Strumenti musicali
Origine, simbologia e tecniche costruttive
Poiché l’uso di strumenti diversi (bastoni, conchiglie, pietre)
per produrre suono risale fin alla preistoria, si può affermare che
lo strumento musicale fu “inventato” prima ancora della musica.
Ed in effetti, una prima evoluzione nella produzione di strumenti musicali
viene fatta risalire all’intervento umano per modulare il suono secondo
parametri stabiliti, dunque in base ad una destinazione specificatamente musicale.
Per la moderna organologia (la scienza che classifica gli strumenti e ne studia
le caratteristiche e l’uso) ogni oggetto usato dall’uomo per la
riproduzione simbolica del suono è definibile strumento musicale, a
prescindere dalla sua complessità.
Gli elementi fondamentali che caratterizzano gli strumenti sono stati via
via rintracciati nel funzionamento acustico,
nel portato simbolico e/o nella tecnica
costruttiva. Questi tre parametri non sono univocamente correlati,
perché, ad esempio, strumenti molto semplici nell’assemblaggio
delle componenti possono avere un complesso funzionamento acustico, e viceversa,
strumenti complessi possono funzionare sulla base di principi acustici più
elementari. Inoltre, anche il significato simbolico che uno strumento assume
nella cultura che lo produce e impiega può essere elemento altamente
caratterizzante in quella stessa cultura, ma può non aver alcun valore
in un’altra. Gli strumenti musicali sono infatti legati ai miti e credenze
delle origini, alle mitologie e al pensiero religioso, ai rituali magici,
alle vicende epiche, alle tradizioni popolari, alla letteratura, ai sistemi
filosofici, e alla loro stessa tradizione ed evoluzione storica. La simbologia
e l’utilizzo sociale dello strumento sono dunque anch’essi per
la moderna organologia un criterio di classificazione, affiancati al più
comune criterio tassonomico fondato sul funzionamento acustico e, nella fattispecie,
sul modo in cui il corpo risuonante entra in vibrazione e sul materiale di
cui lo strumento è costituito. A partire dagli studi fondamentali di
André Schaeffner (Origine des instruments de musique, 1936), che supera
la tradizionale tassonomia “quadripartita” di Eric von Hornbostel
e Curt Sachs (1914), l’organologia ha quindi aperto la strada ad una
“visione contestuale” dello strumento che mira alla comprensione
dello stesso quale documento culturale, “in
quanto materializzazione della musica per cui è prodotto, e sintesi
di valori, di simboli, di norme performative e rituali, e di funzioni musicali”
(dall’introduzione a: Baines, Storia degli strumenti musicali, p. XII).
Anche gli strumenti elettronici della moderna musica pop e rock rientrano
in questa visione contestuale: anch’essi, tra l’altro, si fanno
portatori di significati simbolici (soprattutto sessuali) marcatamente evidenti
(il caso più esaminato è quello della chitarra elettrica) e
che contribuiscono alla trasmissione del “messaggio musicale”
nel suo complesso. Come ha ricordato Luciano Berio nelle sue Lezioni americane
(L. Berio, Un ricordo al futuro, Torino 2006, p. 21) “Lo strumento musicale
… produce suoni nient’affatto neutri”, esso è infatti
depositario concreto di “continuità storica”: il suo essere
utensile di lavoro lo rende “portatore di memoria”, cioè
delle tracce delle vicende musicali e sociali e della cornice concettuale
entro la quale si è sviluppato.
Per quanto riguarda la tecnica costruttiva qui basterà ricordare come
essa stessa sia in origine legata a rituali magici e simbolici (ricordiamo,
ad esempio, il dio Apollo costruttore della lira) o di antiche credenze (il
biblico Yubal), ma anche al valore sociale e scientifico degli esperimenti
e delle tecnologie impiegate. L’eccellenza dei maestri liutai del ‘600
e ‘700 nel perfezionamento del violino - un capolavoro di funzionalità
musicale, estetica e tecnologia – o i rivoluzionari progressi nella
progettazione dei pianoforti statunitensi Steinway non sono che due esempi
di quanto le tecniche costruttive siano essenziali all’espressività
musicale dello strumento, alla sua diffusione, se non addirittura allo sviluppo
della letteratura musicale ad esso dedicata. In tal senso, occorre ricordare
anche la diffusa espansione, dalla metà del ‘900, degli strumenti
elettronici e, più recentemente ancora, digitali, che permette oggi
ai musicisti, ma anche a qualsiasi utente dilettante, di personalizzare in
modo flessibile i propri strumenti e sistemi di riproduzione.
