La filosofia nel mondo bizantino
Gli elementi che caratterizzarono lo
sviluppo della filosofia a Bisanzio furono:
la centralizzazione della vita culturale
alla corte imperiale; l’utilizzazione
esclusiva della lingua greca classica
(il greco demotico, lingua parlata da
tutti i popoli dell’impero d’Oriente,
venne usata solo in alcuni settori marginali
della produzione scritta); l’orientamento
conservativo ed erudito nei confronti
della cultura classica; la separazione
fra la pratica della filosofia, considerata
una scienza ‘straniera’, e
lo sviluppo del pensiero religioso –
teologia spirituale e pratica contemplativa
– nei secoli centrali del medioevo
bizantino (IX-XIII): un vero e proprio
confronto fra filosofia e pensiero religioso,
dopo l’età dei Padri (IV
sec.), si ebbe di nuovo solo al tempo
della disputa sull’esicasmo
(XIV sec.). L’insegnamento della
filosofia non fu istituzionalizzato in
maniera stabile (la scuola imperiale di
Magnaura, fondata nel IX sec., ebbe vita
breve), ma fu praticato in genere in circoli
privati, come quello raccolto attorno
all’imperatrice Anna Comnena nell’XI
sec. L'orientamento filosofico di fondo
fu prevalentemente platonico e neoplatonico:
Proclo ebbe particolare influenza sul
primo filosofo cristiano di lingua greca,
Dionigi
pseudo Areopagita, ma anche su pensatori
più tardi, come Michele
Psello (XI sec.) ; anche i commentatori
bizantini di Aristotele sono in genere
su posizioni neoplatoniche. Sul neoplatonismo
si innestano influssi orientali, in particolare
la presenza di dottrine magiche di origine
harraniana.
Lo scambio con il vicino Oriente, specialmente
con la Siria, fu molto intenso nel corso
del VII sec., quando le vicende religiose
(in particolare la diaspora degli intellettuali
che aderivano all’eresia
nestoriana ) ebbero fra le loro conseguenze
la traduzione di testi greci e la redazione
di commenti ad Aristotele in siriaco.
Gli scambi con l’Occidente furono
solo episodici in età carolingia,
ma si intensificarono a partire dal XII
sec. e divennero particolarmente importanti
all’epoca del concilio di Ferrara
e Firenze (1438-39) indetto per riunificare
le chiese d’Occidente e d’Oriente,
separate dallo scisma del 1054: il contatto
fra i dotti bizantini e gli esponenti
dell’Umanesimo fiorentino portò
nel mondo latino le opere di Platone e
Plotino, del corpus ermetico
e degli Oracoli
caldaici, fonti del platonismo rinascimentale.
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