Parlare con le dita. Forme e valori di alcuni gesti significativi dal teatro di Terenzio all'epoca modernaAbstract tesi di dottorato di Sandra SantoniIl lavoro da me svolto,
negli ultimi due anni, per la tesi
di dottorato mi ha spinto infine a modificare e ridimensionare in parte
l’iniziale progetto da me proposto all’inizio dei tre anni. Studiando i
“gesti
terenziani” documentati nelle miniature del codice Vaticanus Latinus
3868 (cod.
C), ho scelto di concentrare la mia attenzione solo su alcuni di quei
gesti da
me definiti “gesti della comunicazione”, in quanto usati sempre
all’interno di
un contesto dialogico tra due o più personaggi e propriamente
volti a chiarire,
enfatizzare ed esprimere il messaggio trasmesso intenzionalmente da un
emittente ad un destinatario fisicamente presente. La mia scelta
è ricaduta
dunque su alcuni specifici “gesti della comunicazione”, a mio parere
particolarmente significativi, sia per il ruolo da essi svolto nella
costruzione scenica delle commedie terenziane, sia per la loro
effettiva
persistenza nel tempo, sia infine per l’interessante polisemia ad essi
connaturata.
Il primo gesto
è quello compiuto dai personaggi terenziani
alzando medio e indice distesi, uniti o separati e documentato in
moltissime
miniature vaticane, ad esempio nelle figure che ritraggono i Prologhi
delle
commedie, o altri personaggi parlanti, che, solitamente, aprono i
dialoghi,
come fanno ad esempio il senex Simo
in Andria
I,1 e l’adulescens Phaedria in Eunuchus
II,1.
Il secondo gesto
è quello che viene fatto generalmente,
tenendo la mano in orizzontale, con pollice, indice e medio tutti
distesi e
separati, come nella rappresentazione del gesto compiuto dall’adulescens Pamphilus in Andria III,5,
oppure con medio e indice
uniti come nella figura del senex Simo
in Andria III,3.
Il terzo gesto
è quello in cui i personaggi tengono
chiaramente la mano in orizzontale, con il palmo rivolto verso l’alto,
ma
chiudono mignolo, anulare e pollice, alzando invece indice e medio
distesi, in
modo da formare un angolo con il palmo e da mostrare il dorso delle due
dita
all’interlocutore. Si tratta ad esempio, del gesto compiuto dal servo
Sosia in Andria I,1 e dal servo Parmeno in Eunuchus II,3, come anche dal senex Demipho
in Phormio IV,3.
Il quarto gesto
è quello in cui tutte le dita sembrano
riunirsi in punta, come nel gesto della “mano a borsa”, così
denominato da Desmond Morris (Morris D., I
gesti nel
mondo, Milano 1995) e che - per quanto difficile da identificare
nelle
miniature, a causa della mancanza di profondità e volume dei
disegni – sembra
potersi riconoscere sia nell’atteggiamento del servo Syrus in Adelphoe IV,1, sia in quello dell’adulescens
Pamphilus in Hecyra IV,4.
Il quinto gesto
è quello che - sempre sfruttando la terminologia
proposta da Morris - ho chiamato “gesto dell’anello”, in cui l’indice e
il
pollice si congiungono nelle punte formando un piccolo cerchio; un
gesto
documentato ad esempio in Eunuchus V,8,
dove i personaggi che lo compiono sono ben tre.
Il sesto gesto
è infine quello dell’indice disteso, sia
puntato in direzione di qualcuno o qualcosa da indicare, sia alzato,
sia
rivolto verso il basso, che si trova usato nelle sue diverse forme ed
accezzioni in un buon numero di scene terenziane: in Andria
II,2, Heautontimorumenos IV,1,
Hecyra
V,2 ed ancora in molte altre.
Il lavoro si
dividerà in due parti: la prima dedicata
interamente ai diversi usi ed alle funzioni dei sei gesti suddetti
nelle scene di
Terenzio, in particolare del codice vaticano, ma anche negli altri
codici
illustrati che conservano le commedie di questo autore; la seconda
riprenderà
invece uno per uno i “gesti terenziani” visti nella prima parte per
valutarne
la sopravvivenza nel tempo ed evidenziarne la polisemia nelle culture
delle
diverse epoche. In entrambe le sezioni, ad ogni gesto sarà
dedicato un capitolo
a parte.
Nel preparare il
materiale da consegnare alla fine del
secondo anno, mi sono dedicata in particolare alla stesura del Capitolo
VI
della Prima parte della tesi, incentrato sulle diverse forme e funzioni
assunte
dal gesto dell’indice disteso nelle varie scene delle commedie di
Terenzio.
