Interpretazioni della filosofia medievale
nel XX secolo: Introduzione
Il medioevo
è stato a lungo considerato un’epoca di oscurantismo
della ragione e pertanto priva di filosofia (i cosiddetti ’secoli
bui’), perpetuando il giudizio negativo sulla Scolastica emesso
dai pensatori dell’Umanesimo, in primo luogo Francesco Petrarca
(1304-1374). Essi stigmatizzavano i loro immediati predecessori,
o meglio contemporanei, accusandoli di sostenere l'autorità
contro la ragione, il barbarismo di un linguaggio irto di tecnicismi
contro l'eleganza e la chiarezza del latino classico, i sofismi
della logica contro l'impegno morale e civile. Di conseguenza,
ben poca attenzione venne rivolta al pensiero di quest’epoca
nelle prime storie della filosofia, scritte a partire dal XVIII
secolo. Fu solo come conseguenza del progetto politico anti-modernista
della chiesa cattolica, espresso nella enciclica Aeterni Patris
(1879), che la filosofia del medioevo divenne oggetto di studio
in maniera sistematica e approfondita. All’inizio, in
realtà, fu la filosofia di Tommaso
d’Aquino ad essere identificata con la ’filosofia
medievale’ tout-court e proposta, in funzione antimodernista,
come l’unico sistema di pensiero accettabile dal cattolicesimo.
Ma l’apertura di questo campo di ricerca, sebbene inizialmente
funzionale alla riproposta del tomismo, ha prodotto nel corso del
XX secolo numerose e diverse interpretazioni della filosofia medievale.
Tutte sono nate dall’interazione fra la sempre più
ampia disponibilità di materiali e la riflessione sul significato
del pensiero medievale per la cultura filosofica contemporanea. |