La creazione del mondo
L’Antico Testamento è il
‘Libro’ comune a ebrei, cristiani
e musulmani e dunque per tutti l’idea
che il mondo sia stato creato dal nulla
da un Dio trascendente (qualunque sia
il nome con cui è designato) è
materia di fede, cui nessuna delle idee
filosofiche greche poteva essere accostata
senza difficoltà. La possibilità
di una lettura filosofica dell’opera
dei sei giorni (hexaemeron) era stata
saggiata dai Padri greci e latini, che
avevano attinto soprattutto alla tradizione
platonica: ma il Demiurgo, che nel Timeo
di Platone forma la materia imitando le
idee archetipe, non poteva essere identificato
con il Dio biblico che crea ‘dal
nulla’; e il processo emanatistico
nelle varie forme elaborate dai neoplatonici,
in particolare da Plotino e Proclo, non
spiegava la trascendenza assoluta del
creatore rispetto alla creatura. Perciò
la sua utilizzazione doveva essere accompagnata
dall’attento chiarimento della trascendenza
assoluta di Dio (soluzione adottata dai
filosofi islamici al-Kindi,
al-Farabi,
Avicenna),
o rischiava di condurre all’accusa
di panteismo
come fu per la dottrina di Giovanni
Scoto Eriugena. Ma cosa significa
creare dal ‘nulla’? in età
carolingia Fridegiso
di Tours aveva affrontato il problema
sul piano semantico a partire dal dettato
biblico. Successivamente ci si sarebbe
concentrati piuttosto sul significato
di ‘materia’ nei testi filosofici:
così fu per i maestri
chartriani e per gli altri autori
del XII sec. che cercarono di interpretare
la creazione utilizzando il modello del
Timeo; mentre già Ibn
Gabirol aveva elaborato un sistema
emanatistico d’impianto neoplatonico
in cui la materia
universale era il primo livello di
realtà prodotta da Dio. L’ingresso
dei libri fisici e metafisici di Aristotele
spostò il problema, perché
l’idea di una struttura della realtà
come catena causale implica che fra l’effetto
– il mondo – e la causa prima
(o motore immobile) da cui dipende non
vi sia nessuno stacco temporale e cioè
che il mondo sia coeterno a Dio, come
aveva già mostrato con chiarezza
ad Averroè.
Alla difficoltà di salvaguardare
l’assoluta libertà dell’atto
creatore, si sommava ora quella di determinare
filosoficamente la finitezza del mondo:
nel corso del XIII sec. si sviluppò
un ampio dibattito in cui l’indimostrabilità
filosofica della creazione fu sostenuta
- contro molti pensatori, non solo francescani
- dallo stesso Tommaso
d’Aquino; la posizione estrema,
che afferma positivamente l’eternità
del mondo caratterizzò l’averroismo
latino.
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