Linea dorata

Teologia negativa

Origini e primi sviluppi della via negationis. La teologia negativa, o apofatica, prende il suo nome dalla coppia di termini (apofatico – catafatico) adottata da Aristotele nella logica, indicanti, rispettivamente, la negazione (apofatico) e l’affermazione (catafatico), nell’ambito del discorso enunciativo. La teologia apofatica è il modo di pensare Dio e di parlarne per viam negationis: Dio si pone al di là di ogni cosa creata e per questo nessuna definizione può essere adeguata alla Divinità. Il momento della negazione nella conoscenza e nel discorso su Dio è dunque l’apofasi. La teologia apofatica è l’affermazione dell’impossibilità di poter dire alcunché di positivo rispetto a Dio: è la via per eccellenza del percorso mistico, è la via attraverso la quale si giunge alla liberazione di tutti i contenuti determinati. La teologia negativa risale alla tradizione neoplatonica: l’Uno, per i Neoplatonici, è il principio, l’ipostasi, e può essere conosciuto solo per viam negationis. Fra i Neoplatonici possiamo ricordare senza dubbio Plotino e Proclo, che probabilmente è stato il modello più importante di Dionigi l’Areopagita, anche se sembra possibile ipotizzare che egli propenda unicamente per la via negativa e che la tradizione cristiana abbia invece accolto la dottrina dionisiana. Il Commentarium in Parmenidem di Proclo (diffuso in Occidente grazie alla traduzione di Guglielmo di Moerbeke, ca. 1260) è molto importante perché segue da vicino la riflessione di Platone sul Primo Principio, che segue la via dell’analogia nella Repubblica e quella della negazione nel Parmenide.

La via negationis in Dionigi. Nonostante la formula 'teologia apofatica' non ricorra che una sola volta nell’opera dionisiana, e apophasis solo cinque volte, Dionigi può essere ritenuto il maggior teorico della teologia negativa. Nel capitolo 7 del De divinis nominibus, si trova la migliore esposizione della dottrina dionisiana circa i nomi divini (Saggezza, Intelletto, Ragione, Verità e Fede). Dionigi afferma che la razionalità umana vacilla di fronte alla stabilità dell’intellezione divina. La conoscenza di Dio, passata attraverso la via negativa, si compie spesso nell’esperienza mistica, sebbene per essa si conservi quasi sempre la possibilità di una sua origine dalla grazia divina. Dio, per la teoria negativa, è in ultima istanza Nulla.
Dionigi esprime con chiarezza quali siano il collegamento e gli spazi della via affermativa e della via negativa: Dio non può essere conosciuto nella sua natura, perché è inconoscibile e supera integralmente la ragione e l’intelligenza, mentre può essere conosciuto come causa universale a partire dalle cose create. Per Dionigi teologia negativa e teologia affermativa sono le due vie della teologia che non si contrappongono, dato che ogni affermazione e ogni negazione è inadeguata all’Uno, perché esso, identificabile con Dio stesso, è al di là di ogni affermazione ed ogni negazione. Dio risulta essere totalmente altro rispetto alle cose create. La via dell’ineffabile e della mistica è indicata come il sentiero iniziatico e simbolico; la via della filosofia e della dimostrazione è la via del dicibile e della teologia catafatica. Le due vie si intersecano vicendevolmente, anche se la Theologia mystica è per Dionigi l’invito a liberare l’intelletto da tutte le rappresentazioni e da tutti i concetti, per adire alla via mistica, che sembra in tal modo inserirsi all’interno del percorso della negazione. Nel momento unitivo vero e proprio con Dio, in realtà esiste solo il silenzio, in cui tutte le affermazioni e tutte le negazioni sono radicalmente abolite. Al termine del processo apofatico si pone una visione delle tenebre che è allo stesso tempo luce inaccessibile di Dio.

