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Nell'ultimo quarto del Duecento il comune di Perugia, forte politicamente ed economicamente, incomincia a preoccuparsi di dotare la città di scuole superiori. Nelle disposizioni statutarie della fine del secolo e dell'inizio del Trecento si dettano norme per l'istituzione e il finanziamento di cattedre, specialmente di diritto. Ma solo l'8 settembre 1308 i Perugini ottengono da Clemente V la bolla che istituisce in città uno Studio generale: questa è considerata la data di nascita ufficiale dell'Università di Perugia. Il privilegio di Clemente V è completato poi da quelli di Giovanni XXII, che concede allo Studio perugino la facoltà di conferire i gradi dottorali in diritto civile e canonico (1318) e poi nella medicina e nelle arti (1321). Più tardi si aggiungerà il riconoscimento dell'autorità imperiale, con i due diplomi emanati da Carlo IV il 19 maggio 1355. L'università trecentesca è resa forte da questi riconoscimenti ufficiali, ma soprattutto dall'attenzione e dall'impegno, normativo e finanziario, che la città dedica al suo sviluppo. Gli statuti del 1342 e del 1366 riservano ampio spazio a disposizioni relative allo Studio, posto saldamente, nonostante la presenza delle universitates studentesche, sotto l'autorità delle magistrature comunali.
Con la fine del Trecento si chiude il periodo delle origini, che coincide con la fase "comunale" dello Studio.

Per quanto riguarda le età successive, il principale studioso dell'Università di Perugia, Giuseppe Ermini, articola in tre periodi la storia dell'ateneo dal XV secolo alla cesura rappresentata dall'età napoleonica: "Un primo, che può farsi giungere fino al pontificato di Paolo II e con più precisione all'anno 1467, nel quale lo Studio, che resta ancora formalmente universale e comunale, vive però per concessione signorile, e il signore pertanto ne è, almeno in potenza, il supremo arbitro e tutore; un secondo, nel quale l'intervento del signore pontefice, che va ormai chiaramente atteggiandosi a principe, si manifesta ogni giorno più attivo nelle cose dello Studio, sostituendo gradatamente con i propri gli antichi organi direttivi di questo, assumendone sempre più diretta la vigilanza a mezzo dei suoi legati e governatori, in una evidente aspirazione a trasformarlo da istituzione comunale a propria istituzione principesca; un terzo infine in cui, fatto ormai lo Studio scuola del principato, riceve da Urbano VIII il nuovo ordinamento, che conserverà, pur con le successive correzioni e integrazioni, fino al morire del settecento, quando, con lo spirito di vita nuova portato dai nuovi tempi e dalla rivoluzione francese, l'Università entrerà nel periodo monarchico della sua esistenza".

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