Classificazione
Degli strumenti musicali esiste una classificazione alquanto articolata e
tuttora materia di riflessione. Una soluzione che tenta di sintetizzare la
tassonomia “descrittiva” di Schaeffner con quella di Hornbostel
e Sachs delle quattro classi (cordofoni, membranofoni, idiofoni, aerofoni)
è stata ampiamente studiata da Geneviève Dournon. Qui di seguito
sono evidenziati i più ampi raggruppamenti, articolati nello specifico
sulla base di tre parametri descrittivi: elemento vibrante
principale; modalità di vibrazione;
configurazione e struttura esteriore. Una categoria
a se stante è quella degli strumenti elettronici e dei calcolatori.
IDIOFONI: il suono è prodotto dallo stesso
materiale con il quale lo strumento è costruito, e la materia vibrante
è un corpo solido, che può essere percosso attraverso varie
tecniche. In questa grande famiglia rientrano tutte le percussioni senza membrana,
come piatti, nacchere, gong, sonagli, bastoni (con o senza corpuscoli all’interno),
scacciapensieri, ecc.
MEMBRANOFONI: il suono è prodotto dalla vibrazione di un corpo
elastico, una membrana, tesa su una cassa di risonanza. A questa grande famiglia
appartengono tutti i tamburi, suddivisi in base al numero di membrane e alle
modalità di percussione.
CORDOFONI: in questi strumenti, che costituiscono
una enorme famiglia, la materia vibrante è una o più corde,
tese su un supporto che è spesso anche cassa di risonanza. Le tipologie
sono suddivise in base alla disposizione delle corde (parallele o perpendicolari
al supporto), alla struttura del supporto (unico materiale, materiali assemblati),
dalle modalità di percussione (pizzico, sfregamenti, martelletti etc).
A questo raggruppamento appartengono i più significativi strumenti
musicali della cultura musicale occidentale, come i pianoforti, i clavicembali,
la famiglia degli archi (cioè i cordofoni a frizione, come il violino,
il violoncello etc), le arpe, le chitarre.
AEROFONI: in questi strumenti la messa in vibrazione
è data dalla porzione di aria che contengono nella o nelle loro cavità.
Gli aerofoni sono tutti gli strumenti a fiato, quelli che prevedono l’immissione
naturale o artificiale di un “soffio” che comprima e faccia fuoriuscire
l’aria contenuta nello strumento. La distinzione in famiglie dipende
dalle modalità di immissione del soffio. In questa vastissima categoria
si distinguono i flauti (il getto d’aria è convogliato sull’imboccatura,
e in questa famiglia rientrano anche i corni, gli zufoli ecc.), gli strumenti
ad ancia, dove l’aria vibra grazie all’intermediazione di linguette
e lamelle. Fra questi vengono comunemente distinti gli strumenti ad ancia
libera (come gli organetti a bocca), battente semplice (i clarinetti), ancia
doppia battente (oboe, ma anche cornamuse, zampogne), organo (dove i condotti
d’aria hanno ance ma anche meccanismi di soffiera, tastiere ecc.), trombe
e corni (la vibrazione è data dalla pressione dell’aria sull’imboccatura).
ELETTRONICI: si tratta di apparecchiature elettroacustiche
capaci di generare suoni a partire dal cosiddetto “suono bianco”,
il suono che contiene uniformemente tutte le frequenze udibili, e che viene
opportunamente modificato, filtrato e modulato. Si distinguono in elettromeccanici
(come la chitarra elettrica), nei quali le vibrazioni sono di origine meccanica
e poi trasformate in onde elettromagnetiche, e elettronici (i sintetizzatori),
nei quali i suoni sono realizzati da oscillatori. In quest’ultima classe
è possibile comprendere anche i software informatici, dove l’oscillatore
è numerico.
Gli strumenti dell’orchestra classica
Gli strumenti dell’orchestra classica occidentale sono divisi in quattro
sezioni principali: gli archi, i legni, gli ottoni e le percussioni. Ogni
sezione è composta da strumenti di uguale o simile famiglia, differenziati
per ambito di altezza e per timbrica.
