La voce di Imeneo. Aspetti della performance nuziale grecaAbstract tesi di dottorato di Giada TognazziLa
voce di Imeneo. Aspetti della performance nuziale greca. Con questa
ricerca ho preso in esame i componimenti nuziali destinati ad un reale gamos
e ne ho seguito l'evoluzione e gli sviluppi attraverso il vasto arco
di tempo che va dall'età arcaica all’epoca imperiale. Partendo dalla
convinzione che queste opere non possono essere comprese se non in
quanto composizioni destinate ad una comunicazione orale
all'interno di un preciso contesto rituale, con specifiche
caratteristiche, nel mio studio mi sono concentrata soprattutto sulle
modalità d’esecuzione previste per i differenti componimenti e sulla
funzione da essi ricoperta nello svolgimento del rito. Di conseguenza
le domande che mi sono posta nell'affrontare lo studio delle varie
opere sono state: chi eseguiva/pronunciava il componimento e che
posizione ricopriva? Con quali modalità (musica – danza)? In quale fase
della cerimonia? Da chi era formato il pubblico? Quale funzione
pragmatica aveva la performance messa in atto nell'economia del rituale
in corso? Nel tentativo di rispondere a questi interrogativi la mia
analisi si è concentrata prima di tutto sull’esame della struttura
enunciativa dei componimenti per sottolineare le strategie discorsive
messe in atto. Ho prestato particolare attenzione al valore rivestito
dai diversi elementi deittici impiegati e seguendo la definizione
avanzata da Karl Bühler ho distinto tra deittici della demonstratio ad
oculos, quando questi indicano un oggetto o una persona presenti
davanti agli occhi nel momento in cui si parla, che pertanto vengono
concretamente indicati, e deittici della deixis am Phantasma quando gli
stessi vengono utilizzati per indicare oggetti non realmente presenti
ma che vengono “mostrati” all'immaginazione di chi ascolta e per i
quali, dunque, si fa appello all’occhio interiore del pubblico. La mia
ricerca si presenta dunque come una esplorazione delle differenti
performance che potevano trovare spazio all’interno di una cerimonia di
nozze; per questo motivo nell'affrontare lo studio dei vari
componimenti non ho seguito un ordine strettamente cronologico e ho,
invece, organizzato la materia distinguendo tra componimenti che
presentano differenti modalità di performance e differenti funzioni
pragmatiche. Il primo capitolo è dedicato all’analisi dell’imeneo
inteso come canto intonato al suono della musica e al passo della danza
e composto per essere eseguito in relazione con un momento particolare
della cerimonia. Ho preso in esame le modalità d'esecuzione di questo
canto mettendo in rilievo i momenti del rito ai quali era destinato e
le principali componenti della performance: i cori, la musica e la
danza, insieme al ruolo rivestito dal pubblico e dai committenti.
La funzione rituale e il forte aggancio con la situazione esterna sono
le due caratteristiche che emergono sulla base dell'esame dei canti di
Saffo e che si rivelano proprie dell'imeneo d'età arcaica e classica.