Fortuna e sviluppi della teologia negativa. Possiamo trovare tracce della riflessione di Dionigi presso molti autori. In primo luogo in Giovanni Scoto Eriugena, che concepisce Dio come l’Uno che è al di là di ogni determinazione razionale, categoriale e discorsiva, e per tale motivo principalmente avvicinabile nel pensiero per mezzo della teologia negativa. A Dio, per tramite della teologia affermativa, sono attribuiti gli optima, che si addicono alla Divinità solo in maniera impropri (tutti gli attributi con i quali l’intelletto tenta di definire Dio sono senza dubbio solo possibili traslati). La teologia negativa è per Scoto il mezzo migliore per tentare di parlare di Dio conservandone la totale alterità: in primo luogo è necessario negare per Dio tutto ciò che si riferisce alle creature. Per parlare adeguatamente di Dio bisogna preservarne l’alterità anche nel modo di indicarlo, tentando di unire affermazione e negazione; per questo ogni sostantivo o aggettivo usato per indicare Dio è accompagnato dal prefisso super (hyper), che indica ad un tempo la sovrabbondanza con cui lo si deve intendere quando lo si riferisce a Dio e anche che ha in sé la sua stessa negazione perché comunque inadeguato. Ad esempio, il termine superesse è, se riferito a Dio, ad un tempo indicatore del fatto che Egli è al di là di essere e simultaneamente anche non essere. Bonaventura, che descrive l’excessus mentis con le parole di Dionigi, è attratto dal carattere apofatico del nome di Dio, che dicendo Io sono, si è sottratto ad ogni determinazione; Alberto Magno, commentatore dello Pseudo Dionigi e interprete della sua dottrina teologica, cerca di conciliarla con il principio aristotelico di non contraddizione. Per Alberto infatti l’affermazione e la negazione intorno all’Uno non sono in contraddizione, ma semplicemente da intendere come modi di afferrare l’Uno da due diversi rispetti: secundum quid e per essentiam. Anche Tommaso d’Aquino (anche lui commentatore di Dionigi) farà sue molte delle istanze della teologia negativa: in particolare è possibile dire che per il Doctor angelicus la via remotionis dionisiana è la via contemplativa che segna tutta la sua teoria della conoscenza di Dio. L’essere divino non può essere compreso in modo univoco: infatti l’intelligenza comprende la sua radicale trascendenza, negatrice di tutta l’univocità. L’intelligenza contempla pertanto l’infinita negazione di tutta l’univocità e allo stesso tempo scopre anche il progetto di unione a Dio; e dalla profondità della sua tenebra, negatrice di tutto l’essere creaturale, scopre anche la luminosità della sua potenza creatrice e dalla sua posizione di Principio di tutto il movimento, della bellezza e di tutta la ragione di essere.

Teologia negativa e ricerca mistica. In Eckhart la teologia negativa assume il carattere di via remotionis in senso stretto: per Eckhart la via negativa è un modo per spogliare persino Dio del suo carattere di determinatezza, nella ricerca di uno stato di deificazione direttamente legato alla possibilità di poter trascendere la finitezza dei contenuti, delle definizioni di Dio-Uno proprie della teologia positiva. L’esercizio della teologia negativa, che per Eckhart coincide in ultima istanza con la vita filosofica, permette al magister domenicano di affermare che Dio è in ultima istanza Nulla, portando alle estreme conseguenze la teologia negativa fino alla negatio negationis. Margherita Porete utilizza spesso l’ossimoro e il linguaggio dionisiano per parlare di Dio, ponendo in luce il niente della creatura rispetto al tutto di Dio con la consapevolezza della conseguente inadeguatezza della sola teologia affermativa in un tentativo di approccio gnoseologico alla tenebra divina. Nicola Cusano unisce la socratica consapevolezza dell’ignoranza e dei limiti della conoscenza umana, che può essere definita docta ignorantia ad una ripresa della teologia negativa, il cui metodo estende all’intera filosofia. Per capire la svolta cusaniana è importante accennare alla critica da Cusano sviluppata nei confronti del principio di contraddizione e della filosofia aristotelica nel dialogo De non aliud. Di certo quello che Aristotele chiama primum principium della razionalità non permette di contemplare la verità supra rationem. La docta ignorantia è in fondo la consapevolezza del fatto che il principio assoluto possa essere afferrato solo attraverso la coincidentia oppositorum. La maggiore pertinenza della theologia secreta della coincidentia rispetto al principio di contraddizione è ribadita anche nella lettera all'abate di Tegernsee e la tendenza comune dei filosofi a seguire Aristotele pedissequamente è criticata nel De beryllo. Per Cusano, che si pone sulla linea negativa, Dionigi sostiene che l'affermazione e la negazione sono usate rispetto al primo principio simultaneamente e ugualmente. Solo Dio è al di là della coincidenza delle contraddizioni. Il De docta ignorantia fu scritto prima che Cusano studiasse il Commentarium di Proclo al Parmenide, da cui ebbe la conferma illustre sulla sua dottrina di andare al di là del principio di contraddizione. Mentre Cusano appoggia l'uso simultaneo di proposizioni contraddittorie, rivelando così la sua dipendenza da Dionigi, Proclo ammette solo le negazioni in un discorso che abbia come oggetto il primo principio.(EC)

Bibliografia

Carabine, D. The Unknown God. Negative Theology in the Platonic Tradition: Plato to Eriugena Louvain-Grand Rapids, MI, Peeters-Eerdmans 1995
Corbin, M. Négation et transcendance dans l’oeuvre de Denys in “Revue des sciences philosophiques et théologiques” 69 (1985) pp. 41-76.
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Mortley, R. From Word to Silence II The Way of Negation, Christian and Greek Frankfurt a.M. 1986.
Solignac, A. Théologie négative in Dictionnaire de spiritualité, XV, coll.509-16.
Steel, C. Beyond the Principle of Contradiction? Proclus' «Parmenides» and the Origin of Negative Theology in Die Logik der Transzendentalen. Festschrift für Jan A. Aertsen zum 65. Geburtstag cur. Martin Pickavé, Berlin-New York, W. de Gruyter 2003, pp. 581-99.

 

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