Cosmologie emanatistiche
La catena delle cause.
L’idea metafisica di una concatenazione
rigorosa di principi che possano spiegare il
passaggio dall’Uno (principio della realtà
secondo Plotino, e prima ancora nel Parmenide
di Platone) alla molteplicità del mondo
dell’esperienza era stata sviluppata nella
filosofia tardo-antica da Proclo, che nei suoi
Elementi di teologia aveva distinto quattro
ordini di realtà, ciascuno dei quali
è fondante per il successivo: l’Uno,
l’Intelletto, l’Anima e la Natura
corporea, la cui concatenazione è definita
dal termine di ‘emanazione’. La
filosofia procliana, i cui echi si avvertono
nella concezione dello pseudo-Dionigi
riguardo al rapporto fra energie divine e mondo
delle creature, era stata, nella civiltà
bizantina, il fondamento dell’interpretazione
neoplatonica di Aristotele e aveva consentito
l’innesto di influssi orientali nel pensiero
di autori come Michele
Psello e Isacco Sebastocratore (XII sec.);
fra i primi filosofi islamici, nel circolo raccolto
attorno ad al-Kindi,
sui testi procliani e plotiniani si era ampiamente
lavorato ricavandone, attraverso compendi e
compilazioni, testi fondamentali per l’insegnamento
filosofico, che vennero in seguito tradotti
in latino con l’attribuzione ad Aristotele:
il Liber de causis e la Theologia Aristotelis.
Il Liber de causis procedeva per aforismi, estratti
per lo più da Proclo (alcuni da Plotino),
seguiti da un commento in genere piuttosto breve
elaborato nel circolo di al-Kindi. L’Uno
procliano era stato trasformato nella Causa
prima, che produce l’essere, e dalla quale
procedono le cause successive che danno all’essere
forme successive: intelletto, anima, natura
(mondo dei corpi).<testo1> Come i bizantini,
anche i filosofi arabi conobbero inoltre idee
di provenienza orientale sull’origine
della realtà, veicolate da testi come
il Libro dei segreti della creazione, attribuito
a Balinus che era considerato un discepolo di
Ermete Trismegisto.
In questo testo il processo di produzione della
realtà ad opera di un Dio, la cui trascendenza
rimaneva assoluta, veniva descritto in termini
paragonabili a quelli dell’emanazione
procliana: Dio produce il verbo, il verbo produce
l’azione, l’azione produce (o si
esprime come) le due coppie inscindibilmente
connesse di movimento/quiete, calore/freddo,
da cui deriva il mondo materiale attraverso
le dinamiche degli elementi.
Emanazione e creazione.
Il processo d’emanazione classico garantiva
la possibilità di fondare una visione
scientifica della natura, presentando tuttavia
un rischio notevole dal punto di vista di pensatori
che appartenevano a religioni monoteiste creazioniste:
quello di introdurre un forte determinismo non
solo per quanto riguardava il mondo dell’uomo
ma, problema assai più grave, nei confronti
della stessa azione del Dio creatore. La riflessione
più ampia sul rapporto fra emanazione
e creazione si deve ad Avicenna,
che affrontò la questione nel quarto
capitolo del IX libro della sua Metafisica <testo
2 – traduzione recente Metafisica controllare>,
che costituì l’esposizione classica
della dottrina della creazione per emanazione
per tutto il Medioevo. La scienza dell’Essere
necessario è la causa necessitante dell’essenza
delle cose, e l’emanazione non implica
alcun mutamento in questo essere. Analoga concezione
si ritrova in autori ebrei come Isacco Israeli,
che nel Libro delle definizioni utilizza la
metafora della luce con l’ombra ad essa
connessa per descrivere il passaggio dalle sostanze
spirituali ai loro derivati, e in Ibn
Gabirol (Avicebron per i latini) che sostiene
che le essenze delle sostanze superiori non
diminuiscono nel produrre le sostanze inferiori,
perché queste non derivano da quelle
come un’essenza da un’altra, ma
come la forza da ciò che è forte.
Il fluire dell’essere.
