Ibn Arabi
Vita e opere.
Ibn Arabi (Murcia 1164 - Damasco 1240), mistico
e filosofo di particolare originalità
per il modo di integrare, in un quadro metafisico,
istanze esoteriche ed esegesi coranica, teosofia
sciita e teologia del Kalam,
pensiero neoplatonico e arabo, misticismo sufi.
Nella sua formazione giovanile riceve l’influenza
della scuola andalusa e della scuola neoplatonica
di Almería, e incontra personalmente
Averroè, all’età
di diciassette anni. Inizialmente prende parte
all’attività politica come segretario
del governo di Sevilla ma, in seguito, si dedica
prevalentemente alla vita spirituale, viaggiando
nell’Africa del Nord e in Oriente. Della
sua ampia produzione ricordiamo: il Commento
delle perle della sapienza, le Rivelazioni di
Medina, le Illuminazioni di Mossul, il Libro
delle rivelazioni meccane, L’epistola
delle luci, il Libro della politica divina,
il Libro del tesoro degli amanti, il Libro del
regalo del viaggio mistico, il Libro della estinzione
nella contemplazione.
La metafisica.
In ambito
metafisico, Ibn Arabi accoglie la distinzione
tra essere possibile ed Essere Necessario operata
dai filosofi ellenizzanti, a cominciare da al-Farabi,
e la approfondisce ancor più in senso
platonico, pur discostandosi da alcuni elementi
dottrinali ed elaborando una teoria nuovamente
articolata. L’Essere Necessario, Dio,
è Verità e Luce ma, al contempo,
abisso insondabile e inconoscibile. L’essere
possibile è penombra, l’essere
impossibile oscurità. La Luce è
il centro del cosmo, da cui irradiano gli esseri
possibili che, in tal modo, divengono esistenti.
La creazione divina definisce i limiti del cosmo:
al di là della circonferenza, data dal
termine del Suo raggio di azione, vi è
il nulla. Tuttavia, ciò non esclude la
possibilità di una sua moltiplicazione
infinita. Anche gli esseri possibili hanno una
potenzialità creativa, che si esprime
nella forma di una irradiazione che definisce,
anch’essa, una circonferenza. L’insieme
degli esseri possibili rappresenta l’espressione
della Essenza Divina a differenti livelli. Nell’ambito
della gerarchia metafisica, che vede il manifestarsi
di Dio attraverso forme diverse, Ibn Arabi interpreta
la dottrina islamica dei 99 Nomi Divini. Ogni
aspetto dell’universo fenomenico è
l’espressione di un particolare nome;
i nomi di Dio, dunque, acquistano il loro senso
pienamente attuale solo
nel mondo creaturale. Da un punto di vista
cosmologico, un grado importante della teofania
è rappresentato dal Sublime Intermediario,
in cui i possibili sono contenuti in modo semplice
e indifferenziato: grazie al mandato esistenziale
dato dall’Essere Necessario essi acquisiscono
esistenza particolare e concreta. In tal modo,
la diretta dipendenza della infinita molteplicità
degli esseri possibili da Dio, conduce a negare
il principio neoplatonico, accolto dagli arabi,
secondo cui dall’Uno proviene una unità.
Ugualmente il filosofo nega la necessità
dell’azione divina.
L’antropologia.
Tra le creature, l’uomo riveste un ruolo
di importanza speciale in quanto sintesi completa
dell’universo e immagine divina. Egli
compendia, infatti, tutti i nomi divini e gli
aspetti del cosmo. I quattro elementi e i quattro
venti (dalle quattro principali direzioni) corrispondono
in lui ai quattro umori e alle quattro facoltà
fisiologiche (suzione, ritenzione, digestione,
espulsione); i quattro tipi di acqua (salata,
dolce, putrida e amara) al liquido degli occhi,
della bocca, del naso e delle orecchie; i sette
livelli della terra ai sette livelli del corpo
(pelle, grasso, carne, vene, nervi, muscoli
e ossa); le piante ai capelli e alle unghie;
gli animali e i diavoli ai vizi; gli angeli
alle virtù. Corrispondenze sono trovate
anche con i mondi superiori. I rapporti tra
anima e corpo non sono pensati in termini di
opposizione ma, al contrario, di reciproco sostegno:
l’esterno protegge l’interno e l’interno
protegge l’esterno. L’immagine divina
è la parte più interna dell’uomo.
