Boezio di Dacia E’ considerato, insieme a Sigieri di Brabante, uno dei principali esponenti dell’averroismo latino. Come il maestro brabantino, molte delle sue tesi furono oggetto delle condanne del 1277. A lui si ascrivono il De summo bono, il De aeternitate mundi e il De somniis. Il sommo bene. Secondo Boezio, l’essere umano può raggiungere in vita la felicità, che consiste propriamente nell’esercizio dell’attività intellettiva. Tra tutti gli uomini, il filosofo è quindi colui che può ottenere la beatitudine terrena, poiché si dedica interamente alla ricerca della verità. Le assonanze di queste affermazioni con alcune delle tesi condannate nel 1277 sono ineludibili: (40) "non c'è condizione di vita superiore a quella dedicata alla filosofia"; (144) "ogni bene possibile all'uomo consiste nelle virtù intellettuali"; (176) "la felicità si conquista in questa vita e non in un'altra". L’eternità del mondo. Il naturalismo di Boezio di Dacia si accompagna ad una articolata definizione dell'ambito della ricerca filosofica nel trattato sull'eternità del mondo. Egli ritiene infatti che non vi sia alcun problema, tra quelli soggetti all'indagine razionale, che il filosofo non debba discutere per cercarne una risoluzione. L’analisi filosofica così giustificata non gli consente tuttavia di dimostrare con argomenti razionali l'esistenza di un moto primo o la creazione del mondo: questo non significa che sia suo compito negare le verità che egli non può conoscere in virtù dei suoi principi. La legittimità della filosofia si accompagna alla consapevolezza dei limiti contenutistici ed epistemologici di un sapere tutto racchiuso nel mondo dell'uomo. (P.B.) Bibliografia: Edizioni Traduzioni italiane Studi e monografie |
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