Allo stesso tempo, allo scopo di mostrare la vitalità del termine
“imeneo” dall'età arcaica fino all'età tarda, ho preso in
considerazione testimonianze provenienti da periodi diversi e di natura
eterogenea, nelle quali è possibile trovare riferimenti alla
performance imenaica. Questi dati si sono rivelati particolarmente
utili in un momento successivo, quando ho fatto riferimento alle
trasformazioni subite dai canti nel corso dei secoli. In questo senso
il primo capitolo funge ad un tempo da introduzione alle
riflessioni che seguiranno. Dopo aver affrontato la componente più
antica e nota della performance nuziale mi sono dedicata alla disamina
di generi di componimento diversi e nondimeno destinati all'esecuzione
durante la cerimonia. Nel circoscrivere le peculiarità di queste opere
mi sono servita del confronto con l'imeneo nell'intento di
comprendere tanto le differenze tra componimenti nuziali con
caratteristiche e funzioni distinte quanto i cambiamenti e le
trasformazioni avvenute nella produzione dei secoli successivi. Il
secondo capitolo si concentra sugli “imenei epici” e sugli “elogi
nuziali”, definizioni che non debbono essere prese nel senso stretto
del termine ma come utili strumenti per rendere conto in modo più
chiaro delle diverse dimensioni poetiche che una cerimonia poteva
comprendere al suo interno. Ho esaminato qui, da un lato, componimenti
che sono caratterizzati da uno spiccato andamento narrativo e che hanno
come oggetto il racconto di un matrimonio mitico e, dall'altro quei
componimenti che, al contrario, celebrano un matrimonio reale e sono
contraddistinti da un tono marcatamente encomiastico. In contrasto con
la tendenza di una parte della critica ad espungere queste composizioni
da un'occasione nuziale concreta, ho mostrato che il problema deve
essere piuttosto ricondotto ad una diversa funzione pragmatica
rivestita dalle stesse all'interno della cerimonia. I componimenti
chiave di questa parte sono, per quanto riguarda gli “imenei epici”,
l’epitalamio per le nozze di Peleo e Teti attribuito da Tzetzes ad
Esiodo (fr. 211 M.-W.), il frammento 44 V. per le nozze di Ettore
e Andromaca di Saffo e l'epitalamio dedicato alle nozze di Elena e
Menelao di Teocrito (Idillio XVIII); per quanto riguarda gli “elogi
nuziali” un componimento di Posidippo dedicato al matrimonio della
regina Arsinoe II con Tolemeo Filadelfo (SH 961). Il terzo capitolo è
dedicato alle performance musicali di artisti di professione, i tecnikai
cui facevamo riferimento in precedenza. Ho cercato di comprendere il
ruolo di queste esibizioni all'interno della cerimonia e, dal momento
che le prime notizie sulla presenza di questi artisti in occasione di
un matrimonio appartengono a un periodo compreso tra il IV e il III
secolo a.C., ho dedicato una riflessione iniziale al rito nuziale
ellenistico con l’obiettivo di circoscrivere le innovazioni più
significative da tenere presenti per una produttiva contestualizzazione
dei componimenti stessi. Dal momento che alcuni dei cambiamenti qui
individuati nell'ambito del rito e delle performance musicali potranno
essere maggiormente compresi solo alla luce di testimonianze proprie
dell'epoca imperiale, è utile considerare queste pagine come
un'introduzione all'ultimo capitolo, il quarto, dedicato alle orazioni
nuziali, ovvero i logoi in prosa destinati alla celebrazione di una cerimonia
e che risalgono ai primi secoli dopo Cristo. Ecco allora che
l'ultima parte del lavoro si organizza intorno ad un interrogativo
centrale: che ruolo aveva l'oratore all'interno delle nozze e quali
erano le caratteristiche della performance retorica? L'indagine è stata
condotta sulla base dell'orazione di Imerio dedicata al matrimonio di
Severo e pronunciata ad Atene intorno al 353 d.C. Costituiscono un
valido supporto e un ampliamento all'argomentazione i trattati di
retorica dello pseudo-Dionisio e di Menandro Retore,
intitolati rispettivamente Techne rhethorike e Peri epideiktikou, i quali contengono una sezione dedicata alla composizione dei logoi
nuziali. Pur non trattandosi di discorsi pronunciati durante la
cerimonia, questi manuali, nell'intenzione di offrire indicazioni
concrete sul contenuto e l'organizzazione della materia da affrontare,
forniscono una serie di riflessioni sulla funzione di questi
componimenti in prosa e sulle modalità d'esecuzione che si rivelano
particolarmente utili per la nostra ricerca. L'analisi della
performance retorica con l'obiettivo di stabilirne tanto gli spazi
quanto i luoghi, i tempi e le funzioni, mi ha condotto infine a mettere
in luce una serie di dati relativi allo svolgimento del rito che mi
hanno permesso di formulare alcune ipotesi sui cambiamenti intervenuti
nello svolgimento della cerimonia nel corso dei secoli.
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