Logica Modernorum
Definizione.
La logica modernorum o logica terminista rappresenta,
insieme alla disputa sugli universali,
sicuramente il contributo più originale
del medioevo alla storia della logica: gli stessi
logici medievali hanno usato questa espressione
per differenziarsi dalla logica aristotelica,
conosciuta tramite la tradizione dei testi della
Logica Vetus e quelli della Logica Nova, che
stavano penetrando in Occidente attraverso le
nuove traduzioni dall’arabo. Con ‘logica
modernorum’ si definisce dunque tutto
quel nuovo apparato di trattati, concetti e
distinzioni che a partire dal XII sec. erano
sorti nel corso della riflessione e del dibattito
sulle teorie logiche ed in particolar modo su
alcuni aspetti riguardanti i termini del discorso.
La logica modernorum è stata chiamata
anche terminista per il fatto che la sua fondamentale
originalità consiste proprio nella dottrina
delle proprietà dei termini, e per distinguerla
dai più o meno contemporanei sviluppi
della grammatica speculativa, cioè la
teoria dei cosiddetti modisti che analizzavano
la significazione dal punto di vista delle funzioni
significative del linguaggio (modi significandi).
La teoria delle proprietates terminorum si proponeva
di rendere conto delle diverse funzioni che
le parole possono svolgere quando compaiono
come termini in una proposizione: l’espressione
‘proprietas termini’ deriva probabilmente
dalla distinzione fra le varie parti del discorso
data dal grammatico Prisciano (il cui testo
veniva commentato nell'insegnamento delle arti
liberali), ma venne rielaborata per indicare
le proprietà di cui sono dotati i termini
come una sorta di forme attraverso le quali
un termine assolve le sue funzioni (o uffici)
nella proposizione.
Contenuti. I
trattati che formano la Logica Modernorum, di
cui l’esempio principe è rappresentato
dalle Sumulae Logicales di Pietro
Ispano, sono dedicati principalmente ad
una serie di problemi logici specifici tra i
quali:
- la dottrina del significato, la teoria della
denotazione dei termini che sta al centro delle
varie opere sulla suppositio (De suppositione),
a sua volta suddivisa in settori che si occupano
della denotazione di oggetti esistenti in realtà
(De appellatione); della possibilità
di usare la denotazione in modo allargato o
ristretto (De ampliatione e De restrictione);
ed infine dell’analisi dei predicati (De
copulatione).
- la teoria delle costanti logiche, affrontata
nei vari trattati De syncategorematicis.
- la dottrina dell’inferenza logica, De
consequentiis, che si occupa della validità
formale delle argomentazioni.
- i problemi generati dalle antinomie logiche,
presentati nelle opere De insolubilibus (uno
degli esempi più interessanti di insolubilia
è rappresentato dal Paradosso del Mentitore).
- le obbligazioni, il nuovo metodo di condurre
una disputa
filosofica sorto all’interno delle
scuole, le cui regole sono esposte nei testi
De obligationibus.
- la problematica della trasformazione di proposizioni
complesse e universali in proposizioni semplici,
utilizzata all’interno della dottrina
del sillogismo
e trattata nelle opere De terminis resolubilibus,
exponibilibus, officialibus.
La Suppositio.
Le problematiche che caratterizzano la logica
modernorum iniziano ad essere sviluppate all’interno
dei dibattiti teologici fra dialettici
ed antidialettici nell’XI sec e sono
fin dalle origini intrecciate con quelle riflessioni
logico-grammaticali sullo statuto ontologico
del linguaggio e dei termini di cui troviamo
un esempio nel De Grammatico di Anselmo.
Come abbiamo visto, al centro della logica terminista
si trova il concetto di suppositio che svolge
un ruolo chiave nell’analisi e risoluzione
dei sofismata (ovvero proposizioni complesse,
“rompicapi” logici da risolvere
nel corso di una disputa) : proprio dalla necessità
metodologica di sciogliere i vari sofismi nascerà
infatti la suddivisione della suppositio in
diversi tipi o modi supponendi. L’uso
del concetto di suppositio ha un’origine
sia teologica che grammaticale; inizialmente
infatti suppositum è ciò che nella
teologia trinitaria rappresenta l’ipostasi
o la persona della trinità, in seguito
il verbo supponere viene ripreso dalla grammatica,
dove significa semplimente essere il soggetto
di una frase, ed iniziano ad essere analizzate
le varie modalità con cui una parola
può fungere da soggetto di una frase.
Ci si pone quindi la questione della referenza
di un termine, di cosa un termine denota a seconda
della sua funzione in una frase. La suppositio
corrisponde pertanto alla denotazione di un
termine, rappresenta tutto ciò che un
soggetto significa, “sta per”, in
contrapposizione alla significatio (o connotazione)
che invece qualifica, dice qualcosa del suppositum
(interessante a questo riguardo la distinzione
fra le varie modalità di significatio
proposta da Abelardo).
Mentre nelle riflessioni grammaticali precedenti
il problema della referenza dei termini era
stato analizzato attraverso il concetto di appellatio
(come si può osservare in Anselmo), nella
logica modernorum l’appellatio diventa
una specie di sottoinsieme della suppositio,
e denota sempre un oggetto concreto, ovvero
raccoglie quelle suppositiones in cui il verbo
essere (est) assume un significato esistenziale
(un esempio di questo si può trovare
già nell’Ars Meliduna del 1160,
il manuale di una delle scuole di logica fiorite
nel XII sec.). La suppositio viene quindi divisa
in vari generi, a seconda delle modalità
con cui un termine può essere utilizzato;
tra queste le più importanti sono:
- suppositio materialis, che indica l’uso
di una parola per l’espressione stessa
(es. uomo è un nome)
- suppositio simplex, che rappresenta l’uso
di un termine per il concetto che rappresenta
o per il contenuto di significato che esprime.
