Linea dorata

Conoscenza profetica

La profezia come visione. Nell’alto medioevo latino la definizione corrente di profezia è quella data da Cassiodoro <testo1>, cui si riallaccia esplicitamente Pietro Lombardo per concludere che “la profezia è detta visione, e il profeta è detto veggente”. Più complessa, la concezione elaborata da Agostino nel De Genesi ad litteram (Commento letterale al Genesi, 12.9.20) distingueva fra i segni inviati allo spirito in forma di figure corporee e l’interpretazione di essi. In ogni caso, già l’elemento della visione permette di accostare la profezia alla tipologia degli atti cognitivi, indipendentemente da quali ne siano i contenuti (ovvero, non è necessariamente conoscenza di eventi futuri). La profezia è una modalità di conoscenza di origine extra-sensoriale, in cui l’atto interpretativo introduce il fattore concettuale-linguistico. Secondo Pietro Lombardo, dunque la conoscenza profetica parte da un'immagine vista, di cui possono darsi tre casi: visione corporea, visione spirituale (che può avvenire anche nell'estasi o nel sogno) e visione intellettuale; Bernardo da Chiaravalle ne aveva sottolineato il carattere illuminativo <testo2>. Nelle opere di Ildegarda di Bingen e in quelle di Gioacchino da Fiore i vari aspetti della profezia erano stati elaborati nella loro pienezza, in un contesto culturale favorevole che permette di riconoscere nel contesto del XII sec. una vera e propria ‘filosofia profetica’ (Davy). L'elemento della visione, che porta il discorso sulla profezia a interagire anche con il tema della visione beatifica, e la diffusione di racconti agiografici e di scritti basati su esperienze visionarie fra XII e XIII sec., richiamarono l’attenzione dei teologi scolastici su questo fenomeno. Alberto Magno e Tommaso d'Aquino affrontano entrambi il problema nei termini di una modalità di conoscenza che, se può essere confrontata con la gnoseologia aristotelica, non risponde integralmente ai criteri epistemologici in essa implicati.

Conoscenza soprannaturale. Profezia è visione in questa vita (non è cioè visione beatifica) ed è visione esteriore e interiore, ('ad extra’e 'ad intra'), dichiara Alberto Magno; enuncia cose lontane dall'esperienza immediata, è sempre ispirata da Dio ed è segno della prescienza divina (il profeta vede ‘nello specchio dell’eternità’) <testo3>. Sia Alberto che Tommaso discutono ampiamente se la profezia riguardi solo il futuro e se possa provenire da altri che da Dio, per esempio dai demoni: la risposta a questa seconda domanda è negativa; l'altra questione, invece, resta più oscillante. Di fatto l'equazione netta profezia-previsione di eventi futuri si affermerà solo in seguito. Per Tommaso, profezia è “conoscenza soprannaturale” che si configura sempre come 'recezione’(acceptio), ma non si identifica con il 'raptus’ cioè con la condizione estatica: quest'ultima, che produce la visione di Dio, è considerata infatti superiore alla profezia, che è una conoscenza 'obumbrata’ (caratterizzata dall’ombra, ovvero simbolica), alla quale è necessaria la comprensione intellettuale. L’Aquinate distingue accuratamente fra vari tipi di profezia in relazione alla condizione estatica, e nell'ordinamento di essi secondo un criterio di perfezione: poiché la profezia è necessariamente composta dei due momenti della visione e della interpretazione seguita dall’annuncio, Tommaso sostiene che in ogni caso l’annuncio implica la presenza a sé del profeta poiché avviene mediante segni sensibili (la parola o l'azione), così come la visione sensibile e quella intellettuale; la 'visio imaginaria’ invece avviene sempre in condizioni di alienazione dai sensi: se ciò è dovuto a malattia, la visione non è profetica, mentre se ciò è dovuto a sonno o a concentrazione estrema, allora la visione è profetica. Il valore cognitivo, generalmente nel senso della predizione, attribuito tradizionalmente ai sogni e recepito nella cultura medievale, viene così confermato. In ogni caso, elemento indispensabile è che la visione sia accompagnata dal 'giudizio’ (iudicium), ovvero che il soggetto profetante riconosca il carattere simbolico di ciò che vede e sappia interpretarne il significato; può esservi addirittura profezia anche solo come 'iudicium’ e cioè come annuncio di qualcosa di conosciuto senza la mediazione dei sensi e dell'intelletto e senza alcuna visione. Dalla riflessione di Tommaso prenderà le mosse quella del più famoso profeta di età umanistica, Gerolamo Savonarola che, come già avevano fatto gli autori alto-medievali e gli esponenti dei movimenti millenaristi e spirituali nel XIII sec. (gioachimiti, seguaci di Pietro di Giovanni Olivi), farà della parola profetica lo strumento privilegiato di un intervento riformatore nella società politica del suo tempo. Tutte le forme di profezia sono comunque inequivocabilmente connotate come conoscenza, per quanto diversa sia dalla conoscenza sensibile (di cui la visione è per la maggior parte degli scolastici il modello più alto), sia dalla conoscenza astratta. Essa essa conferisce certezza poiché pone in contatto con la fonte di ogni conoscenza: in questo aspetto si riconosce un interessante parallelismo col profetismo islamico, il cui carattere cognitivo è posto nei termini della congiunzione del soggetto con l’intelletto agente.(MP)

Bibliografia

M.M. Davy, Iniziazione al Medioevo, Jaca Book, Milano 1982
S. Kruger Il sogno nel Medioevo, Vita e Pensiero, Milano 1996
G. Garfagnini, Questa è la terra tua. Savonarola e Firenze, SISMEL, Firenze 2002

 

Università di Siena - Facoltà di lettere e filosofia
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