Linea dorata

Catarismo

Cenni storici. Fra l’XI e il XIII secolo si diffusero in tutta l’Europa centro-meridionale dottrine dualiste che, nate probabilmente da un’interpretazione radicale di alcuni passi evangelici, fra cui il Prologo del Vangelo di Giovanni (‘sine ipso factum est nihil’ -nulla è stato fatto senza di lui- poteva essere interpretato identificando il cosmo materiale con la negatività di ciò che è stato fatto al di fuori del volere divino) furono sicuramente rafforzate dal contatto con la forma di manicheismo sopravvissuta nelle regioni orientali (i Bogomili in Bulgaria). Il dualismo manicheo, che postulava due princìpi all’origine del mondo sostenendo di conseguenza la sostanzialità del male e la limitazione dell’onnipotenza divina, era stato combattuto duramente, dopo un’iniziale adesione, da Sant’Agostino e, insieme alle dottrine gnostiche, classificato come eresia. Col nome di Catarismo il dualismo si diffuse nel mondo latino: in forma organizzata e manifesta nella regione occitanica, dove si legò alla cultura cortese, e nel Nord Italia, collegandosi a movimenti spirituali e pauperistici (Patarini e Valdesi) vigorosi nelle nuove realtà comunali; in forme più segrete nella regione renana e fiamminga, dove divenne ben presto oggetto di persecuzione, con modalità analoghe a quelle delle persecuzioni antisemite. Anche nel sud della Francia, tuttavia, il Catarismo finì per essere aspramente combattutto e sconfitto nella cosiddetta ‘crociata contro gli Albigesi’(dalla città di Albi, centro vitale della cultura catara) iniziata nel 1209, che si concluse con la presa di Tolosa nel 1228 e il concilio tenuto nella stessa città nel 1229: nella predicazione contro l’eresia catara si era mobilitato Domenico di Guzman, il fondatore dei domenicani. Alla sconfitta militare seguì una durissima persecuzione che si concluse nel 1244 con l’espugnazione dell’ultimo rifugio dei perfetti catari sopravvissuti, il castello-fortezza di Montségur, col rogo per i seguaci della ‘eresia’ e con la distruzione quasi totale dei libri in cui erano esposte le dottrine e la liturgia catara. Ciò nonostante, la presenza di temi anti-catari è avvertibile negli scritti di diversi teologi scolastici, da cui intuiamo che l’inquietudine nei confronti di questa forma alternativa di cristianesimo perdurò a lungo; ancora nel XIV secolo, la sopravvivenza di credenze catare è attestata nella regione pirenaica (Montaillou).

Dottrine. Per ricostruire le dottrine catare abbiamo, oltre alle scarne testimonianze originali (in particolare il Liber de duobus principiis e il Rituale Cataro), scritti apocrifi (Interrogatio Iohannis, La visione d’Isaia) e molti scritti polemici, fra cui le pagine di un teologo scolastico vissuto nella prima metà del Duecento, Guglielmo d’Alvernia. Nel De universo egli espone i princìpi del manicheismo sottoponendoli ad una critica serrata <testo 1>; egli mostra che secondo i Catari dal duplice principio originario discende, attraverso una doppia creazione (quella del Bene ad opera di Dio, e quella del Male) la duplicità di tutto il reale, che si sdoppia nel ‘regno della luce’ e nel ‘regno delle tenebre’, fra i quali esiste un eterno stato di conflitto; nell’uomo la duplicità si esprime in una concezione fortemente dualista, secondo cui l’anima è rinchiusa nella prigione del corpo. Guglielmo sembra rispondere a una elaborazione filosofica delle dottrine catare che avrebbe avuto luogo nei primi decenni del XIII secolo, ove la creazione buona è quella delle cose invisibili e incorruttibili, la creazione malefica quella del mondo dei corpi e degli elementi, in cui si è introdotta la separazione. Nel secolo precedente una posizione decisamente anti-catara era stata assunta da Ildegarda di Bingen, che tuttavia ammetteva essa stessa un dualismo radicale per molti aspetti affine a quello cataro, leggendone la matrice nel peccato originale e il principio di soluzione nel fatto che l’uomo, immagine di Dio per la razionalità, essendo limitato dal corpo non può inorgoglirsi come Satana e anzi lo combatte con la rationalitas stessa. Per i catari, al contrario, il corpo non ha nessun ruolo nella salvezza e anzi, essendo creato dal principio delle tenebre, dev’essere sostanzialmente ignorato: non vincolavano dunque i comportamenti istintivi del corpo a regole morali (cosa che gli avversari consideravano pura e semplice immoralità); ma i ‘perfetti’, coloro che raggiungevano in vita la condizione di purificazione necessaria per ricevere il consolamentum) praticavano condizioni di vita ascetiche, comprendenti il vegetarianesimo e l’astensione dai rapporti sessuali; alcuni arrivavano alla morte attraverso l’endura, pratica estrema di astensione dal cibo. La liberazione dal corpo che il consolamentum o battesimo cataro produceva come stato definitivo era accessibile anche alle donne, che perdevano così lo statuto di debolezza proprio del sesso femminile secondo la concezione corrente e, come le martiri della prima età cristiana, raggiungendo il grado di perfetta potevano ‘farsi uomo’. Le dottrine catare includevano il rifiuto dei sacramenti e dell’inferno, la negazione che Cristo si fosse incarnato in un corpo reale (per cui furono accusati di far rivivere l’arianesimo), il rifiuto della proprietà privata e della guerra. Dal Rituale Cataro sappiamo che l’unica preghiera che i Catari accoglievano dalla tradizione cristiana, il Padre Nostro (Padre nostro ‘che sei nei cieli’), veniva interpretato come un’esplicita affermazione della differenza rispetto al ‘Padre del diavolo’, origine prima del male. (MP)

Bibliografia

Testi
Liber de duobus principiis, ed. A. Dondaine, Roma 1939; con tr. francese, Livre des deux principes, ed. Christine Touzellier, Ed. du Cerf, Paris 1973
Rituel Cathare, ed. C. Touzellier, Ed. du Cerf., Paris 1977

Studi
R. Manselli, L’eresia del male, Morano, Napoli 1963
R. Nelli, La philosophie du catharisme: le dualisme radical au XIIIe siècle, Payot, Paris 1978
E. LeRoi Ladurie, Storia di un paese: Montaillou. Un villaggio occitanico durante l’Inquisizione, tr.it. Rizzoli, Milano 1977
J. Duvernoy, La religion et l’histoire des Cathares, Privat, Paris 1986

 

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