I generi letterari: il commento
La forma in cui era impartito l'insegnamento si riflette nella
elaborazione degli scritti filosofici fin dagli sviluppi della scuola
carolingia: la lettura e commento (lectio) di un testo autorevole
costituisce la forma predominante nella produzione scritta a partire
dai secc. IX e X. Nel XII sec. l'arricchirsi del patrimonio testuale
e la ripresa di un insegnamento basato sui testi antichi, anziché
sui compendi altomedievali, favorirono l'articolarsi del genere
letterario del commento. Alla semplice glossa (spiegazione di termini
difficili o breve annotazione su passi particolarmente importanti
del testo base) si sostituisce l’analisi del testo frase per
frase arricchita, nei punti più rilevanti o difficili, da
ampie digressioni e questioni. Questo metodo permette di presentare
diversi livelli d’interpretazione per cogliere i diversi strati
di significato rintracciabili nel testo, di cui l’esempio
più noto sono i "quattro sensi" della Bibbia: letterale,
allegorico, morale e anagogico (B. Smalley). Il testo delle lezioni
poteva essere redatto dal maestro stesso nella forma di commento,
oppure da uno o più discepoli: in questo caso – frequente
in ambiente universitario – si ha la cosiddetta reportatio.
La complessità di questo nuovo modo di riferirsi alla tradizione
rende necessario chiarirne i criteri metodologici, mediante un’articolata
introduzione (accessus ad auctores) che spiega fine e modalità
del commento, mentre le discussioni sviluppate attorno alle problematiche
giuridiche nei secc. XI e XII e la riflessione sugli aspetti problematici
della letteratura teologica accentuarono gradualmente l’importanza
del metodo questionativo. La dimensione dell’oralità,
che accentua l’importanza della memoria, rimase per tutto
il medioevo un aspetto centrale dell’insegnamento e dell’apprendimento,
anche a motivo del tempo e del costo che la riproduzione manoscritta
dei testi richiedeva. A partire dal XIII sec., tuttavia, le università
favorirono una forma veloce ed economica di riproduzione dei testi
che costituivano il canone curricolare: le copie venivano eseguite
da copisti specializzati (stationarii) a ciascuno dei quali veniva
affidato un singolo fascicolo, detto pecia, da riprodurre in una
quantità determinata; i fascicoli delle varie parti di testo,
copiati in serie dai diversi copisti, venivano poi rimessi insieme
a comporre più copie dell’intero testo. Oltre ai testi
veri e propri, circolavano manoscritti altri strumenti utili per
docenti e studenti: antologie di citazioni, compendi e manuali che
presentavano schematicamente i contenuti essenziali del curriculum,
glossari. |