Kabbala
Definizione e origini.
Il significato letterale del termine Kabbalah
è ‘tradizione’, sapere ricevuto,
e si riferisce in primo luogo alle interpretazioni
esoteriche dell’Antico Testamento (Tanakh)
basate sulla convinzione che sia possibile ottenere
una intuizione mistica della divinità
e di conseguenza la conoscenza dell’uomo,
creato secondo la Bibbia ‘a immagine e
somiglianza’ di Dio. Poiché Dio
è di per sé irraggiungibile dalla
mente umana, la conoscenza che se ne può
avere dipende dalla sua stessa manifestazione
attraverso i canali mediatori della creazione,
le dieci Sefirot, dalle quali discende e nelle
quali si articola l’intera realtà:
Keter (Corona), Hokhmah (Saggezza), Binah (Intelligenza),
Hesed (Generosità), Din o Gevurah (Giudizio
/ Rigore), Tiferet o Da’at (Bellezza /
Conoscenza), Nezah (Tolleranza), Hod (Maestà),
Yesod (Fondamento), Malkhut o Shekinà
(Regno / Presenza divina). Le fonti più
antiche risalgono a sette gnostiche
giudaiche di età ellenistica, presenti
in Egitto e in Palestina nei primi secoli dopo
Cristo; fino all’età medievale
le dottrine kabbalistiche rimasero un patrimonio
interno alle comunità ebraiche, ove il
loro carattere di conoscenza esoterica e di
introduzione all’esperienza mistica le
riservava ad una élite di iniziati. Lo
sviluppo di queste dottrine e i primi segni
della loro diffusione al di fuori degli ambienti
iniziatici tradizionali presero impulso nella
regione occitanica e catalana nel XII secolo.
Fra i primi testi messi in circolazione tra
XII e XIII secolo ebbero speciale rilievo il
Sefer Yezirà (Libro della creazione)
e il Sefer ha-Bahir (Libro dell’illuminazione);
nello Zohar (Splendore), attribuito al cabbalista
spagnolo Mosè de Leòn (1240-1305),
si ebbe la più ampia esposizione delle
dottrine tradizionali. Moltissime altre opere
vennero prodotte nel corso del XIII e XIV secolo.
In realtà, come hanno messo in luce gli
studi più recenti, il richiamo alla tradizione
–secondo cui il sapere kabbalistico era
stato trasmesso a Mosè sul Sinai ed era
stato conservato inalterato di generazione in
generazione- era funzionale ad una polemica
nei confronti dello sviluppo della filosofia
aristotelica ad opera di Mosè
Maimonide.
Lo sviluppo medievale.
Il dibattito sulle opere di Maimonide ebbe inizio
quando il filosofo era ancora in vita, e si
concentrò sui contenuti della Guida dei
Perplessi e della prima parte della Mishneh
Torà. La dottrina maimonidea della resurrezione
fu attaccata dal contemporaneo Meir ben Todros
Abulafia, mentre alla sua posizione rispetto
al problema dell’inizio del mondo si contrappose
la dottrina della creazione sviluppata da Mosè
Nahmanide, incentrata sull'idea dello tzimtzum,
contrazione della divinità che crea lo
spazio oscuro da cui emerge il creato, e sul
modo in cui le Sefirot si erano manifestate
a partire dall’Infinito (En Sof): attraverso
le Sefirot si sottolineava la connessione fra
Dio e la creazione, rafforzando la base per
l’osservanza dei comandamenti morali tradizionali.
Le idee tradizionali sulla relazione fra uomo
e Dio, la creazione, l’importanza dei
comandamenti per la vita morale dell’uomo,
trovavano dunque nella diffusione delle dottrine
cabbalistiche un sostegno nei confronti del
razionalismo filosofico; tuttavia vennero mantenuti
segreti gli insegnamenti che introducevano all’esperienza
estatica, rafforzando il carattere iniziatico
di essi proprio mentre venivano divulgati i
principi in rapporto ai quali si erano sviluppati.
Si delineò così una distinzione
fra Kabbala essoterica (la conoscenza di Dio
mediante le dieci Sefirot, che costituiva la
base di una teosofia proposta come sapere tradizionale
alternativo alla filosofia aristotelizzante)
ed esoterica (l’avvicinamento a Dio mediante
le pratiche teurgico-mistiche connesse alla
manipolazione delle ventidue lettere dell’alfabeto
ebraico). Di entrambi questi temi si riscontra
la presenza in due autori cristiani dell’epoca,
entrambi originari della Catalogna: Raimondo
Lullo, la cui arte combinatoria porta sicure
tracce della teosofia basata sulle Sefirot,
in ragione della potenziale convergenza di questa
con la tradizione coranica e con quella neoplatonica
cristiana dei nomi divini; e Arnaldo da Villanova,
nei cui scritti profetici è presente
l’idea esoterica del Tetragramma (il nome
impronunciabile di Dio, JHVH). (MP)
Bibliografia
G. Busi, Introduzione, in: Mistica Ebraica.
Testi della tadizione segreta del giudaismo
dal III al XVIII secolo, a c. di G. Busi ed
E. Loewenthal, Einaudi, Torino 1995 (il volume
contiene, fra l’altro, la traduzione italiana
del Sefer Yesira e di una sezione dello Zohar)
G. Scholem, Le grandi correnti della mistica
ebraica, Einaudi, Torino 1993
M. Idel, Cabbalà. Nuove prospettive,
Giuntina, Firenze 1996
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