| Alcuino di York
 La vita. Nato 
        in Northumbria intorno al 735, Alcuino (nome 
        che significa “amico del tempio”) 
        proveniva da una famiglia benestante, alla quale 
        appartenne anche s. Willibrord (Bonifacio), 
        e fu ben presto inviato a York per studiare 
        (greco, ebraico, grammatica, retorica) sotto 
        la guida di Egberto e di Aelberto. Nel 767 venne 
        ordinato diacono proprio da quest’ultimo, 
        al quale succedette alla guida della scuola 
        di York, fino al 786, anno in cui fu chiamato 
        da Carlomagno a dirigere la schola palatina, 
        e ad occuparsi della ri-organizzazione dell’insegnamento 
        in Francia e nell’impero. Trasferitosi 
        a corte nel 782, prese parte attivamente al 
        dibattito intorno a questioni inerenti la teologia 
        e svolse anche incarichi politici. Nel 796, 
        venne nominato abate di S. Martino presso Tours: 
        lì passerà gli ultimi 8 anni della 
        sua vita nel tentativo di rianimare lo zelo 
        della locale comunità monastica, caratterizzata 
        da costumi fin troppo rilassati. Morì 
        a York nell’804.
 
 Le opere. L’intero 
        corpus di opere alcuiniane - tradizionalmente 
        considerato dalla critica di scarsa originalità 
        - può essere schematicamente suddiviso 
        entro una mezza dozzina di grandi categorie: 
        opere pedagogiche (De grammatica, De dialectica, 
        De rhetorica, un frammento proveniente dal De 
        musica, l’opuscolo de Orthographia, la 
        Disputatio Pippini cum Albino scholastico), 
        teologico-filosofiche (De animae ratione ad 
        Eulaliam virginem, De virtutibus et vitiis ad 
        Widonem comitem, Liber adversus Haeresim Felicis, 
        Adversus Felicem libri VII, Adversus Elipandum 
        libri IV, De fide sanctae et individuae Trinitatis, 
        XXVIII quaestiones de Trinitate), poetiche (Oratio 
        in nocte, De cuculo, Certamen Veris et Hiemis, 
        De clade lindisfarnensis monasterii), storico-agiografiche 
        (De sanctis Eboracensis Ecclesiae, Vita sancti 
        Willibrordi), liturgiche ed ascetiche (Liber 
        Sacramentorum, De Psalmorum usu, Officia per 
        ferias, De baptismi caeremoniis, De confessione 
        peccatorum ad pueros s. Martini). A queste vanno 
        aggiunte le importanti revisioni alcuiniane 
        dei testi sacri (Interpretationes et responsiones 
        in Genesim, Compendium in Canticum Canticorum, 
        Commentaria super Ecclesiastem, Commentaria 
        in s. Iohannis Evangelium, Tractatus super tres 
        s. Pauli ad Titum, ad Philem et ad Hebraeos 
        Epistolas, Commentarium in Apocalypsim libri 
        V) ed il suo ricco Epistolario, dalla lettura 
        del quale si apprende molto circa il suo impegno 
        per la ripresa degli studi nei centri monastici 
        dell’impero ed i suoi numerosi interessi.
 
 Alcuino e la “rinascita 
        carolingia”. La figura di Alcuino 
        si colloca nel contesto della cosiddetta rinascenza 
        carolingia: egli fu infatti il grande esecutore 
        del progetto politico elaborato da Carlomagno 
        e il prototipo di una nuova classe dirigenziale 
        di stampo imperiale. La sua attività 
        si svolse prevalentemente in ambito pedagogico: 
        introdusse infatti un sistema di studi ordinato 
        secondo le sette 
        discipline (trivio e quadrivio), che rappresentavano 
        le sette colonne del palazzo della sapienza. 
        Scrisse inoltre manuali per l’insegnamento, 
        che debbono essere considerati veri compendi 
        del sapere classico tramandato nelle opere di 
        Prisciano, Donato, Isidoro 
        e Beda (per la grammatica), 
        Cicerone (per la retorica), Agostino (per la 
        dialettica). Promosse il rinnovamento della 
        didattica, e favorì un ritorno all’uso 
        del latino corretto, polemizzò (specie 
        nel Dialogus de rethorica et virtutibus, in 
        cui l’interlocutore è Carlomagno) 
        contro l’uso sofistico della dialettica, 
        ritenuta d’altro canto importante strumento 
        per la vita civile e politica. Per la prima 
        volta dopo molti secoli, infatti, una cerchia 
        di intellettuali, riunitisi attorno alla corte 
        di Carlomagno, si pose un obiettivo che non 
        fosse il mero consolidamento del sapere già 
        acquisito, dibattendo importanti problemi 
        filosofici e teologici.
 
