Egidio Romano Vita. Egidio Romano (1243ca.- 1316), appartenente all'ordine eremitano di Sant'Agostino, studiò a Parigi alla facoltà di arti e a quella di teologia. Fu allievo di Tommaso d’Aquino, di cui seguì i corsi tra il 1269 e il 1272. Coinvolto nelle condanne del 1277, sospese per un periodo l’attività di magister theologiae. Fu generale del suo Ordine nel 1292 e poi arcivescovo di Bourges nel 1295; morì nel 1316. A causa delle cariche che ricoprì, mentre egli era ancora in vita il suo pensiero diventò quello ufficiale del suo ordine, il che contribuì a mettere in risalto l’aspetto più celebre del suo pensiero, ovvero l’attitudine polemica rivolta verso le posizioni antitomiste Teologia e metafisica. Considerato da alcuni tomista in senso stretto, egli sviluppò in verità a partire dall'insegnamento dell’Aquinate un proprio sistema originale, che faceva ricorso anche alle dottrine agostiniane. Questo approccio è evidente nella considerazione della sua concezione della teologia come dottrina "non speculativa né pratica ma affettiva", e nell'accettazione della dottrina fisica delle rationes seminales. All'agostinismo Egidio accosta temi tratti dalla Elementatio theologica di Proclo e dal Liber de causis, di cui scrisse un commento. Interpretando in senso boeziano e platonico la dottrina dell'essere e dell'essenza, egli afferma che la loro distinzione non è solo concettuale, ma reale: esse ed essentia sono due realtà che costituiscono un'unità non per se ma per accidens - dottrina che è stata definita "reificazione dell'esistenza." L’opposizione all’averroismo latino e la politica. Radicale è la sua posizione nei confronti degli averroisti latini: contro le loro tesi più rappresentative egli scrisse due trattati, ovvero De erroribus philosophorum e De plurificatione intellectus possibilis. Egidio scorse inoltre un’affinità tra la dottrina della pluralità delle forme e la dottrina averroista dell'unicità dell'intelletto: sostenne infatti che la concezione per cui l’unione tra anima intellettiva e il corpo si realizza attraverso una serie di mediazioni apre la strada alla possibilità di concepire l’intelletto come numericamente uno in tutti gli esseri umani. Per combattere tale concezione, assai comune presso i francescani e i maestri della facoltà di arti, egli si avvicinò dunque alla posizione tomista. La sua posizione politica, espressa nel De regimine principum e nel De ecclesiastica potestate, passa da una adesione all'insegnamento aristotelico nel primo trattato, dedicato a Filippo il Bello, ad una difesa radicale del potere del papa in campo spirituale e temporale. (P.B.) Bibliografia: Edizioni Studi
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