Le fonti della filosofia medievale
Contrariamente alla nascita della filosofia
nella Grecia del IV sec. a.C. –
sapere nuovo che si stacca nei contenuti
e nelle forme dalla sapienza del mito-,
nei secoli medievali lo studio e la pratica
della filosofia si esercitano a partire
da una tradizione filosofica preesistente,
che è necessario sia conservare
che ripensare criticamente, nel confronto
con una tradizione sapienziale e testuale
sconosciuta al mondo greco: le scritture
sacre di ebrei, cristiani e poi musulmani.
All’incrocio delle idee di conservazione
e di utilizzazione critica si colloca
la nozione di ‘autorità’
(auctoritas)
(i filosofi e in genere gli scrittori
antichi ed i Padri della Chiesa) e quella
di testo ‘autorevole’ (le
loro opere): fu uno dei maestri
chartriani, Bernardo, a coniare nel
XII sec., la significativa anche se ambigua
metafora dei “nani sulle spalle
dei giganti”, ripresa da molti filosofi
e scienziati moderni (Newton fra gli altri).
L’attività filosofica si
presenta dunque inizialmente come ripresa
e interpretazione di idee e testi ‘autorevoli’,
e solo alla fine del medioevo comincia
a prospettarsi una nozione di ‘autore’
affine a quella moderna. È importante
perciò, per la comprensione dei
contenuti e delle modalità di sviluppo
della filosofia medievale, delineare sia
quali testi e saperi antichi si sono conservati,
sia come e in quali contesti sono stati
letti nel corso del medioevo.
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