Ibn Tufayl
Vita e opere.
Della vita di Ibn Tufayl (1110?-1185) abbiamo
poche notizie. Studiò matematica, astronomia,
filosofia e medicina. A Granada svolse funzioni
politiche ed esercitò la professione
di medico, e successivamente passò al
servizio degli Almohadi, a Ceuta e a Tangeri.
Fu maestro di al-Bitrugi (l’Alpetragius
dei latini) e di Averroè,
che venne da lui indirizzato al commento dell’opera
aristotelica. Dai suoi allievi sappiamo che
scrisse varie opere di astronomia e medicina.
Tuttavia, l’unica giunta fino a noi è
l’Epistola di Hayy ibn Yaqzan sui segreti
della sapienza orientale, in cui aspetti filosofici
e scientifici si intrecciano a quelli religiosi
e mistici, e ad altri simbolici, mitici, poetici.
Fu tradotta in ebraico nel XIV secolo, e in
latino nel XVII con il titolo Philosophus autodidactus.
In essa si descrive l’evoluzione fisica
e intellettuale di un uomo vissuto da sempre
su un’isola deserta. Sulla sua origine
si formulano due ipotesi: quella di una generazione
spontanea dalla materia, e quella di un
abbandono del neonato, approdato all’isola
e soccorso poi da una gazzella. In maniera autonoma,
senza avvalersi di insegnamenti esterni, Hayy
comincia a fare esperienza del mondo, a osservare,
a sperimentare, scopre il fuoco, ricerca le
cause naturali dei fenomeni, si rende conto
dell’esistenza dell’anima. Crescendo
perfeziona la sua conoscenza razionale: coglie
gli aspetti unitari nella molteplicità
dei fenomeni, distingue il lato interno e spirituale
da quello corporeo delle esistenze. Dalla contemplazione
delle sfere celesti il solitario inferisce l’esistenza
della Causa Prima, di cui poi sperimenta la
visione mistica, attraverso un processo di autoannullamento.
Al termine della sua evoluzione Hayy riceve
la visita di Absal, mistico fuggito da un’isola
vicina, governata da Salaman secondo i principi
della religione esteriore e legalitaria. Quando
i due riescono a comunicare, Absal scopre che
tutto ciò che Hayy ha appreso autonomamente
non è altro che una forma più
pura e autentica di quella stessa religione
rivelata. Si avviano dunque insieme verso l’isola
di Salaman per diffondere tale consapevolezza,
che però non verrà riconosciuta
dagli abitanti.
Le fonti. All’inizio del romanzo
filosofico Ibn Tufayl espone la sua opinione circa il pensiero dei suoi
predecessori, mostrando ampia conoscenza della filosofia greca e islamica,
e il suo debito soprattutto verso Aristotele e Avicenna.
Direttamente al primo egli si ispira per gli interessi naturalistici e
gli aspetti scientifici della sua speculazione; del secondo si sente continuatore
ideale, nel proporre quella filosofia orientale che Avicenna aveva soltanto
promesso. Effettivamente Ibn Tufayl trae molti spunti dalle correnti mistiche
del pensiero islamico, soprattutto da al-Gazzali
e da Ibn Bagga, in particolare per quanto
riguarda la possibilità di una conoscenza intuitiva. Tuttavia non
risparmia critiche ai due filosofi: ad al-Gazzali rimprovera l’atteggiamento
eccessivamente distruttivo, per cui finirebbe per condannare dottrine
che anch’egli in parte professa. Per quanto riguarda Ibn Bagga,
pur accogliendo sostanzialmente la sua prospettiva mistica, Ibn Tufayl
non concorda col farla scaturire da un’ottica farabiana piuttosto
che avicenniana. Ciò che secondo lui va sottolineato è,
cioè, il dono gratuito della unione mistica, concessa da Dio indipendentemente
dal percorso razionale seguito da ognuno. Critiche al filosofo saragozzano
vengono mosse anche per la sua dedizione alla vita pubblica. La dottrina
della generazione spontanea dell’uomo dalla terra, per l’azione
del calore, rivela l’influenza di dottrine ermetiche
e alchemiche.
La gnoseologia. La teoria della conoscenza
rappresenta probabilmente l’aspetto più complesso e interessante
del pensiero di Ibn Tufayl. Nell’Epistola di Hayy si evince che
la conoscenza è un processo di tipo esperienziale, che coinvolge
interamente il soggetto in tutti i suoi elementi e secondo la sua evoluzione
umana. Non si tratta, cioè, di mera acquisizione intellettiva di
dati quanto, piuttosto, di un evento di relazione col mondo che trasforma
la psiche. Non vi sono conoscenze innate nell’uomo: tutte hanno
origine dall’esperienza, che fornisce l’occasione per esercitare
e sviluppare sia la sua capacità di ragionamento sia il senso della
morale. Attraverso i cinque sensi avviene il primo approccio al mondo.
Grazie ai collegamenti nervosi tra gli organi di senso e il cervello,
l’uomo diventa consapevole delle proprie sensazioni e percepisce
le cose nella loro interezza. Comparando gli oggetti percepiti, egli è
in grado poi di trovare le relazioni che intercorrono tra loro e di inferire
rapporti causa-effetto. Dall’astrazione nasce la possibilità
di formare idee generali. Sebbene Ibn Tufayl sottolinei l’origine
empirica delle conoscenze, egli delinea questi metodi di acquisizione
del sapere: induttivo, deduttivo, intuitivo e comportamentale.
Rivelazione e conoscenza di Dio. La rivelazione
è considerata da Ibn Tufayl una delle possibilità di attingere
alla verità. Tuttavia egli non smette di sottolineare le possibilità
tutte umane di raggiungere una conoscenza certa anche su Dio. E’
possibile provare la Sua esistenza attraverso l’osservazione dei
suoi effetti; riconoscere gli attributi divini contemplando le caratteristiche
positive nel mondo (ammettendo in essi una perfezione che va ben oltre
questo mondo). E’ possibile, infine, una conoscenza di Dio di tipo
intuitivo e visionario, che si consegue attraverso l’unione
mistica ed è fonte di somma felicità. (PT)
Bibliografia
Traduzioni
Ibn Tufayl, L’Epistola di Hayy ibn Yaqzan, I segreti della filosofia
orientale, a cura di P. Carusi, Milano 1983.
Studi
C. Baffioni, Storia della filosofia islamica, Milano 1991.
M. Cruz Hernandez, Historia de la filosofia española. Filosofia
hispano-musulmana, Madrid 1957.
S. S. Hawi, Islamic naturalism and misticism, Leiden 1974.
Risorse on-line
http://www.muslimphilosophy.com/ip/rep/H030.htm
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