Nel mondo cristiano la dottrina della derivazione
dei molti dall’uno trovava un precedente
autorevole nell’opera dello Pseudo-Dionigi,
che nel trattato Sui nomi divini aveva mostrato
come Dio si moltiplichi senza cessare di essere
uno <testo De divinis nominibus IV, 4, 697c>,
e nella concezione della realtà di Giovanni
Scoto Eriugena. Ma lo sviluppo di una vera
e propria dottrina emanatistica cristiana si
ebbe nel XIII secolo, sulla base di un’interpretazione
delle sostanze separate della metafisica
aristotelica che si appoggiava su quella di
Avicenna e che si riteneva coerentemente aristotelica,
perché il Liber de causis era considerato
opera dello stesso Aristotele e inserito nel
curriculum universitario subito di seguito alla
lettura della Metafisica; posizione che mantenne
anche dopo che la traduzione degli Elementi
di teologia di Proclo venne effettuata da Guglielmo
di Moerbeke nel 1264 (col titolo di Elementatio
theologica), permettendo così di riconoscere
che il Liber de causis era essenzialmente una
compilazione dell’opera procliana. Fra
i primi autori cristiani che ripresero la tematica
emanatistica dal neoplatonismo arabo vi fu Roberto
Grossatesta, che nel De luce operò
una sintesi fra la cosmogonia del Genesi e le
dottrine cosmologiche aristoteliche, elaborando
attraverso il tema della luce un’idea
di continuità fra il piano teologico-metafisico
e quello fisico, ove tuttavia la trascendenza
divina rimane assolutamente impenetrabile al
discorso filosofico e il processo di diffusione
avviene a partire dalla luce
creata, lux, attraverso il lumen di cui partecipano
i corpi celesti e quelli elementari, fino alla
virtus che in essi opera come causalità
naturale. Il primo vero emanatismo cristiano
si deve però ad Alberto
Magno, che commentò il Liber de causis,
secondo il suo stile parafrastico articolato
e ricco di digressioni, nel De causis et processu
univerisitatis (Cause e derivazione di tutta
la realtà), distinguendo quattro livelli
di realtà: Causa prima, Intelligentia,
Anima nobilis, Natura; e descrivendo la creazione
in termini di fluire (fluxus) da “un primo
principio che emana senza venire mai meno (primum
principium indeficienter fluens), ed è
un intelletto universalmente attivo che emette
incessantemente atti intellettuali”. Dalla
riflessione del primo intelletto rispetto a
ciò che lo ha prodotto, a se stesso e
a ciò che esso stesso ha in potenza di
produrre, deriva la prima anima del cielo, che
con analogo movimento riflessivo produce la
seconda e così via, discendendo fino
all’ultima intelligenza che produce la
realtà naturale. Le anime
dei cieli, cui la metafisica aristotelica
assegnava il compito di motori dei cieli stessi,
venivano identificate con gli angeli dai teologi
cristiani; leggendole nei termini dell’emanazione,
Alberto le svincola da questa identificazione,
liberando la filosofia dalla strettissima connessione
con la teologia su un punto essenziale per la
concezione di un ordine naturale immutabile,
capace di garantire una scienza libera dall’ipoteca
del miracolo. Il mondo
celeste diviene così lo snodo centrale
di una natura dal funzionamento regolare e prevedibile,
in un universo di cause fra loro concatenate,
indicate da Alberto con il termine di origine
stoica ‘fato’ (o ymarmene), che
egli poteva leggere nell’Asclepius.
Il Liber de causis, commentato dai maggiori
filosofi scolastici (fra cui spiccano Tommaso
d’Aquino e Sigieri
di Brabante), rimase il luogo privilegiato
della riflessione sul tema del rapporto fra
la prima causa e il mondo creato, e l’aristotelismo
continuò ad essere confrontato con categorie
neoplatoniche e in misura variabile interpretato
attraverso queste; al Liber de causis e a Proclo
fa esplicito riferimento Teodorico
di Friberg nel De animatione caeli e nella
prima parte del De intellectu et intellecto.
Solo ben addentro il XIV secolo un altro autore
tedesco, Bertoldo
di Moosburg, commentando direttamente il
testo della Elementatio theologica di Proclo,
propone una lettura autonomamente neoplatonica
del processo emanatistico. (MP)
Bibliografia
F. Brunner, Création et émanation.
Fragment de philosophie comparée (1973);
Création et émanation (1984);
Les Métaphores de l’émanation
sont-elles ornementales ou nécessaires?
(1983), in Métaphysique d’Ibn Gabirol
et de la tradition platonicienne, Ashgat –
Variorum, Aldershot 1997
C. D’Ancona Costa, Récherches sur
le Liber de causis, Vrin, Paris
C. D’Ancona Costa, Introduzione al Commento
di Tommaso d’Aquino al Liber de causis,
Rusconi, Milano 1994
L. Sturlese, Storia della filosofia tedesca
nel medioevo. Il secolo XIII, Oslchki, Firenze
1996, capp. 3 e 6.
P. Travaglia, Una cosmologia ermetica. Il Kitab
sirr al-haliqa / De secretis naturae, Liguori
Editore, Napoli 2001
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