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Per leggere la didascalia, clicca sull'immagine Ciò non capitò col grande umanista Francesco Filelfo, chiamato ad insegnare lettere greche e latine nel 1434 con un premio altissimo e con lo stipendio annuo di 350 fiorini d'oro, la cifra più alta fino ad allora offerta dallo Studio senese. Col Filelfo altri cultori delle humanae litterae soggiornarono a Siena nella prima metà del secolo XV: qui, infatti, il Marrasio, innamorato di Angelina Piccolomini, scrisse l'Angelinetum; qui Enea Silvio – il futuro Pio II – esordì con la sua Cinthia e qui Antonio Beccadelli detto il Panormita compose gli epigrammi poi raccolti sotto il titolo di Hermaphrodytus e ispirati alle esperienze goliardiche dell'autore, che nei suoi versi definisce Siena molles – cioè morbida, dolce, lussuriosa – una civitas Veneris, per dirla con un altro famoso umanista, dove la tradizione ludica degli studenti era strettamente legata alle rappresentazioni teatrali e ad altre forme di pubblico spettacolo, culminanti nella "serra degli scolari" durante il carnevale. Allo Studio si collega anche l'introduzione a Siena dell'arte della stampa: furono infatti tre giovani docenti di diritto a chiamare nella città un tipografo tedesco, Enrico di Colonia, che iniziò il suo lavoro pubblicando nel 1484 la Lectura super VI libro Codicis di Paolo di Castro.
Anche i libri usciti in seguito dai torchi dei prototipografi senesi si rivolgevano soprattutto a una clientela di studenti che, negli ultimi decenni del XV secolo,

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Per leggere la didascalia, clicca sull'immagine raggiungevano il numero di 600 per addottorarsi in Arti (Medicina e Filosofia) dopo sette anni di corso, o in Diritto Civile e Canonico dopo cinque. Durante l'anno accademico – che iniziava il 18 ottobre e terminava alla fine di giugno – i professori dovevano tenere lezione almeno a cinque studenti, pena una multa, e dovevano poi, dopo la lezione, trattenersi a discutere in piazza, con l'abito dottorale, per una buona mezz'ora. Queste ed altre regole persero con l'andar del tempo il loro vigore e lo Studio senese attraversò, lungo l'arco del Cinquecento, alcuni periodi di crisi, dovuti innanzitutto alla concorrenza dell'Ateneo pisano, protetto da Cosimo I de'Medici, poi alle conseguenze della guerra di Siena, conclusa con la resa di quest'ultima alle truppe imperiali nell'aprile del 1555.
Solo sotto il reggente Francesco de'Medici, che nel 1569 creò una nuova commissione, formata da membri della Balía, per provvedere alle necessità dello Studio, questo riprese a svilupparsi, come dimostra il notevole incremento di laureati nel periodo del Principato rispetto agli ultimi decenni del periodo repubblicano. Divenuto granduca nel 1569, Francesco approvò in quello stesso anno gli statuti della numerosa "nazione" degli studenti tedeschi a Siena, dimostrando così di non essere disposto ad avallare le accuse di luteranesimo frequentemente formulate dall'Inquisizione contro di essi e favorendo la loro affluenza nella città.

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