 Bellezza e ordine. 
        In questo contesto si manifesta una concezione 
        del bello e dell’arte sostanzialmente 
        autonoma. Carlomagno, anche al fine di porsi 
        come legittimo erede degli imperatori romani, 
        fu un sostenitore del canone artistico classico, 
        ma dovette sempre tenere conto della forte specificità 
        germanica dei popoli che governava: per questo 
        la sua politica oscillò spesso fra i 
        poli del neoclassicismo (elemento romano) e 
        dell’anticlassicismo (matrice germanica). 
        La politica estetica neoclassica di Carlo si 
        impose, tuttavia, più facilmente a livello 
        teorico piuttosto che pratico: se, infatti, 
        la nozione agostiniana di “ordo” 
        (ordine) costituì uno dei pilastri dell’estetica 
        carolingia, nella produzione artistica rimase 
        ben evidente l’elemento germanico, caratterizzato 
        da un maggiore astrattismo rispetto alla romanità 
        classica. Nell’estetica carolingia, della 
        cui specificità Alcuino fu ampiamente 
        responsabile, si trovarono a convivere un tratto 
        ascetico ed uno maggiormente terreno: alla bellezza 
        eterna (pulchritudo aeterna), la cui contemplazione 
        è fonte di felicità eterna, si 
        contrappongono la bellezza della forma (pulchra 
        species) e il gusto per il decoro (amor ornamenti), 
        che procurano piacere all’occhio, ancorché 
        effimero. Anche in questo contesto, come in 
        gran parte della cultura carolingia, siamo di 
        fronte ad una commistione di motivi platonici 
        e fede cristiana. Come si evince dalle discussioni 
        tenute nell’ambito dei sinodi di Aquisgrana 
        (811) e Tours (813) gli autori carolingi considerano 
        autonoma l’arte in quanto a forma, ma 
        non in quanto a contenuto: giacché l’arte 
        non è di per sé né pia 
        né empia, ma il suo valore (dignitas) 
        è determinato da un fattore formale e 
        da uno contenutistico: del primo decide l’artista, 
        del secondo il teologo.
 