Con questa egli svolge il compito di reggente
divino del mondo.
La gnoseologia.
Al pari del tema metafisico, anche il problema
della conoscenza
si presenta in Ibn Arabi in maniera complessa,
e si articola principalmente nel rapporto tra
conoscenza umana e divina, e nelle differenti
possibilità di attingere la verità
date all’uomo. La conoscenza umana ha
nella percezione del mondo sensibile un punto
di partenza fondamentale, capace di condurre
ai segreti divini. Occhi, orecchie, naso, lingua
e mani lavorano per i cinque sensi esterni del
corpo e conducono le informazioni al senso comune;
da qui sono trasmesse alla memoria, dunque al
pensiero, infine all’intelletto. Attraverso
un processo induttivo, sceverando le caratteristiche
non comuni da un insieme di individui percepiti
singolarmente, l’uomo raggiunge dunque
gli intelligibili
universali, che hanno lo statuto di realtà.
L’universale, a questo livello di conoscenza,
conserva comunque una forte caratteristica di
differenziazione. Ad un ulteriore grado di conoscenza,
invece, si comprendono i generi sommi, realtà
delle realtà, universali degli universali,
che costituiscono una conoscenza più
indifferenziata, più unitaria, più
profonda e più vera. Queste sono le caratteristiche
della conoscenza divina, che anche l’uomo
raggiunge a partire dalla percezione dei particolari,
mentre Dio, al contrario, conosce i particolari
tramite un sapere universale e indifferenziato.
Attraverso l’analogia con ciò che
è percepito sensibilmente, l’uomo
può acquisire notizia anche di ciò
che non esiste sensibilmente. Vi è poi,
per lui, un’ulteriore possibilità
gnoseologica, rappresentata dal processo di
autoconoscenza. Poiché Dio gli ha donato
tutti gli aspetti del cosmo e di se stesso,
è possibile che egli raggiunga questi
aspetti mediante la riflessione su di sé.
Tuttavia, anche questo sapere si differenzia,
cioè acquista determinazione, attraverso
la conoscenza delle esistenze particolari dell’universo
fenomenico. Al di là degli aspetti legati
al mondo della corruzione, si colloca per l’uomo-immagine
di Dio la possibilità di vedere la realtà
essenziale attraverso l’occhio che è
il centro profondo del suo essere, l’occhio
del cuore. Si tratta qui della conoscenza
mistica, che si risolve nell’abbandono
di tutte le caratteristiche proprie e distintive
dell’essere conoscente e dell’essere
conosciuto, per far posto all’unica Verità
che attraversa tutto il cosmo e che è
Dio. Ibn Arabi critica coloro che interpretano
questo processo come unificazione (ittihad)
o unione, perché ciò implicherebbe
l’ammissione di due essenze distinte.
Mantenendosi fedele all’ortodossia islamica,
che professa il Tawhid (l’unità
di Dio), egli ritiene che Egli solo è
essenza; pertanto questo tipo di conoscenza
è dato da un riconoscersi in questa essenza,
eliminando tutte le caratteristiche di differenziazione.
Qualunque tipo di conoscenza essenziale, cioè
non legata al sensibile, si risolve dunque nell’autoconoscersi
di Dio attraverso ciò che è altro
da sé, attraverso la sua creatura. Questo
rapporto di conoscenza ha lo statuto di una
relazione amorosa.(PT)
Bibliografia
Traduzioni
Ibn Arabi, Il libro della estinzione nella contemplazione,
trad. Y. Tawfik-R. Rossi Testa, Milano 1996
Studi
C. Baffioni, Storia della filosofia islamica,
Milano 1991
M. Cruz Hernandez, Historia de la filosofia
española. Filosofia hispano-musulmana,
Madrid 1957, 2 voll.
M. Takeshita, Ibn Arabi’s theory of the
perfect man and its place in the history of
Islamic thought, Tokyo 1987.
Risorse on-line
http://www.ibnarabisociety.org/
http://www.digiserve.com/mystic/Muslim/Ibn_Arabi/
http://www.arches.uga.edu/~godlas/ibnarab.html
http://www.iph.ras.ru/~orient/eng/pube/nciae.htm
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