Ibn Bagga (Avempace)
Vita e opere. Ibn Bagga, conosciuto ai
latini come Avempace, nasce a Saragozza tra il 1085 e il 1090 e muore
a Fez tra il 1128 e il 1138. Proveniente da una famiglia umile, poco si
conosce della sua formazione giovanile, a parte l’innata vocazione
alla musica. Tra il 1110 e il 1113 svolge la funzione di visir alla corte
almoravide di Saragozza. Con la riconquista cattolica, nel 1118, emigra
ad Almeria, Granada, Orán e, infine, a Fez. I suoi interessi spaziano
tra i più svariati campi del sapere teorico e pratico: oltre che
filosofo, fu medico, matematico, astronomo, logico, poeta e musico. Egli
stesso si proclama esperto in dodici scienze. Uomo religioso e mistico,
venne comunque accusato di eterodossia. Tra le sue opere più importanti,
composte prevalentemente dopo aver lasciato Saragozza, ricordiamo: Il
regime del solitario (testimonianza dei suoi interessi politici); le opere
mediche: Discorso sul temperamento dal punto di vista medico, Trattato
sulla febbre, Sulle piante; Trattato della unione dell’Intelletto
con l’uomo; Sull’anima; Sul fine dell’uomo; Sull’unità
e l’uno; Lettera di addio.
Le fonti. Dopo la critica mossa da al-Gazali
alla filosofia, egli rappresenta il tentativo, compiuto in terra spagnola,
di rivalutare le tradizione greca, di Aristotele in particolare. In questo
senso potremmo dire che la figura di Ibn Bagga prepara quella di Averroè.
Durante la sua permanenza a Saragozza egli si dedica al commento dell’opera
aristotelica: Fisica, De generatione et corruptione, Historia animalium,
pseudo De plantis. Nella stessa epoca scrive delle note su I medicamenti
semplici di Galeno e sulla Logica di al-Farabi:
al filosofo ellenizzante egli si ispira da molti punti di vista. Per quanto
riguarda le fonti propriamente islamiche e, in particolare, i suoi interessi
di mistica, sappiamo che egli conosce l’Enciclopedia dei Fratelli
della Purezza .
La gnoseologia. Per quanto riguarda l’origine
e il processo della conoscenza, Ibn Bagga riprende un’ottica di
tipo aristotelico, sebbene adattandola a tematiche propriamente islamiche.
I sensi esterni costituiscono il primo approccio umano alla realtà
corporea; attraverso i sensi interni (senso comune, immaginazione e memoria)
si acquisiscono poi le forme intelligibili legate ai corpi; solo attraverso
la ragione tali forme possono, infine, essere del tutto astratte dalla
materia e conosciute nella loro universalità. L’intelletto
acquisito rappresenta, invece, la conoscenza conferita all’uomo
dall’Intelletto
Agente, che contiene e conosce gli intelligibili puri, immutabili,
eterni e immateriali. La congiunzione con l’Intelletto Agente (che
attua al massimo grado le potenzialità intellettive umane), pur
essendo un dono divino, è posta al culmine del processo astrattivo.
Essa rappresenta, inoltre, la possibilità di una unione mistica
con Dio stesso che, possedendo le caratteristiche del motore immobile
aristotelico, è posto all’origine e in continuità
con il resto degli esseri da Lui creati. Le prove della esistenza di Dio,
infatti, sono tratte dalla fisica e si fondano sulla impossibilità
di un regresso all’infinito nella ricerca delle cause dei fenomeni.
L’idea che il processo di conoscenza razionale conduca alla unione
col divino è stata interpretata da alcuni studiosi come una mistica
razionalistica.
La politica. Se in ambito gnoseologico
Ibn Bagga rivela una impostazione fondamentalmente aristotelica, nell’etica
egli sottolinea l’importanza della volontà, per quanto anch’essa
legata alla ragione. La volizione è ciò che distingue l’uomo,
nel mondo naturale e animale governato dall’istinto. Secondo il
filosofo, tutti gli atti umani sono necessariamente atti di scelta, intendendo
per scelta la volontà che nasce dalla riflessione. L’uomo
nobile e saggio è capace di sacrificare gli istinti per seguire
la propria natura spirituale, ma esistono anche gli uomini vili, ossia
schiavi delle passioni, capaci solo di una conoscenza legata al sensibile.
Poiché essi sono la maggioranza, le comunità politiche si
caratterizzano per imperfezioni e decadenza. All’interno degli stati,
gli uomini che contemplano le verità eterne sono destinati a essere
solitari. Tuttavia, la comunità di questi solitari costituisce
la possibilità e l’inizio di una nuova società. (PT)
Bibliografia
M. Cruz Hernandez, Historia de la filosofia hispano-musulmana, Madrid
1957.
J. Lomba Fuentes, Avempace, Zaragoza 1989.
Risorse on-line
http://www.muslimphilosophy.com/ip/rep/H023.htm
http://www.webislam.com/numeros/2003/203/temas/ibn_bajja.htm
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