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Il XIII secolo

Il XIII secolo vede la trasformazione delle scuole cittadine in università, luogo di produzione (e non di semplice trasmissione) del sapere; le prime università furono fondate a Bologna, Parigi e Oxford. L’università è un’istituzione autonoma, organizzata come le corporazioni dei mestieri, ma con strutture caratteristiche: le facoltà, suddivise secondo le grandi scansioni disciplinari; e le ‘nazioni’ (qualcosa di analogo agli odierni college), che riflettono la provenienza e la lingua-madre degli studenti, mentre la lingua utilizzata nell’insegnamento continuò per molti secoli ad essere il latino. La facoltà di Arti, propedeutica alle altre tre, copre l’insegnamento della filosofia che dalla fine del secolo precedente era stata articolata secondo la scansione aristotelica in metafisica, fisica ed etica; nelle tre facoltà superiori (oggi forse le definiremmo ‘professionalizzanti’) si insegnavano la teologia, la medicina e il diritto (romano ed ecclesiastico). Il sapere prodotto nel mondo tutto maschile dell’università si caratterizza per la sua forma competitiva (il genere letterario più rappresentativo è la quaestio), con aspetti ludici che affiancano quelli critici. Le fonti filosofiche acquisite nel secolo precedente sono assimilate attraverso un capillare lavoro critico (i commenti) e ampliate attraverso nuove traduzioni soprattutto dal greco (commenti ad Aristotele di autori neoplatonici: Ammonio, Simplicio, Filopono; e bizantini: Eustrazio di Nicea e Michele di Efeso, tradotti da Roberto Grossatesta (m. 1253); Proclo, tradotto da Guglielmo di Moerbeke, cui si devono anche revisioni e rifacimenti della traduzioni dei testi aristotelici). Nei confronti del mondo orientale, il XIII sec. si caratterizza per una duplice chiusura: verso il mondo islamico (1210, 1270, 1277: condanne verso l’aristotelismo e l’arabismo) ma anche verso quello greco-bizantino (la condanna della concezione greca della visione beatifica). L’utilizzazione estesa della logica modernorum porta alla produzione di nuove modalità di argomentazione in ambito teologico e scientifico, che verso la fine del secolo cominciano ad aprire varchi sempre più consistenti nel sistema aristotelico. La nascita degli ordini mendicanti produce un riassestamento delle istanze spirituali e, in particolare con l’ordine domenicano, si propone come baluardo della fede cristiana contro le eresie e contro l’Islam: anche la filosofia viene ‘arruolata’ contro gli infedeli, come indica il programma del generale domenicano Raimondo di Peñafort a cui si ispirano la Summa contra Gentiles di Tommaso d’Aquino (1225-1274) e l’intera opera apologetica di Raimondo Lullo (1235-1315).

