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Sonata


Il termine ‘sonata’, apparentemente ovvio, è in realtà uno dei più complessi e densi di significato della musica. Assegnato sin dal tardo XVI secolo a brani genericamente destinati all’esecuzione strumentale (in quanto genere), diviene allusivo, in epoche successive e soprattutto dal romanticismo in poi (ma riferendosi anche a periodi antecedenti), della condotta formale, caso raro nella storia della musica; si parla allora di forma-sonata. La compagine strumentale di riferimento non prevede mai ruoli vocali; può essere più o meno definita, oppure lasciar libero campo ad «ogni sorte d’istromenti», e mutare per tipologia sonora e nel numero dei componenti; talvolta nel periodo barocco alle unità ‘dichiarate’ in organico può non corrispondere il numero effettivo dei ruoli in virtù dell’estensione del ruolo del basso continuo (v. tonalità) a più strumenti (ad esempio nella sonata a tre, prevalentemente realizzata da quattro o più esecutori). Nel barocco si ebbe anche lo sviluppo della sonata a solo (con basso continuo o senza: cfr. l’op. V di Corelli o le sonate per vl. di Bach). Nel classicismo e nelle epoche successive non si superano le due unità, ove una è solitamente rappresentata dal pianoforte; oltre le due unità, con pianoforte o meno, si parla di trio, quartetto, quintetto etc., precisando laddove occorra (ovvero laddove non si tratti di soli strumenti ad arco) l’organico impiegato.

In un primo periodo (fine sec. XVII-inizio XVIII) la sonata si presenta sia come brano singolo, sia come sequenza di svariati brani in successione, di diverso carattere e correlati fra loro solo da evidenti vincoli tonali (i movimenti estremi sono alla tonica, quelli intermedi al IV, V, VI grado (v. scala), o alla relativa maggiore se la sonata è in modo minore(v. tonalità), in questo avvicinandosi al genere più tardo e stilisticamente differenziato della suite. Talora il riferimento alle forme di danza è pure esplicito, in altri la matrice ritmica delle danze tradizionali è identificabile ma sottaciuta: è questo il caso delle sonate a tre di Corelli, nella loro diversificazione ‘da chiesa’ o ‘da camera’; altrove prevale il carattere contrappuntistico-fugato. Altre forme particolari di primo Settecento sono la sonata-trio (talora ‘condensata’ su un solo strumento, l’organo), la cosiddetta sonata ‘con accompagnamento’, in cui lo strumento a tastiera assume un ruolo primario mentre lo strumento d’accompagnamento (violino, flauto) si limita ad interagire con discontinuità e con idee melodiche sussidiarie, e la sonata in un unico movimento, tipica degli strumenti a tastiera, ad es. in Domenico Scarlatti, normativamente bipartita, monotematica o politematica. L’ascolto di sonate dell’epoca barocca richiede dall’ascoltatore la consapevolezza delle tecniche costruttive del tempo, che in questo repertorio si avvalgono di un CONTRAPPUNTO* alleggerito delle più complesse soluzioni polifoniche e denotano già una propensione al trattamento orizzontale dei temi e motivi: la ripetizione, la progressione, la variazione ornamentale, l’avvicendamento di motivi diversi sono alcune fra le tecniche più praticate.

Nel Settecento maturo i movimenti sono tre o quattro, più raramente due, e il riferimento coreutico resta appannaggio del solo minuetto, collocato in posizione finale o più comunemente centrale, presente fino alla fine del secolo e oltre, e progressivamente sostituito con lo scherzo, di forma affine (ABA) ma di carattere energico e di andamento vivace, anziché galante ed intimo. Delle più antiche sonate e delle forme di suite permangono la logica della contrapposizione nel carattere e nell’andamento fra movimenti diversi e la coerenza tonale dell’assieme, che nel classicismo viene espressa a chiare lettere sotto forma di tonalità identificativa nell’intitolazione dell’opera, e diviene a suo modo caratterizzante l’opera stessa.

La sonata in età classica è ancora oggi inquadrata nel contesto delle formulazioni teoriche ottocentesche di C. Czerny e A.B. Marx, i quali posero l'accento soprattutto sul primo movimento, semplicisticamente definito bitematico e tripartito, investito della più grande importanza rispetto agli altri tre canonici movimenti, grazie all’articolazione dello stesso nella struttura della forma-sonata. Tuttavia, pure gli altri movimenti della sonata sono concepiti come tripartiti – ABA -, anche se con minor numero di temi ed una sezione centrale rappresentata da uno statico episodio alternativo e non destinata allo sviluppo (elemento, quest'ultimo, centrale e identificativo della forma-sonata). Altra tipologia caratterizzante, spesso impiegata nel movimento finale è quella del rondò (concepibile come una espansione dello schema ternario ABA ad ABACA etc.); se dotata di una sezione centrale di sviluppo prende il nome di rondò-sonata, schematizzabile come ABA’CABA’). Unica eccezione alla ‘norma della ripresa’ è la forma tema convariazioni, che in epoca classica si profila come un allontanamento centrifugo dal motivo di partenza e che può comparire, nell’ambito della sonata, in posizione di primo o ultimo movimento, ma anche come movimento centrale. A livello di macroforma, ossia considerando la sonata nel suo assieme come sequenza di movimenti, dovranno essere tenuti presenti i collegamenti armonici ed eventualmente tematici fra movimenti; occasionalmente tutto il complesso sonatistico può derivare da un impianto unitario palese.

Nell’Ottocento la sonata ampliò le proprie dimensioni grazie a percorsi tonali più complessi (Schubert) e a un tematismo più ricco, ed ospitò talora forme contrappuntistiche quali la fuga (ad es. nell’ultimo Beethoven). Alla metà del secolo Liszt e numerosi seguaci congegnarono una struttura sonatistica fortemente drammatizzata e in un solo ampio movimento di carattere ciclico (da cui appunto la definizione di forma-sonata ciclica), nel tentativo di rendere definitivamente unitaria la composizione. In composizioni di carattere ciclico i diversi andamenti si susseguono senza soluzione di continuità e con l’ausilio di materiale tematico consimile; l’obiettivo di fondo è quello di rendere ambivalente la struttura, che viene così a soddisfare due diverse condizioni e appare leggibile sia come un unico movimento in forma-sonata caratterizzato dalla consueta tripartizione (esposizione-sviluppo-ripresa), sia come una successione ininterrotta di movimenti fra loro saldati (secondo la logica: andamento mosso, andamento lento, nuovamente andamento mosso finale). Ciò determinò una opzione formale aggiuntiva per i compositori successivi, che si ricondussero alle forme classiche o a quelle romantiche a piacimento.

La sonata strumentale ricade nel genere che certa critica ottecentesca di impianto estetico-filosofico definì musica assoluta, ossia valida in sé e priva di apparenti prolungamenti verso contesti extramusicali. Ciò non toglie che molte sonate di Sette e Ottocento (comunque una minoranza) fossero dotate di un loro titolo, autentico o meno, atto a descriverne sommariamente i contenuti o il carattere complessivo. Non si giunge che occasionalmente al descrittivismo di certa ‘musica a programma’, che ricorre in genere ad altre intitolazioni che non quella di ‘sonata’ e ad altri impianti formali. (AC)


Riferimenti bibliografici

Charles Rosen, The classical style. Haydn Mozart Beethoven, London, Faber and Faber, 1976 (trad. it.: Lo stile classico. Haydn Mozart Beethoven, Milano, Feltrinelli, 1979)

Charles Rosen, Sonata forms, New York, Norton & Co., 1980 (trad. it.: Le forme sonata, Milano, Feltrinelli, 1986)

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