- suppositio personalis, che indica l’uso
di un termine per i suoi corrispondenti extramentali,
e che può essere ulteriormente suddivisa
a seconda dell’estensione della sua validità
in: suppositio discreta (es. Socrate corre)
e suppositio communis, che a sua volta si biforca
in suppositio communis determinata (un uomo
corre) e confusa (ogni uomo è un animale),
e ancora in suppositio confusa tantum e suppositio
confusa e distributiva. A ciascuna di queste
suddivisioni corrisponde un modo corretto di
parafrasare la proposizione in questione in
modo da esemplificare tutte le occorrenze di
un termine: l’analisi più completa
di questo tipo di suppositio si trova nel manuale
di logica di Guglielmo
di Sherwood.
- suppositio naturalis, che rappresenta la possibilità
teorica di un termine in sé di riferirsi
ad un insieme di individui passati, presenti
e futuri, cioè a tutte le forme temporali
e a tutta la sua possibile estensione di significato.
Ogni qualvolta però impieghiamo un termine
come soggetto di una proposizione precisa, la
suppositio naturalis di questo termine subisce
una restrizione in funzione del tempo del verbo,
e si ha la suppositio accidentalis.
Proprio sulla questione della supposizione naturale
e quindi della teoria della referenza del soggetto
si osserva dagli anni 1220-1230 una scissione
fra le dottrine insegnate a Parigi e ad Oxford,
poiché i magistri parigini sostenevano
la divisione fra suppositio naturalis e accidentalis
(come si osserva nell’opera di Lamberto
di Auxerre), utilizzando la nozione di restrictio
per rendere conto della referenza temporale;
mentre nella tradizione inglese ed oxoniense
non esiste alcuna suppositio naturalis, ma la
supposizione viene analizzata sempre nel contesto
specifico di una proposizione, usando il concetto
di ampliatio: la capacità referenziale
di un termine può essere ampliata a seconda
del tempo verbale della proposizione in cui
è inserita.
Per concludere, come dice Jan Pinborg (1984)
«la teoria della suppositio è un
tentativo importante, anche se non sempre chiaro,
di illustrare in modo esplicito i presupposti
e le conseguenze semantiche dell’analisi
aristotelica della proposizione».
La teoria delle consequentiae.
La dottrina trecentesca delle consequentiae
deriva probabilmente da quella riportata da
Abelardo nella Dialectica). Anche Tommaso
d’Aquino usa la parola consequentia
nel senso abelardiano di proposizione condizionale:
una consequentia è una proposizione formata
da un antecedente ed un conseguente legati da
una relazione di implicazione. Le teorie sulle
consequentiae sono dunque le varie regole che
determinano la validità di un ragionamento
inferenziale: si tratta qui di una problematica
estremamente formale, in cui possiamo notare
un’elaborazione originale di influssi
provenienti dalla logica stoica. La principale
distinzione proposta dai logici in questo campo
è quella tra consequenza naturale e consequenza
accidentale (esposta da Roberto
Kilwardby): si ha consequentia naturalis
quando in un ragionamento l’antecedente
comprende già in sé il conseguente
(questa conseguenza è valida in luogo
intrinseco), mentre si ha consequentia accidentalis
quando l’antecedente non include il conseguente
e la consequenza risulta quindi valida solo
in base all’applicazione di una regola
estrinseca. La validità di inferenze
di questo tipo si deve fondare quindi o sulle
generali relazioni topiche o 'luoghi' del discorso
(per esempio il locus
a maiori e il locus a minori), che forniscono
regole consequenziali attorno alle quali formulare
argomenti validi, o su altre conseguenze già
stabilite come la famosa Conseguenza degli Adamiti
(della scuola cioè di Adamo Parvipontano
o di Petit Pont, un'altra delle maggiori scuole
di logica del XII secolo): «ex impossibili
sequitur quolibet» (dall’impossibile
si può trarre qualsiasi conseguenza).
Nel corso del XIV sec. la dottrina delle conseguenze
venne ripresa ed ampliata da Guglielmo di Ockham
e dai suoi sucessori, fra cui Paolo
Veneto, e vennero proposte ulteriori distinzioni,
come quella fra consequentia formalis, un argomento
valido solo in virtù della sua forma,
e consequentia materialis, cioè un inferenza
valida grazie al significato dei termini in
essa contenuti.
Sebbene la dottrina delle conseguenze sia stata
ampiamente criticata dagli umanisti, essa resta
una delle eredità più feconde
della logica medievale, ancora oggetto di discussione
filosofica nella teoria logica analitica contemporanea.
(EB)
Bibliografia
Edizioni
L.M. De Rijk, Logica Modernorum, Assen, 1962-67,
(2 voll).
Studi
J. Pinborg, Logica e semantica nel medioevo,
Torino 1984.
H.A.G. Braakhuis, Logica modernorum as a Discipline
at the Faculty of Ars of Paris in the Thirteenth
Century, in O. Weijers e L. Holtz (ed.), L’enseignement
des disciplines à la Faculté des
arts, Turnhout 1996, pp. 129-45.
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