La prima metà del secolo si caratterizza per l’iniziale condanna e poi la lenta assimilazione della filosofia aristotelica. Centrale in questo processo è l’atteggiamento dei teologi (Guglielmo d’Auxerre, m. 1131; Filippo il Cancelliere, m. 1136; Guglielmo d’Alvernia, m. 1245) che iniziano ad articolare un discorso scientifico sulla teologia e sulla sua relazione con la metafisica; e dei magistri Artium, cui si deve l’impostazione della riflessione sulle opere filosofiche di Aristotele mediata dall’utilizzazione dei commenti di Avicenna e di Averroè. Entrambi gli aspetti culminano nell’opera di Alberto Magno (1200ca.-1280), soprannominato Doctor Universalis per l’ampiezza dei suoi interessi; dal suo insegnamento presero il via sviluppi dottrinali diversi: l’averroismo di Sigieri di Brabante, la sintesi aristotelico-cristiana di Tommaso d’Aquino, le tematiche neoplatonico-dionisiane ed il collegamento fra il tema della vita filosofica e l’esperienza mistica che caratterizzano la filosofia tedesca e in particolare l’opera di Eckhart (1260-1327). Verso la metà del secolo si verificò un’importante novità istituzionale: i due ordini mendicanti, domenicani e francescani, sorti all’inizio del secolo da esigenze spirituali ben definite (rispettivamente: lotta antiereticale e povertà evangelica), si inserirono a pieno titolo nella vita universitaria dopo un periodo di aspra polemica con i maestri secolari. Alberto Magno era un domenicano, e così Tommaso ed Eckhart. I magistri francescani di Arti e di teologia parteciparono allo stesso processo di trasformazione culturale con una posizione notevolmente diversa, molto più critica nei confronti dei rischi impliciti nell’accettazione della filosofia aristotelica da parte di cristiani; le figure più caratteristiche di questa tendenza furono Alessandro di Hales (1170ca-1245) e Giovanni de la Rochelle (1190ca-1245) nella prima metà del secolo; e nella generazione successiva Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274), che resse la cattedra francescana di teologia negli stessi anni in cui Tommaso d’Aquino reggeva quella domenicana, e propose un’originale riflessione sulle condizioni di lavoro del teologo nel contesto determinato dalla filosofia aristotelica, nonché una sintesi di tematiche metafisiche e spirituali (mistiche) incentrata sulla trasparenza simbolica del mondo come manifestazione di Dio e in particolare sul tema della luce. Nel contesto della facoltà di Arti aveva avviato la propria riflessione filosofica un altro francescano, Ruggero Bacone (1215ca-1294), che sviluppò ben presto una posizione originale e fortemente polemica nei confronti dei suoi contemporanei (in primis proprio di Alberto Magno), proponendo una riforma degli studi che si ponga come base e strumento di una profonda riforma della cristianità. Bacone pone, a questo scopo, l’accento sulla necessità di assumere un atteggiamentod’indagine critica della realtà (scientia experimentalis), non limitandosi al sapere appreso dai libri delle auctoritates. Una proposta riformatrice diversa, imperniata sull’intuizione di un metodo dimostrativo non aristotelico, venne da Raimondo Lullo (1235-1315), filosofo di formazione non universitaria, laico per quanto vicino ai francescani. La diffusione della filosofia fuori dalle università è testimoniata dall’opera di Dante e, in modo diverso, da parte della produzione di Eckhart: le sue prediche in tedesco, così come l’uso dell’italiano per il Convivio dantesco e del catalano per molte delle opere lulliane, costituiscono i primi esempi di produzione filosofica originale in lingue diverse dal latino. Negli ultimi decenni del secolo le posizioni filosofiche si affinano e si diversificano, dando luogo ad un periodo complesso caratterizzato da rilevanti dibattiti dottrinali di cui i principali sono quello contro gli averroisti (centrato su due punti caldi del confronto con la filosofia aristotelica: l’unicità dell’intelletto possibile e l’eternità del mondo) e quelli pro e contro il tomismo (che divenne la dottrina ‘ufficiale’ dei domenicani solo nel terzo decennio del Trecento), in particolare quello concernente l’unicità della forma sostanziale, che contraddiceva l’ilemorfismo.

Nel mondo islamico orientale la discussione sulla filosofia aristotelica prosegue ancora per tutto il secolo ma senza conseguenze per la filosofia latina, perché nessuno degli autori attivi sotto la dinastia mongola (Nasir al-Din al-Tusi,1201-1274; Ibn Taymiyya, 1263-1328; Iji 1281-1355) viene tradotto. Anche lo scambio con i filosofi di al-Andalus si esaurisce con le lettere inviate da Ibn Sabin (1218-1270) a Federico II, che affrontano problemi fondamentali anche nella filosofia scolastica: l'eternità del mondo, la possibilità della teologia, la struttura categoriale dell'essere, il problema dell'anima individuale e dell'immortalità personale, il rapporto fra ragione e rivelazione. Attraverso la corte federiciana, ad opera di Michele Scoto, era giunta ai latini la traduzione dei commenti aristotelici di Averroè. Ed è in gran parte dalla Sicilia che si diffondono, attraverso il circolo intellettuale raccolto alla curia papale a metà del secolo, interessi scientifici (per l’ottica, l’astronomia, l’alchimia) centrati attorno ad una valorizzazione della corporeità e testi ad essi connessi. Diversi autori scolastici (Alberto Magno e Ruggero Bacone soprattutto) manifestarono un forte interesse per queste tematiche prima che, alla fine del secolo, la forte centratura sulle problematiche teologiche, metafisiche e logiche nell’università e la tendenza ad una specializzazione determinassero una netta separazione fra i ‘saperi dei corpi’ e la ricerca filosofica e scientifica istituzionale. Quasi assente è in quest’epoca lo scambio filosofico con Bisanzio, dove l’interesse prevalente continua ad essere per la filosofia neoplatonica. L’interazione con la filosofia ebraica si fa invece più complessa e sfuggente, sia per l’esplicitarsi di un antisemitismo che rende conflittuali i rapporti fra comunità, sia perché i filosofi ebrei attivi in Provenza e in Catalogna scrivono ormai prevalentemente nella loro lingua (Samuel ibn Tibbon, m. 1232; il gruppo di traduttori di Lunel; Shemtob ben Joseph ibn Falaqera, 1223/5-post 1291, che traduce in ebraico la Guida dei perplessi; l’averroista Isaac Albalag, attivo negli ultimi decenni del secolo; i cabalisti spagnoli Ezra e Azriel di Gerona, Mosè Nahmanide, Giuda Cohen, Abraham Abulafia). Significativi scambi continuano comunque a sussistere negli ambienti intellettuali italiani.

XIII sec.
Università di Siena - Facoltà di lettere e filosofia
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