La sezione ARCHI è la più familiare,
anche perché sono i tradizionali strumenti “melodici” dell’orchestra.
Si compone di violino, viola,
violoncello e contrabbasso.
Il violino prevede generalmente una divisione ulteriore in primi e secondi
violini (che riflette due linee melodiche differenti impostate dal compositore)
e, unitamente agli altri archi, ricalca l’impostazione strumentale del
quintetto d’archi. Le caratteristiche timbriche degli archi richiamano
la differenziazione dei registri
vocali umani di soprano (violino), contralto (viola), baritono (violoncello),
basso (contrabbasso), ma le qualità espressive di ciascuno di essi
è molto più ampia e articolata di mere divisioni di registro.
Il carattere lirico del violino è ben noto, ma questo strumento è
estremamente versatile anche nel pizzicato (il pizzicare le corde rende la
sonorità simile a quella di una chitarra), nelle tecniche di sfioramento
(che evidenziano gli armonici, rendendo il suono simile a quello di un flauto),
nell’uso della sordina e di corde in simultanea. La viola, collocandosi
a registro più basso, produce suoni più estesi in gravità
ed ha una sonorità calda ed espressiva. Il violoncello è uno
strumento alquanto versatile, essendo esteso su tre registri, e particolarmente
adatto all’espressività timbrica che spazia dal commosso e straziante
(registro acuto), al pieno e pacato (medio), alla profondità (grave).
Il contrabbasso è strumento oggi molto conosciuto per il suo impiego
nel jazz, dove si è definitivamente svincolato dal ruolo di mero “raddoppio”
all’ottava bassa dei bassi del violoncello.
La sezione dei FIATI, o LEGNI
(anche se non abbraccia solo strumenti di questo materiale) comprende quattro
strumenti principali: flauto, oboe, clarinetto e fagotto. A questi si è
aggiunto più recentemente il sassofono,
protagonista dell’orchestra jazz. Fra questi il flauto
traverso, ed i suoi “parenti” come l’ottavino
(di registro ancora più acuto) è il più agile ed è
dotato di una sonorità acuta e dolce. L’oboe
è invece lo strumento “nasale” per eccellenza e per il
suo carattere “pastorale” è stato spesso impiegato per
enfatizzare i richiami musicali al mondo rurale e contadino. Vicino all’oboe
è il suono del corno inglese (oboe baritono).
Il clarinetto ha un suono più aperto e
brillante, quasi un intermediario fra flauto ed oboe e le sue possibilità
dinamiche sono le più ampie nell’ambito dei fiati. Anche il fagotto
ha un suono versatile, ed è spesso impiegato per far risaltare i colori
scuri degli impasti sonori, ma è estremamente duttile, come dimostra
il notissimo incipit della Sagra della primavera di Stravinsky.
La sezione degli OTTONI comprende il corno, la
tromba, il trombone e la tuba. Il corno ha un
timbro morbido, ma suonato con maggiore intensità produce un suono
maestoso. La sua sonorità è spesso smorzata con l’uso
della sordina. La tromba ha un suono familiare,
brillante e squillante, ma in orchestra, suonata anche con sordine, riesce
a restituire qualità timbriche dolcissime. Anch’essa è
strumento d’elezione nella musica e nell’orchestra jazz. Il trombone
non costituisce solo un “aggravamento” della tromba. La sua sonorità
ha un carattere di grandezza e maestosa solennità. La tuba
è il più imponente degli ottoni, ed è da considerare
imparentato coi tromboni. Le due famiglie strumentali dei fiati e degli ottoni
comprendono anche i principali strumenti traspositori,
cioè costruiti (o modificabili manualmente) in modo che ogni suono
emesso sia più alto o più basso di quanto scritto in partitura,
fra questi ad esempio i clarinetti in mib, in sib, la tromba in re.
L’ultima sezione orchestrale, le PERCUSSIONI,
varia notevolmente nell’orchestra in quanto tali strumenti sono usati
in maniera per lo più coloristica e ritmica. Sono strumenti che non
hanno intonazione definita. Fra questi vi sono i tamburi,
fra i quali il timpano è il solo ad intonazione
fissa: è lo strumento ritmico cardine dell’orchestra di musica
leggera e jazz, oltre che dello strumentario della musica rock e pop. Frequentemente
impiegati anche nell’orchestra classica sono inoltre il triangolo,
il gong (tam-tam), lo xilofono,
le campane.
