Infine, l'area disciplinare delle arti. Nello Studio delle origini facevano capo ad essa non solo gli insegnamenti
superiori di logica e di filosofia, ma le scuole, ad orientamento più pratico, di abaco, di geometria e di arte
notarile, e infine quelle di grammatica, distribuite nella città in ragione di una per porta. Durante il
Trecento, sembra che l'interesse si sia concentrato specialmente sugli insegnamenti pratici e di base: il maestro
più noto è Maffeo di Riguccio di Porta Santa Susanna, che insegnò notariato per tutta la prima metà del secolo. Ma
già nel 1389 i Savi preposti allo Studio, riducendo a quattro le cattedre di grammatica destinate alle
porte e intitolando la quinta all'insegnamento delle retorica, dell'eloquenza e degli autori classici, aprivano
l'università di Perugia alla fioritura umanistica.
Nel clima umanistico, si accentua la specificità degli insegnamenti letterari di livello superiore. Infatti, pur
mantenendosi
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l'unità istituzionale del settore delle arti e della medicina, nel corso del Quattrocento le humanae
litterae acquisiscono prestigio e autonomia nei confronti sia della medicina sia della filosofia. Mentre la
prima accentua il suo profilo specialistico, le cattedre filosofiche sfuggono spesso dalle mani dei "letterati" per
essere appannaggio dei medici, che prediligono la filosofia naturale, dei religiosi, che hanno il loro punto di
riferimento nelle scuole degli Ordini, e più tardi, come si è visto, dei teologi universitari. Per la
filosofia, dunque, l'Ateneo perugino ricorda docenti insigni provenienti dalle file degli Ordini: come, nel
Quattrocento, il francescano Francesco della Rovere, poi papa Sisto IV, o, nel secolo successivo, l'agostiniano
Taddeo Guidelli, figura di rilievo al concilio di Trento. L'insegnamento della matematica fu illustrato nel
Quattrocento da Luca Pacioli, più volte a Perugia tra 1477 e 1510, e mantenne una buona tradizione anche nelle
età successive.
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