La dottrina del Sillogismo
e la Sillogistica
Definizione. Il termine greco syllogismòs
originariamente indicava un qualsiasi tipo di
calcolo e, nel linguaggio filosofico di Platone
lo si trova con il significato più generale
di “ragionamento”; soltanto con
Aristotele (Analitica Priora 24b 18) questa
parola assume delle caratteristiche più
precise, indicando “un discorso in cui,
posti taluni oggetti, risulta necessariamente
qualcosa di diverso dagli oggetti stabiliti,
per il fatto stesso che questi oggetti sussistono”.
Più in generale possiamo definire il
procedimento sillogistico come un calcolo formale
che partendo da due premesse permette di arrivare
ad una conclusione: il sillogismo rappresenta
il tipo perfetto di ragionamento deduttivo,
un’espressione complessa in cui, mediante
la combinazione (seguendo certe regole) dei
termini che ricorrono in entrambe le premesse,
si giunge alla necessaria affermazione di una
conclusione nuova. Le due premesse si dividono
in premessa maggiore, quella in cui compare
il predicato della conclusione, e premessa minore,
che contiene invece il soggetto della conclusione.
Per passare dalle due premesse alla conclusione
è fondamentale il ruolo del termine medio,
che fungendo da soggetto della premessa maggiore
e da predicato di quella minore (per esempio)
consente il procedere dell’inferenza.
Lo schema base di un sillogismo tipo è
questo:
Tutti gli M sono P
Tutti gli S sono M
Ergo: Tutti gli S sono P
Il sillogismo è dunque un tipo di calcolo
esclusivamente formale, che tiene conto cioè
solo della posizione dei termini in una proposizione,
senza occuparsi del loro valore di verità.
La forma di un sillogismo è costituita
quindi dalla disposizione dei vari termini nelle
premesse ed in particolar modo dalla posizione
del termine medio: dall’analisi della
forma dei sillogismi si può notare come
esistano soltanto quattro possibili configurazioni
(quattro figure) in cui si può strutturare
un sillogismo ed esse saranno argomento privilegiato
dello sviluppo di una scienza dei sillogismi,
ovvero di una Sillogistica nel medioevo. Gli
studiosi di logica
nel medioevo si occuparono di sillogismi fin
dai tempi in cui gli unici testi disponibili
erano quelli della Logica Vetus, ma l’impulso
verso l’elaborazione di una sillogistica
vera e propria nacque con le traduzioni
degli Analitici di Aristotele all’interno
del corpus della Logica Nova, che rilanciarono
il sillogismo come argomento base di ogni teoria
che si volesse proporre come scientifica; inoltre
lo studio dei sillogismi faceva parte integrante
anche del curriculum della Logica
Modernorum, poiché era importante
aver capito il meccanismo dei sillogismi per
procedere con lo studio della teoria delle consequentiae.
Sillogismo Dimostrativo
e Sillogismo Dialettico. Il sillogismo
dimostrativo è la forma di argomentazione
principale alla base di ogni scienza aristotelicamente
intesa, poiché consente di ottenere conclusioni
necessariamente vere. Questo genere di argomentazione
è formato da un sillogismo categorico
(cioè un sillogismo composto da tre proposizioni
categoriche) valido le cui premesse devono essere
rigorosamente vere e la cui conclusione, di
conseguenza, è necessariamente vera e
produce quindi vera conoscenza (scienza). Inoltre,
il sillogismo dimostrativo viene spesso distinto
dal sillogismo dialettico: secondo
Pietro Ispano un sillogismo dialettico è
tale quando le sue premesse sono soltanto probabili
e non possono quindi portare a nient’altro
che un’opinione (e non alla vera scienza).
Per Pietro tutti gli argomenti topici (basati
cioè sui topoi o loci del discorso) sono
equiparabili a sillogismi dialettici, e formalmente
sono entimemi cioè sillogismi incompleti,
a cui manca una premessa. Per Roberto
Kilwardby invece, il sillogismo per essere
dimostrativo deve non soltanto avere premesse
necessarie ma deve prendere come suo termine
medio una parola che contenga la definizione
o la causa necessaria di almeno uno dei termini
della conclusione, mentre il sillogismo dialettico
può usare una grande varietà di
termini medi e partire da premesse solo probabili.