Questa compagine di famiglie dell’orchestra classica ha subito numerose
trasformazioni ed adattamenti nel tempo ed è opportuno ricordare come
la ricerca timbrica che caratterizza la musica del ‘900 abbia notevolmente
ampliato lo strumentario orchestrale, includendovi arpe,
celeste, organi,
percussioni di vario tipo, ed impiegando in modo “orchestrale”
(cioè non da strumento solista) anche il pianoforte. Infine, le compagini
orchestrali del jazz, che prevedono l’esclusione degli archi e l’impiego
di fiati e ottoni come strumenti melodici, hanno reso l’impasto timbrico
orchestrale completamente nuovo, profondamente diverso dall’orchestra
di impianto tradizionale.
Gli strumenti a tastiera
Fra gli strumenti cordofoni a tastiera che meritano
almeno una rapida menzione per la rilevanza che hanno avuto – e continuano
ad avere – nello sviluppo della cultura musicale occidentale vi è
anzitutto il pianoforte, la cui grande diffusione
iniziò attorno alla metà del ‘700. La caratteristica fondamentale
di questo strumento a corde percosse è che il martelletto ricade dopo
aver colpito la corda, indipendentemente dal ritorno del tasto in posizione
di riposo. Questa tecnica di rilascio consente alla corda di vibrare per tutto
il tempo in cui il tasto è tenuto, contrariamente al clavicembalo
(strumento a corde pizzicate) o al suo più vicino parente, il clavicordo,
garantendo così una enorme versatilità espressiva nel volume
(piano e forte, e tutte le infinite sfumature di intensità sonora)
e nel tocco, oltre che nel registro, data la vasta estensione della tastiera.
L’Ottocento fu il secolo che vide fiorire una rigogliosa letteratura
pianistica, arricchita anche dalle numerose trascrizioni per questo strumento
di opere orchestrali (che contribuirono notevolmente alla diffusione della
musica). L’eccellenza della tecnica esecutiva e il contestuale impiego
del pianoforte come strumento solista nelle formazioni orchestrali (i concerti
per pianoforte e orchestra) o come strumento ‘da salotto’ accompagnarono
e fomentarono il fenomeno del virtuosismo (si
pensi a Chopin e Liszt), sperimentato anche con l’altro strumento d’elezione
della musica classica e romantica, il violino (Paganini).
Altro strumento a tastiera, ma aerofono, di assoluta
rilevanza nella tradizione musicale occidentale è l’organo,
strumento antichissimo funzionante per mezzo della pressione dell’aria
che viene indotta attraverso un mantice dentro canne di metallo (o anche di
legno) che producono suoni di differenti registri in relazione al loro materiale,
lunghezza, spessore e all’essere o meno provviste di ancia. Grazie all’evoluzione
della sua complessa tecnica, perfezionata notevolmente nell’Ottocento,
e che include fra l’altro anche la presenza di varie tastiere e pedaliere,
l’organo agilmente riproduce tutti i registri orchestrali. L’organo
è lo strumento per eccellenza della musica sacra liturgica, culminata
nella prima metà del Settecento nella grandiosa opera di Johann Sebastian
Bach, sintesi dell’esperienza precedente e modello di riferimento a
partire dalla riscoperta ottocentesca dei suoi capolavori. (CP)
Riferimenti bibliografici
Geneviève Dournon, Strumenti musicali del mondo: proliferazione e sistemi,
in Enciclopedia della musica, diretta da J. J. Nattiez, V, L’unità
della musica, Torino, Einaudi, 2005, pp. 842-873.
Laurence Libin, Storia, simbolismi e funzioni degli strumenti occidentali,
in Enciclopedia della musica, diretta da J. J. Nattiez, V, L’unità
della musica, Torino, Einaudi, 2005, pp. 874-894.
Anthony Baines, Storia degli strumenti musicali dalle origini a oggi, Milano,
Rizzoli, 2002 (titolo originale: Musical Instruments through the Ages, 1961).