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La filosofia ebraica

Il primo incontro degli ebrei con la filosofia greca risale al I sec. d.C. (Filone d'Alessandria), ma non vi sono testimonianze di una pratica filosofica nelle comunità ebraiche nei secoli dell’alto medioevo fino al IX sec., quando il suo sviluppo riprese nei paesi islamici (in particolare in al-Andalus) in lingua araba – non in ebraico, lingua sacra. A differenza dei musulmani, i filosofi ebrei non tennero separate la discussione filosofica di origine classica (falsafa) dalla dialettica del kâlam, né identificarono la filosofia con la falsafa. Così, per quanto la filosofia ebraica abbia raggiunto il suo massimo splendore nella Spagna dell’XI e XII sec. con Ibn Gabirol (Avicebron) e Mosè Maimonide (quest’ultimo è contemporaneo di Averroè), il suo sviluppo proseguì dal secolo successivo nell’occidente cristiano (Provenza, Catalogna, Italia), utilizzando la lingua ebraica e intrecciandosi sempre più nettamente agli sviluppi scolastici: Isaac Albalag è un vero e proprio averroista; Gersonide e Mosè di Narbona elaborano temi analoghi a quelli trattati dagli scolastici. Accanto alla filosofia di origine greca ed islamica si sviluppa anche un sistema di pensiero originale ebraico, la kabbala: elaborazione di origine gnostico-mistica sulla lingua sacra che introduce all'esperienza mistica e dà forma a una cosmologia basata sugli attributi divini, le dieci Sefirot. L’origine della cabala è pre-medievale, ma essa fiorì nella Spagna del XIII sec., mentre la sua diffusione negli ambienti intellettuali cristiani si ebbe alla fine del XV sec., con Giovanni Pico della Mirandola; nel pensiero rinascimentale si sviluppò in seguito una corrente di ‘kabbala cristiana’.

La Filosofia Ebraica
Università di Siena - Facoltà di lettere e filosofia
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