La Filosofia nel mondo latino
Fra VI e VII sec. il crollo delle istituzioni
d’insegnamento e la generale insicurezza
produssero in alcuni intellettuali la
consapevolezza che era necessario salvare
e tramandare in forme nuove e adatte ai
tempi il patrimonio di pensiero e culturale
dell’antichità. Si ebbero
così la traduzione dei filosofi
antichi progettata da Boezio,
anche se solo in minima parte realizzata;
l’elaborazione, da parte di Cassiodoro,
di un curriculum educativo incentrato
sulla tradizione delle arti
liberali, nel contesto del monachesimo;
la costruzione di un contenitore di tipo
nuovo per la trasmissione dei saperi,
l’enciclopedia di Isidoro
di Siviglia. Nell’alto medioevo
sono le problematiche teologiche ad aprire
uno spazio nuovo per la filosofia: nei
monasteri, ma anche nelle scuole nate
dalla riforma carolingia (IX sec.), l’autore-guida
per l’articolazione del rapporto
fra arti liberali e Sacra Scrittura e
per la riflessione sui problemi teologici
fu Agostino d’Ippona; alle diverse
sfaccettature del suo pensiero si richiamavano
gli autori che intervennero nei dibattiti
del tempo (sulla predestinazione, sull’eucarestia,
sull’anima). Uno solo di questi
autori, Giovanni
Scoto Eriugena, sviluppò un
vero e proprio sistema filosofico, che
non ebbe seguaci all’epoca. Nell’XI
sec. dal dibattito fra sostenitori (Berengario
di Tours) e oppositori (Pietro
Damiani, Lanfranco
di Pavia) dell’uso della dialettica
in teologia comincia a prendere forma
una vera e propria filosofia medievale
in lingua latina e con Anselmo
d’Aosta l’indagine razionale
sui contenuti della fede trova piena giustificazione
e si affianca alla prima riflessione medievale
sul linguaggio. Nel XII sec. viene ulteriormente
valorizzato lo studio della logica
e si aprono nuovi campi d’indagine:
Abelardo
è un innovatore nell’ambito
della logica, della teologia e dell’etica
mentre i maestri
di Chartres, valendosi dei nuovi testi
filosofici e scientifici introdotti con
le traduzioni
dall’arabo, elaborano un’interpretazione
filosofica della creazione, confrontando
la narrazione biblica con il Timeo di
Platone: si apre così uno spazio
anche per la filosofia naturale. La cultura
monastica presenta al suo interno importanti
trasformazioni con l’opera dei maestri
di San Vittore e con Ildegarda
di Bingen, mentre Bernardo
da Chiaravalle si oppone con forza
ai filosofi delle scuole. Sarà
tuttavia proprio la nuova filosofia a
uscire vittoriosa dal conflitto: le università
ne raccoglieranno il testimone nel XIII
sec., strutturando il curriculum filosofico
attorno all’interpretazione delle
opere di Aristotele e discutendo su questa
nuova base il rapporto fra filosofia e
teologia. Dopo una prima fase di diffidenza
e divieti, con Alberto
Magno ha inizio l’assimilazione
della filosofia aristotelica, che si vale
dell’apporto interpretativo degli
arabi integrato con elementi neo-platonici.
L’insegnamento di Alberto ebbe sviluppi
diversi: l’aristotelismo radicale
degli averroisti
latini, il sistema aristotelico cristiano
di Tommaso
d’Aquino, la valorizzazione
del platonismo nei discepoli tedeschi
fra cui, in primo piano, Eckhart.
L’ineludibile confronto con Aristotele
viene diversamente risolto nel pensiero
di Bonaventura
da Bagnoregio, che porta nella filosofia
la valorizzazione francescana del mondo
creaturale come segno del creatore, così
come nelle ricerche scientifiche di Roberto
di Lincoln e Ruggero
Bacone; mentre il catalano Raimondo
Lullo segue un percorso filosofico
originale, elaborando un metodo dimostrativo
ispirato ad elementi della logica di al-Ghazali.
Alla fine del XIII sec. la fiducia nella
completa integrabilità di aristotelismo
e cristianesimo lascia il posto, in pensatori
come Duns
Scoto e Guglielmo
di Ockham, alla ricerca di nuovi approcci
che nella tarda Scolastica si fisseranno
in scuole e ‘vie’
diverse.
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