sembrano
essere poi conglobate e che si può per
utilità cercare di elencare in questo
modo:
1) Gli «apostolici» di Tanchelino
(m. 1115) e Manasses in Fiandra, nel Brabante
e nei Paesi Bassi; gli apostolici di Arnold
giunti dalle Fiandre a Colonia, cui forse è
da riferirsi la dura lettera di Ildegarda
di Bingen (PL 197, 232), che forse sono
storicamente i veri antecessori del Libero Spirito.
2) I Catari [movimento
settario diffuso in Europa centrale tra il sec.
XI e XIII, di origine manichea, che si diffuse
soprattutto nella Francia meridionale nella
zona di Tolosa e Albi, da cui il nome di albigesi,
che furono sterminati con una Crociata] che
molto somigliano ai seguaci del Libero Spirito,
tanto è vero che van Mierlo, Mc Donnell
e il Cohn, riferendosi ai seguaci del Libero
Spirito parlano di «Catari del Nord»;
Grundmann confuta tale idea ribadendo il profondo
monismo del Libero Spirito che mal si accorda
al rigoroso dualismo del Catarismo; R. Guarnieri
è invece propensa a riconoscere l’influenza
del Catarismo sul Libero Spirito, affermando
anche che gli scritti della letteratura catara
che per la maggior parte non ci sono pervenuti
avrebbero raccolto e veicolato le dottrine della
deificatio della teologia d’oriente che
sarebbero provenuti ai Catari dai bogomili balcanici
di cui si parlerà in seguito.
3) Gli Amalriciani, i seguaci di Amalrico
di Béne, condannati a Parigi nel
1212, in cui è ravvisabile una impostazione
panteistica che sarà poi uno dei motivi
di condanna del Libero Spirito, in buona parte
derivanti dalla rilettura della filosofia di
Giovanni
Scoto Eriugena, e in particolare la dottrina
dell’impossibilità del peccato
e in ultima istanza dell’infallibilità
dell’uomo che si fa parte di Cristo.
4) Gli Spirituali,
come ormai sembra piuttosto chiaro, con le tematiche
di povertà e attesa escatologica, che
con i seguaci del Libero Spirito, furono gli
eredi del movimento apostolico e pauperistico
sorto intorno all’anno Mille.
5) La setta dei «nuwen» o «nuovi»,
ad Anversa tra fine del XIII e i primi del XIV
sec., capeggiata da Hadewych e che sembra avere
molti punti di contatto con quell’eresia
del Ries «de novo spiritu» condannata
da Alberto e in cui era predominante la stessa
tematica della novitas dello Spirito che rende
liberi (Rom. 7.6).
6) I Guglielmiti, processati a Milano nel 1300-1302,
che veneravano la loro fondatrice Guglielmina
la Boema, morta nel 1282, come vera incarnazione
dello Spirito Santo, di cui attendevano la resurrezione
nell’ambito della chiesa da loro istituita
con gerarchia femminile e riti propri. Tale
movimento, esemplare per la propria radicalità,
non ebbe tuttavia una diffusione in ambito extra-locale.
Maggiore diffusione ebbe invece il movimento
del Segarelli e degli Apostolici, diffusosi
da Parma e ivi sorto nel 1260.
7) Le beghine e i begardi, o per meglio dire
le loro convinzioni dottrinali, che passano
sotto il nome di begardismo, furono fin dalle
origini appaiate a quelle degli appartenenti
al Libero Spirito. Fra beghine e begardi ci
fu il maggior numero di vittime: probabilmente
nel 1236, nella diocesi di Cambrai, fu arsa,
con l’accusa di professare dottrine panteistiche
e spiritualiste di ascendenza amalriciana, la
vecchia Aleydis con una ventina di compagni,
che sarebbe da identificare con la beghina Aleydis,
uccisa per il suo giusto amore ed inserita da
Hadewych nell’elenco dei perfetti (107
in tutti) giunti alla visio facialis di Dio.
Altra vittima illustre è senza dubbio
Margherita Porete, arsa sul rogo a Parigi nel
1310.
8) L’apporto arabo ravvisabile principalmente
nell’influenza dei sufi sul Libero Spirito.
Ad esempio la «pazzia» di Jacopone,
cosa che ha in comune con i sufi più
radicali. Sono molti e innegabili i punti di
contatto fra sufi e appartenenti al Libero Spirito,
principalmente nella veste di beghine e begardi.
Preme qui ricordare, al di là di un comportamento
per molti versi analogo, il nucleo dottrinale
importante che sembrano condividere i due movimenti:
il fine ultimo è una contemplazione ininterrotta
dell’essenza di Dio, come è possibile
riscontrare in Al-Ghazali;
il disprezzo ostentato nei confronti della conoscenza
razionale e discorsiva e per la scienza libresca;
il disprezzo nei confronti delle opere di cui
Dio non ha alcun bisogno, cosa che condusse
alcuni ad un libertinaggio senza freno; una
certa tendenza al canto, al ballo delle composizioni
fatte per la divinità; il carattere itinerante
dei due movimenti i cui componenti erano abituati
a riunirsi in confraternite che si legavano
ad un «maestro» e in cui assumeva
un carattere mistico la questua.