Sillogismo Ipotetico
e Disgiuntivo. Un sillogismo si dice
puramente ipotetico quando entrambe le premesse
sono composte da proposizioni condizionali e
soltanto la conclusione è una proposizione
categorica, mentre un sillogismo ipotetico è
misto quando solo una delle premesse è
una proposizione ipotetica, e sia la seconda
premessa sia la conclusione sono invece categoriche:
questa argomentazione è stata formulata
per la prima volta dagli stoici come uno degli
indimostrabili, ed è nota come modus
ponens quando la seconda premessa è affermativa
e modus tollens quando è negativa. Un
sillogismo disgiuntivo è poi un’inferenza
in cui la premessa maggiore è una proposizione
disgiuntiva, la premessa minore contiene la
negazione o l’affermazione di uno dei
due disgiunti da cui si deduce la conclusione
(sempre una proposizione categorica): queste
due modalità di ragionamento sono note
anche come modus tollendo ponens (quando la
seconda premessa è una negazione) e modus
ponendo tollens (quando la seconda premessa
è un’affermazione). La dottrina
del sillogismo ipotetico e disgiuntivo nasce
nell’ambito della scuola peripatetica
come tentativo di tradurre all’interno
degli schemi della teoria aristotelica del sillogismo
il ragionamento anapodittico tipico della logica
stoica; questo insieme di dottrine sono state
tramandate all’occidente latino fin dai
testi della Logica Vetus ed in particolare dagli
opuscoli di Boezio
come il De syllogismis hypoteticis, ma è
stata sviluppata notevolmente in età
medievale con le riflessioni dei logici terministi
sui Topici e sulle Consequentiae.
La Sillogistica nel
Medioevo. La dottrina del sillogismo
ricevette particolare attenzione all’interno
della logica terminista medievale, all’interno
della quale vennero esaminate tutte le quattro
figure del sillogismo e tutti i possibili modi
dei sillogismi validi: il modo di un sillogismo
è la forma che esso assume quando viene
specificato secondo la quantità o secondo
la qualità, cioè quando si analizza
se le proposizioni che lo contengono sono affermative
o negative, universali o particolari. I logici
medievali svilupparono una teoria delle relazioni
fra questi tipi di proposizioni che schematizzarono
attraverso il cosiddetto quadrato logico delle
proposizioni. In esso (ed in tutte le formule
logiche di questo tipo) la lettera A sta per
Universale Affermativa e la lettera I Particolare
Affermativa (dalle prime due vocali della parola
AdfIrmo), mentre la E sta per Universale Negativa
e la O per Particolare Negativa (dalle vocali
in nEgO). Secondo la raffigurazione grafica
nota come quadrato logico, fra la proposizione
A e la E c’è rapporto di contrarietà,
ovvero non possono essere entrambe vere (ma
possono essere entrambe false), mentre la I
e la O sono sub- contrarie perché possono
essere entrambe vere ma non entrambe false.
La I e la E e la A e la O sono contraddittorie,
dunque non possono essere entrambe né
vere né false, cioè se una è
vera l’altra deve essere falsa e viceversa.
Infine fra A e I e fra E ed O vige un rapporto
di subalternità perché sono entrambe
coppie formate da una universale e una particolare
dello stesso genere (affermativa o negativa)
e quindi dalla verità della proposizione
universale si può sempre dedurre la verità
della particolare, anche se non è possibile
il viceversa. Partendo da quest’analisi
i logici terministi, fin dalle Summulae logicales
di Pietro Ispano elaborarono una serie di formulette
mnemoniche in versi per ricordarsi meglio la
composizione dei sillogismi e suggerire le modalità
di conversione dei sillogismi secondari validi
a quello di prima figura:
Barbara, Celarent, Darii, Ferioque (che rappresentano
i modi validi della prima figura)
Cesare, Camestres, Festino, Baroco (Seconda
figura)
Darapti, Datisi, Bocardo, Ferison (Terza figura)
Bamalip, Calemes, Dimatis, Fesapo, Fresison
(Quarta figura).
All’interno di questo sistema le singole
parole non hanno alcun valore se non mnemonico,
ma le vocali di ogni parola rappresentano il
tipo di proposizione da utilizzare nel sillogismo,
il modo del sillogismo, mentre alcune consonanti
indicano come si possa convertire un determinato
argomento in un sillogismo di prima figura.
La lettera S indica che è possibile operare
una conversione semplice, ovvero un’inversione
fra soggetto e predicato in una premessa (es.
da “nessun A è B” a “nessun
B è A”), la lettera P suggerisce
che è possibile ottenere una conversione
per limitazione, cioè un passaggio da
una proposizione universale ad una particolare,
ed infine la lettera M indica che la conversione
deve avvenire attraverso lo scambio fra la premessa
maggiore e quella minore.
Queste regole basilari della sillogistica ebbero
un enorme successo e vennero insegnate nelle
scuole fino al XIX sec.; più in generale
la logica sillogistica, se pure con metodi e
linguaggi formali diversi, è tutt’ora
oggetto di studi all’interno delle discipline
logico analitiche e filosofiche (Logica matematica;
Filosofia del linguaggio, ad esempio). (EB)
Bibliografia
.
M. Mugnai, Per una storia della logica dall’antichità
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W. Kneale- M. Kneale, Storia della logica, Torino
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