Aria
Tra Umanesimo e Rinascimento il termine "aria"
possiede il senso generico di "melodia" e ha a che vedere
con un tipo di canto accompagnato in cui la parte superiore svetta
decisamente sulle altre che procedono perlopiù con andamento
accordale. Nel corso del Cinquecento godono di amplissima diffusione
manoscritta e a stampa le arie per cantare versi latini, capitoli,
sonetti, terze rime, ottave, ossia moduli melodici standardizzati
da sovrapporre alle diverse forme metriche: chiunque lo desiderasse
poteva così intonare facilmente testi poetici di varie epoche
e provenienza. Ma è con la nascita dell'opera - e dei generi
consimili di oratorio e cantata - che l"aria" assume la
fisionomia moderna di pagina di per sé autosufficiente ("pezzo
chiuso") articolata in più parti, su schemi metrici ben
definiti, per voce solista con accompagnamento strumentale. Nei primi
decenni del Seicento ne esistono almeno tre tipologie:
- arie strofiche: a ogni stanza è
applicata la medesima musica, e ciascuna è separata dall'altra
da un ritornello strumentale;
- arie su basso ostinato: ciascuna strofa
si sviluppa su un medesimo basso, mentre la melodia è ogni
volta diversa;
- arie composte: formata da più
sezioni, più o meno diverse l'una dall'altra. Spesso però
tali arie sono bipartita, con una seconda parte che può avere
carattere e tonalità contrastante (AB).
A fine Seicento l'aria d'opera italiana (sempre appaiata a un recitativo
che la precede) si cristallizza nell'espressione statica di emozioni
primarie e sentimenti stereotipati per mezzo della struttura tripartita
con il "da capo" (ABA'), dove l'ultima parte è la
replica della prima, variata però in chiave virtuosistica dal
cantante. Il modello funziona nell'opera seria per gran parte del
XVIII secolo - e ben spesso nella forma estesa AA’BAA’
- perlomeno finché non si afferma l'esigenza di una concezione
più unitaria e dinamica dell'opera, di cui diviene unità
minima di misura la scena piuttosto che la singola aria. La quale
perciò, nell'Italia del primo Ottocento, cresce nelle proporzioni
inglobando al suo interno differenti momenti drammatici e strutturandosi
in quattro parti: scena - cantabile - tempo di mezzo - cabaletta.
Vale a dire: dialogo tra il protagonista e un comprimario - momento
contemplativo, in tempo lento - accadimento imprevisto che richiama
il personaggio alla realtà, all'azione - sezione in tempo veloce,
dalla vocalità pirotecnica. Nella seconda parte del secolo,
tuttavia, il teatro musicale viene investito dalla riforma wagneriana,
che rigetta l'aria e i pezzi chiusi in nome della continuità
dell'azione e dell'unitarietà del dramma. Una concezione che
farà scuola nel Novecento. (GMo)