 Problemi filosofici 
        e teologici. In ambito filosofico e teologico, 
        Alcuino riprende numerosi temi tipici dell’agostinismo, 
        come l’inconoscibilità dell’essenza 
        divina, e la spiegazione del dogma trinitario 
        a partire dalla triplice natura dell’anima 
        umana. Fu un esegeta e un teologo non particolarmente 
        originale, ed uno dei sui meriti consiste nella 
        ripresa di temi psicologistici: in particolare 
        nel De animae ratione, che può essere 
        considerato il primo trattato di psicologia 
        medievale, si delinea una teoria della sensazione 
        fondata sull’attività del soggetto 
        senziente, secondo la quale le sensazioni e 
        le immagini sensibili sono plasmate dall’anima. 
        La sensazione intesa come atto dell’anima 
        recupera, attraverso temi tipici dell’agostinismo, 
        il fulcro della concezione platonica dell’individuo: 
        l’anima 
        come “principium individuationis” 
        della personalità umana, incorporea, 
        immortale e teleologicamente rivolta alla contemplazione 
        del bene sommo.
 Anche la gnoseologia 
        alcuiniana è caratterizzata dalla 
        presenza di elementi della tradizione patristica 
        venati di platonismo: la figura di Cristo rappresenta 
        di fatto l’intelletto del padre, una sorta 
        di luogo platonico delle forme universali della 
        creazione. Il compito degli inventori delle 
        arti (i filosofi) è quello di rintracciare 
        questa razionalità sotto la scorza dell’accidentalità 
        sensibile, elaborando una teoria della conoscenza 
        che possa essere applicata all’intera 
        realtà, come riflesso delle leggi divine 
        che la governano. Strumento privilegiato di 
        questa analisi è il metodo dialettico, 
        considerato da Alcuino il fondamento stesso 
        della ricerca filosofica: nel dialogo Disputatio 
        de vera philosophia, il maestro esorta un discepolo 
        alla conoscenza dell’ordine cosmico attraverso 
        la propria anima ed all’adeguamento ad 
        essa, fine ultimo della natura umana.
 Il metodo dialogico fu utilizzato da Alcuino anche nel tentativo di chiarificazione 
        razionale della verità teologica: sia per quanto concerne questioni 
        riguardanti il dogma trinitario e l’esistenza di Dio, sia nell’ambito 
        della lotta contro gli argomenti propugnati dagli adozionisti. 
        Nel De fide sanctae trinitatis - ad esempio - attraverso un processo dimostrativo 
        di carattere sillogistico, 
        si perviene ad una parziale chiarificazione razionale del dogma, secondo 
        il modello agostiniano e tramite l’utilizzo della distinzione aristotelica 
        fra sostanza-accidente e l’analisi basata sulle categorie.
 La mediazione fra la cultura pagana e la nuova 
        esigenza, dettata dalla politica di Carlomagno, 
        di conciliare l’ideologia cristiana e 
        quella imperiale, fu il grande risultato dell’opera 
        di Acuino, che fu inoltre capace di proporre 
        un’alternativa alla strategia monastica 
        benedettina – che riteneva come condizione 
        primaria l’isolamento dal mondo – 
        fondando e garantendo dignità ad un modello 
        ascetico fondato sulla scuola e sull’importanza 
        della cultura e riconquistando lo spazio storico, 
        spesso trascurato a favore di quello ascetico 
        e meta storico. (EDI)
 Bibliografia
 Edizioni
 Beati Flacci Albini seu Alcuini, Caroli Magni 
        magistri, Opera Omnia, Patrologiae cursus completus. 
        Series latina, vol. 100 e 101, 1863.
 
 Traduzioni
 Alcuino, De orthographia, ed. critica a cura 
        di Sandra Bruni, SISMEL, Firenze 1997
 Alcuino, Carmi dalla corte e dal convento. Trad. 
        italiana a fronte, cur. Carlo Carena, Le Lettere, 
        Firenze 1995.
 
 Studi
 
 D.A. Bullough, Alcuino 
        e la tradizione culturale insulare, in I problemi 
        dell’Occidente nel secolo VIII, voll. 
        2, CISAM, Spoleto 1973, volume II, pp. 577-82.
 Claudio Leonardi, Alcuino e la scuola palatina: 
        le ambizioni di una cultura unitaria, in Nascita 
        dell’Europa ed Europa Carolingia: un’equazione 
        da verificare, voll. 2, CISAM, Spoleto, 1981, 
        volume I, pp. 459-98.
 I Deug-Su, Cultura e ideologia nella prima età 
        carolingia, Istituto storico italiano per il 
        Medio Evo, Roma 1984.
 
 Risorse on-line
 http://www-gap.dcs.st-and.ac.uk/~history/Mathematicians/Alcuin.htm
 http://www.bbc.co.uk/history/lj/conquestlj/alcuin_01.shtml?site=history_vikings
 http://www.newadvent.org/cathen/01276a.htm
 http://www2.evansville.edu/ecoleweb/glossary/alcuin.html
 http://www.ouc.bc.ca/engl/De%20Usu%20Psalmorum.htmhttp://www.le.ac.uk/hi/js73/Special%20Subject/spsj8.html 
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