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Pigmei Aka



La musica dei pigmei Aka dell’Africa Centrale offre un’illustrazione eloquente del fenomeno di corrispondenza tra strutture musicali e organizzazione sociale rilevato da Blacking (la cui ricerca si è svolta invece sulla comunità dei Venda in Sudafrica). Si tratta di uno dei tre gruppi pigmei che vivono in Africa Centrale, nella regione di Lobaye dove la foresta è particolarmente densa. E’ una società di nomadi monogami che si stabiliscono in piccoli accampamenti familiari – gruppi di trenta-quaranta persone organizzati in maniera egalitaria non istituzionalizzata dove l’unica autorità riconosciuta è il pater familias – il più anziano del gruppo. L’attività sociale non prevede nessuna gerarchia ma nella pur totale libertà individuale la vita è rigorosamente organizzata. Come nelle altre società africane, la musica è strettamente legata alla vita comunitaria e rituale degli Aka. Essa ha un ruolo centrale in tutte le manifestazioni, ma diversamente delle altre etnie, i pigmei praticano una polifonia vocale altamente elaborata. Questa polifonia, che ha alcuni principi in comune con la polifonia medievale europea ai suoi inizi, coinvolge un numero di persone (maggiore a due) con parti distinte che si inquadrano in un’unica cornice metrica.

1) Anonimo, Alleluia, organum a tre voci del XIII secolo (la scuola di Notre Dame)


2) Bondo (Diye) – musica di divinazione dei Pigmei Aka dell’Africa Centrale


In entrambi i casi viene utilizzata una tecnica corrente che nella polifonia del XIII secolo si chiamava hoquetus, caratterizzata da frequente alterna interruzione delle voci che, mediante le pause crea un andamento spezzato con effetto da “singhiozzo”.

L’organizzazione sonora della polifonia dei Pigmei sembra riflettere la costruzione non gerarchica della società in quanto ogni individuo vi partecipa con autonomia e libertà ma il tutto è rigorosamente organizzato attraverso schemi ritmici, melodici e formali che vengono tramandati da una generazione all’altra a partire dalla più tenera età. Ne risultano straordinari intrecci di voci, di timbri vocali, di ritmi e di tecniche di costruzione. Esiste sempre un motivo “ostinato” al quale vengono sovrapposte delle piccole formule melodiche che si ripetono indefinitamente con leggere e progressive variazioni. Soltanto la presenza di simili intrecci trasforma un canto in “musica” e lo distingue nettamente da emissioni vocali con finalità puramente funzionali

Richiami di caccia (Mongombi) dei Pigmei Aka (ascolto*)

In questo esempio, registrato dall’etnomusicologo Simha Arom durante una battuta di caccia alla rete nella foresta del sud-ovest dell’Africa Centrale, si possono sentire i rumori della natura, il cinguettio degli uccellini, il brusio delle foglie e le voci dei cacciatori (tutti uomini, alcuni cantano in falsetto). I pigmei non considerano musica questa attività vocale che alle nostre orecchie sembra invece una vera e propria imitazione “musicale” dei suoni della foresta. I richiami preliminari di singole voci isolate hanno precisi contorni melodici; poi, con l’inizio della battuta di caccia le melodie diventano gridi che si stringono sempre di più. Ma per i pigmei l’intero evento sonoro ha delle funzioni precise e concrete ai fini della buona riuscita della battuta: la voce acuta e intonata riesce a penetrare la densa selva della foresta fungendo da segnale che indica la posizione dei diversi cacciatori e lo stadio della rete collettiva che stanno stendendo alla preda. (
TPB)

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