Ragione e fede
All’inizio
dell’età medievale l’unità
religiosa nel segno del cristianesimo
era l’unico fattore di omogeneità
sopravvissuto alla rovina del mondo classico:
tutti i filosofi medievali occidentali
e bizantini sono cristiani, ed una elaborazione
filosofica della rivelazione evangelica
era già stata compiuta, dal Logos
del Vangelo di Giovanni alla filosofia
di Agostino e dei Padri greci. Non vi
è tensione fra ragione e fede in
Boezio
o in Dionigi
pseudo-Areopagita; tensione che invece
emerge, in occidente, quando la razionalità,
intesa come capacità di definire
e distinguere (dialettica),
diventa il marchio del potere carolingio.
Nei dibattiti
dell’età carolingia è
possibile infatti vedere come l’uso
della ragione dialettica andasse a confliggere
con l’esigenza di non intaccare
le concezioni che giustificavano le tradizionali
modalità di mediazione col sacro,
cioè la base del potere ecclesiastico.
Né sul versante dei ‘dialettici’
né su quello degli ‘antidialettici’
è in discussione la ragione come
tale, ma lo sono i limiti della sua applicazione
alle verità di fede (i misteri
divini e i sacramenti). Sarà la
soluzione di Anselmo
d’Aosta, espressa dalla formula
della ‘fede che cerca la propria
comprensione intellettuale’ (fides
quaerens intellectum), a legittimare definitivamente
l’indagine razionale, aprendo il
campo alla possibilità di elaborare
una teologia,
anche se la vigilanza dell’istituzione
ecclesiastica sui pericoli del razionalismo
si farà sentire nelle condanne
di Abelardo
e dei maestri
chartriani nel XII sec. Se confrontiamo
questa situazione occidentale con lo sviluppo
coevo della filosofia islamica, notiamo
una differenza di fondo: nel IX sec. in
occidente si intrecciano, negli stessi
ambienti e talora nelle stesse persone,
l’esercizio del potere ecclesiastico
e la ricerca filosofica e teologica; in
oriente, dove la vita religiosa e sociale
è governata dall’interpretazione
letterale del Corano, i seguaci del kâlam
ed i mistici sufi operano al di fuori
delle sfere di potere, quando non in esplicita
opposizione ad esse; ed i primi filosofi
ellenizzanti (al-Kindi,
al-Farabi),
che sviluppano la loro ricerca all’ombra
del potere politico, sono molto attenti
a porre esplicitamente al di là
di ogni possibile interferenza filosofica
l’assoluta trascendenza di Dio.
Si mostra in ciò un’interessante
analogia con quella che a Bisanzio è
la separazione istituzionale fra ricerca
filosofica e potere politico e religioso.
Anche nell’islam, tuttavia, la tensione
fra ricerca filosofica e fede si manifesta
in seguito (XI-XII sec.) con la reazione
di al-Ghazali
contro Avicenna
e, soprattutto, con la messa al bando
di Averroè:
la posizione che egli aveva espresso nel
Breve trattato sui rapporti fra filosofia
e religione fu la più forte, ma
anche l’ultima affermazione del
primato della ragione aristotelica nel
mondo islamico. L’ingresso delle
opere di Aristotele
riacutizzò il problema del rapporto
fra ragione e fede, mai completamente
risolto, anche nel mondo latino; le tesi
aristoteliche sull’eternità
del mondo e sull’anima come
forma del corpo
minavano l’idea della libertà
divina e proponevano un’antropologia
naturalistica. Dal divieto del 1210, che
collegava aristotelismo ed eresia, alle
condanne
di fine secolo (1270 e 1277), la tensione
fra teologi e filosofi fu costante, mentre
all’interno degli ordini
mendicanti le modalità d’approccio
alla filosofia e il suo rapporto con i
contenuti della fede furono molto diversificate:
su una posizione estrema si colloca il
filosofo catalano Raimondo
Lullo, vicino ai francescani, che
riteneva di poter dimostrare le verità
della fede con ‘ragioni necessarie’,
elaborate mediante un originale metodo
dimostrativo, l’ars combinatoria.
L’aristotelismo cristianizzato di
Tommaso
d’Aquino non ebbe accoglienza
unanime: alcune delle tesi condannate
nel 1277 riportavano posizioni filosofiche
tomiste. La separazione fra l’ambito
della fede e quello dell’indagine
razionale (filosofica e scientifica) caratterizzano
infine la via moderna instaurata dalla
filosofia di Ockham,
entro la quale emergeranno posizioni scettiche
e/o fideiste nel corso degli ultimi due
secoli del medioevo.
|