Universit� di Siena
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    Una voce tu sei null'altro: l'usignolo nella tradizione culturale del mondo antico

    Abstract tesi di dottorato di Silvia Zambon

    La voce dell'usignolo, uccello cantore per eccellenza, affascina da sempre gli esseri umani. Nelle descrizioni degli autori dell'antichità  classica, la mirabile abilità del trillo prodotto dalla gola di questa creatura alata si arricchisce di numerosi risvolti simbolici, di sfaccettature mitiche e letterarie che trasformano questo uccello in una figura paradigmatica. La sensibilità  uditiva di Greci e Romani coglie nel sapiente gorgheggio dell'usignolo l'echeggiare ininterrotto del pianto disperato di una madre che, nel lontano passato degli eventi mitici, ha perduto prematuramente il proprio unico figlio maschio; ma alla modulazione trenodica del dolore di questa donna in lutto si aggiunge l'acuta sofferenza del suo rimorso perenne: questa madre snaturata ha subito, infatti, l'ornitomorfismo dopo aver ucciso brutalmente il figlioletto con la complicità  della propria sorella. Il canto dell'uccellino è quindi intrinsecamente radicato nella conservazione della memoria delle umane sventure che hanno caratterizzato l'esistenza dei protagonisti di questo mito.
       Per questo progetto di tesi si sono individuate alcune aree di ricerca, cui corrispondono le quattro sezioni del nostro lavoro. Una prima analisi è dedicata alla voce dell'usignolo; si analizzano, in primo luogo, le designazioni del verso di questo animale elaborate dagli autori classici, la connotazione prevalentemente trenodica del canto, le interpretazioni di derivazione fonosimbolica del contenuto narrativo della voce emessa da questa creatura alata. In secondo luogo, si prende in considerazione il tema del raggiungimento da parte dei giovani esemplari di usignolo della perfezione nell'esecuzione del canto, esperienza che avviene grazie ad un vero e proprio apprendistato musicale, impartito ai pulcini dagli individui adulti. Ci si sofferma, infine, da un lato a considerare la funzione paradigmatica attribuita, nella tradizione letteraria classica, all'immagine dell'uccello canterino, cui scelgono assai di frequente di assimilarsi i poeti, i cantori e gli autori greci, e dall'altro a riflettere sul legame, delineato spesso nella produzione antica in lingua greca, che sussisterebbe fra gli usignoli e le Muse. Nella seconda parte del lavoro, si affrontano tematiche riguardanti il rapporto tra gli esseri umani e gli usignoli, aspetto che, come si evince da una lettura della principale bibliografia a riguardo, solitamente viene trascurato o trattato marginalmente. Si ritiene produttivo operare con un approccio di tipo antropologico un'indagine dei legami che Greci e Romani intrecciarono con l'usignolo attraverso continue esperienze di contatto con questo animale. E' noto infatti che essi catturavano gli esemplari di questa specie e li privavano della libertà  con lo scopo di ricevere diletto dall'ascolto del loro straordinario repertorio musicale (usignoli in gabbia che allietano l'uditorio sono descritti spesso nel mondo antico); sappiamo inoltre che la cattura di questi uccelletti era finalizzata, in particolare per il mondo latino, alla preparazione di piatti succulenti apprezzati da rozzi arricchiti. Si dedica, inoltre, un'analisi alle varie sfaccettature del rapporto di emulazione esistente tra usignoli ed esseri umani, un rapporto che, secondo quanto riferiscono le testimonianze letterarie, sembra essere basato su tentativi reciproci di riprodurre le rispettive modalità  espressive. Nella terza sezione del lavoro, si prendono in considerazione alcuni tratti del comportamento degli esemplari di questa specie alata; si analizzano, dunque, i legami dell'usignolo con la sfera del sonno e della veglia, la proverbiale insonnia degli esemplari di questa specie e l'abitudine dell'uccello a cantare ininterrottamente. Si tratta di elementi che, nell'immaginario classico e nelle tradizioni popolari successive, hanno favorito il ricorso alla carne di questo animale nella preparazione di particolari ricette e pozioni finalizzate alla riduzione o all'annullamento del sonno negli esseri umani. E' nostro interesse indagare le testimonianze relative all'impiego degli organi d'usignolo nella preparazione di amuleti dalle note proprietà  magico-terapeutiche, un tema che, a quanto ci risulta, è stato fino ad oggi poco scarsamente approfondito. Nel quarto ed ultimo capitolo, vengono analizzate le modalità  di nidificazione dellâ'usignolo, la propensione dell'animale alla solitudine e la consuetudine di posarsi in luoghi isolati e presso il fitto intrico della vegetazione. Dopo aver posto in luce come, secondo i dati dell'osservazione di Greci e Romani, sia il folto del boschetto la sede privilegiata dagli usignoli, è con una prospettiva completamente differente che intendiamo richiamare l'attenzione sul fatto che la medesima figura dell'usignolo solitario, celato tra le fronde degli alberi, sembra essersi prestata ad un abbassamento al registro triviale. Nella cultura greca, infatti, l'ambiente naturale in cui è risaputo che questo uccello ama disporsi tende ad essere sfruttato in chiave anfibologica e come metafora oscena, con uno slittamento del suo valore semantico sul piano sessuale, per indicare organi dell'anatomia femminile. Si prendono in considerazione, a questo punto, anche lo sviluppo e la diffusione di doppi sensi allusivi alla sfera erotica che pertiene all'ornitonimo con cui si designa l'animale nella tradizione del mondo antico, e si accenna, infine, alle permanenze di tale motivo nella produzione italiana in lingua volgare del Trecento.