9) Abbiamo già detto dei Bogomili, cui
bisogna aggiungere i Pauliciani, rappresentanti
del monachesimo bizantino. Accanto a loro va
ricordato il movimento esicasta, che una certa
fortuna conobbe in ambito spirituale. Di questi
«pazzi per Cristo» caso emblematico
e misterioso quello di Costante, nominato da
Hadewych nell’elenco dei perfetti, che
visse per sessanta anni camminando carponi tutto
nudo e ricevette la consolazione della Trinità.
L’ascesi estrema dei mistici orientali
era appunto fautrice dell’abbassamento
dell’uomo fino alla natura dell’animale.
10) L’influenza sulla mistica speculativa
di gnosticismo e neoplatonismo, principalmente
mediato dalla scuola alessandrina, ad esempio
da Evagrio Pontico, Gregorio di Nissa, Dionigi
e Massimo il Confessore. Accanto a questa tradizione
occidentale non è da emarginare la grande
mistica ebraica: ad esempio l’idea della
semplicità divina propria di s
e idea cardine della Dux perpexlorum, che sembra
essere quasi sicuramente una delle fonti di
Eckhart.
La reazione ecclesiastica.
Tra i documenti delle autorità sono importanti
queste tappe fondamentali:
1) Nel primo Concilio di Lione (1245) il vescovo
di Olmütz avverte contro una setta di agitatori
vaganti, che si vestono e comportano come religiosi
ma che si scagliano contro le autorità
ecclesiastiche dicendo che Dio deve essere servito
nell’assoluta libertà.
2) Decreto del Sinodo di Fritzlar (1258) contro
i begardi vaganti.
3) Sinodo di Treviri (1277) in cui si lamenta
che begardi seminino errori tra il popolo.
4) Onorio IV (1286) mette in guardia contro
gli apostolici.
5) Concilio Nazionale di Würzburg (1287)
in cui si diffidano gli apostolici vagantes
dal proseguire nella loro condotta.
6) Niccolò IV rinnova la condanna di
Onorio IV.
7) Bonifacio VIII rinnova la condanna (1296)
contro una setta da lui considerata eretica
di cui non riferisce né il nome né
l’ubicazione (forse perché diffusa
in più luoghi e con più nomi?)
ma di cui descrive le pratiche: ad esempio quella
del consolament, cioè conferire alla
maniera catara lo Spirito Santo per imposizione
delle mani, andare in giro tutti nudi ecc. Cioè
quelle pratiche adamitiche (indubitabilmente
quella della nudità) che sempre erano
presenti tra le accuse mosse ai seguaci del
Libero Spirito.
8) Treviri (1310): il concilio sinodale disapprova
usi e costumi di begardi.
9) Concilio di Vienne (1311-1312): condanna
dei begardi viventi in regno Alemanniae. Molti
degli articoli di condanna del Concilio di Vienne
sembrano essere stati estrapolati dalla condanna
di Margherita Porete (1310). Sicuramente questa
sembra essere la condanna definitiva del Libero
Spirito e anche uno dei punti di maggior rilievo
per la sua identificazione con il begardismo:
dopo appena un secolo Bernardino da Siena arriverà
ad identificare l’eresia italiana de spiritu
libertatis come aderente alle dottrine espresse
nel De anima simplici (cioè il Miroir)
e con l’eresia condannata a Vienne. Con
questo il cerchio sembra chiudersi. Niente però
ci deve impedire di pensare principalmente al
valore di movimento del Libero Spirito, anziché
alla sua storia di eresia, che come tale ha
influenzato importanti tappe della mistica europea
e della spiritualità occidentale. (EC)
Bibliografia
Cohn, N. The Pursuit of the Millennium. A History
of Popular Religious and Social Movements in
Europe, from the Eleventh to the Sixteenth Century,
London 1957
Grundmann, H. Movimenti religiosi nel Medioevo
Bologna Il Mulino 1970. Il capitolo L’eresia
del Libero Spirito nel movimento religioso del
XIII secolo è alle pp. 303-372.
Guarnieri, R. Frères du Libre Esprit
in Dictionnaire de spiritualité XXXVII-XXXVIII
(1964), coll. 1241-68.
Guarnieri, R. Il movimento del Libero Spirito.
Testi e documenti in «Archivio Italiano
per la Storia della Pietà» IV,
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 1965,
pp. 350-708.
Mc Donnel, W. The Beguines and Beghards in Mediaeval
Culture, with Special Emphasis on the Belgian
Scene, New Jersey, N. Brunswick 1954.
Mierlo, J. van Béguins, beguines, béguinages
in Dictionnaire de spiritualité V, coll.
1341-52.
David J. Viera - Jordi Piqué-Angordans
Eiximenis, Fra Dolcino and the «Malvat
hom» «Antonianum» 76 (2001)
729-46.
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