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Per leggere la didascalia, clicca sull'immagine Nello Studio delle origini, pur dominato dai giuristi, grandi personalità illustrarono anche gli insegnamenti di medicina: primo fra tutti, ma non isolato, Gentile da Foligno († 1348). Nel Quattrocento e nel Cinquecento la scuola medica ha certamente un profilo più modesto; e tuttavia l'ambiente dei medici perugini, meno studiato finora rispetto a quello dei maestri di diritto, offre numerosi spunti di interesse storiografico: nel Quattrocento occupano le cattedre dello Studio personaggi che all'impegno didattico e scientifico uniscono un'intensa attività professionale, al servizio delle città e delle corti oltre che per la clientela privata (anche per questo le loro carriere sono spesso segnate da una grande mobilità). Specialmente dalla metà del secolo si accentua l'apertura della medicina agli interessi letterari propri della nuova nuova cultura umanistica. Medici e umanisti sono, nel Quattrocento, Nicolò Rainaldi e Mattiolo Mattioli; nella prima metà del Cinquecento, Lucalberto Podiani, docente nello Studio, attivo al servizio della città come medico e insieme come cancelliere e ambasciatore, si guadagnò per la vastità della cultura gli appellativi di maximus orator, summus logicus, maximus philosophus et excellentissimus medicus.

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Per leggere la didascalia, clicca sull'immagine Nel complesso, il Cinquecento rappresenta nello Studio perugino un periodo di crisi per l'insegnamento della medicina, che solo episodicamente mostra segni di rinnovamento: nell'emergere di un interesse per gli studi naturalistici e botanici (che si manifesta anche nell'stituzione di una cattedra dei semplici), e soprattutto, tra la fine del secolo e l'inizio del Seicento, nell'introduzione dell'anatomia.
La teologia fa istituzionalmente la sua comparsa nello Studio perugino dalla fine del Trecento, ma di fatto l'insegnamento continua per lungo tempo ad essere impartito nelle scuole degli Ordini. Solo nel Cinquecento si può parlare per l'Ateneo perugino di cattedre stabili di teologia. Affidata sempre a docenti provenienti dal clero regolare, la teologia universitaria conosce da questo momento una rapida e significativa affermazione: gli stessi insegnamenti filosofici (nell'ambito dei quali, prima, la teologia era saltuariamente insegnata) tendono sempre più ad essere condizionati dalle tendenze monopolistiche dei teologi che, a partire dalla riforma cattolica, incominceranno addirittura a contestare ai loro colleghi della Facoltà di Arti il diritto di laureare in filosofia.

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