Il “nostro” gesto
è generalmente compiuto dai personaggi
terenziani ora puntando l’indice verso qualcosa o qualcuno da indicare,
ora
alzando il dito, in modo da rivolgerlo verso l’alto o verso
l’interlocutore,
ora infine puntandolo invece a terra, oppure, ancora verso
l’interlocutore, ma
con fare più deciso e, in alcuni casi, minaccioso. In tutte
queste forme, il
gesto compare in 38 figure delle miniature vaticane, distribuite in un
totale
di 30 scene:
-
nove
volte nell’Andria (adulescens Charinus
in Andria II,2; nutrix Lesbia in Andria III,1;
senex Simo in Andria III,1; adulescens
Pamphilus in Andria IV,1; adulescens
Pamphilus in Andria IV,2; ancilla Mysis in Andria
IV,5; senex Simo in Andria
V,3; senex Simo in Andria V,4; senex Chremes in Andria V,4);
-
cinque
volte nell’Eunuchus (adulescens
Antipho in Eunuchus III,4; adulescnes
Antipho in Eunuchus
III,5; adulescens Chremes in Eunuchus
IV,7; miles Thraso in Eunuchus
V,7; parasitus Gnatho in Eunuchus
V,9);
-
sette
volte nell’Heautontimorumenos (adulescens
Clinia in Heautontimorumenos II,2; servo Syrus
in Heautontimorumenos II,3; senex
Chermes in Heautontimorumenos III,2; nutrix
Cantara in Heautontimorumenos IV,1; meretrix
Bacchis in Heautontimorumenos IV,4 servoDromo in Heautontimorumenos IV,4; adulescens
Clitipho in Heautontimorumenos V,4; senex
Chremes in Heautontimorumenos V,4);
-
dieci
volte negli Adelphoe (servo
Syrus in Adelphoe II,2; adulescens
Ctesipho e servo Syrus in Adelphoe
II,3; mulier
Sostrata in Adelphoe III,2; servo Dromo e servo Syrus
in Adelphoe III,3; servo Syrus in Adelphoe IV,2; senex Demea
in Adelphoe V,2; senex Demea
in Adelphoe V,7; senex Micio in Adelphoe
V,8);
-
tre
volte nell’Hecyra (mulier
Sostrata in Hecyra II,1; senex Laches e meretrix Bacchis in Hecyra
V,2);
-
tre
volte nel Phormio (adulescens Antipho
in Phormio III,1; servo Geta in Phormio
IV,4; senex Chermes in Phormio
IV,5).
Ognuna delle
diverse forme in cui il gesto compare nelle
scene terenziane delle miniature vaticane, è connessa con una
sua diversa
funzione o sfumatura di significato.
Quando i
personaggi puntano l’indice in direzione di
qualcosa o qualcuno a cui si riferiscono con le loro battute, il gesto
assolve
alla sua fondamentale e più naturale funzione, quella di
indicare e viene usato
quindi essenzialmente come gesto dimostrativo e deìttico.
Diversamente quando
l’indice viene tenuto alzato e rivolto verso l’alto o, più
spesso, rivolto in
direzione dell’interlocutore, il gesto può assumere in alcuni
casi una
particolare funzione allocutoria e dichiarativa, in altri un valore
essenzialmente imperativo, ed in altri ancora può accompagnare
l’espressione di
accuse, rimproveri ed ammonimenti.
Tutti questi valori del
gesto sono confermati anche dalle osservazioni
alle illustrazioni vaticane di Terenzio fatte già in passato da
autori come A.
C. Gampp (Le language des gestes dans les
manuscrits de Térence antérieurs au XIIIe siècle,
1998), G. Aldrete (Gestures and acclamations
in ancient
Rome,1999) e C. R. Dodwell (Anglo-Saxon
Gestures and Roman Stage, 2000).
Valori simili si
ritrovano inoltre in tutti quei casi in
cui il gesto è stato utilizzato anche nelle miniature degli
altri codici
terenziani illustrati diversi da C. In particolare, tra i numerosi
manoscritti
medievali che conservano le opere di Terenzio, la mia analisi si
è rivolta, per
il momento, alle illustrazioni di quattro tra quelli appartenenti alla
“famiglia γ” dello stemma codicum terenziano:
il codice Parisinus Latinus 7899
(P), datato al IX secolo, l’Ambrosianus Latinus H 75 inf. (F),
realizzato tra
IX e X secolo, il Parisinus Latinus 7900 (Y), del X secolo e il
Dunelmensis o
Bodleianus Latinus Auct F 2 13 (O),
datato al XII secolo; ed ha compreso inoltre alcune delle
miniature
eccezionalmente presenti in due codici appartenenti alla “famiglia δ”
dei
manoscritti terenziani, solitamente non illustrati:
il Leidensis Vossianus 38 s x, del
X secolo (N) ed il Turonensis Latinus 924
(Tur), risalente al XII secolo.
In questi codici
il “nostro” gesto compare in un numero
assai più ampio di miniature, rispetto a quanto accade invece
nel manoscritto
vaticano; esso è solitamente presente in quasi tutte le scene
terenziane, in
cui lo si è già visto in C e quando questo non avviene
può trovarsi comunque in
altre scene comiche ed essere attribuito anche a più personaggi
contemporaneamente. Nelle scene in cui diversamente il gesto è
stato sostituito
da un altro, per lo più quando l’indice disteso ed alzato era
usato nelle
miniature vaticane per chiedere attenzione e prendere la parola, a
sostituire il
gesto dell’indice disteso provvede solitamente quello compiuto alzando
medio e
indice distesi, uniti o separati, sempre caratterizzato da un’evidente
funzione
allocutoria e dichiarativa. Il frequente
scambio tra i due gesti - che avviene a volte anche in senso
opposto,
con il gesto dell’indice che va a sostituire quello di medio e indice –
offre
dunque una conferma abbastanza attendibile della loro sostanziale
coincidenza
di significato.
Nelle miniature
dei manoscritti più tardi, il Bodleianus
ed il Turonensis di XII secolo, è possibile notare il maggior
numero di
ricorrenze del gesto dell’indice disteso usato soprattutto in funzione
deìttica
e spesso volto a sostituire tutta una serie di gesti diversi che
articolavano
invece le scene terenziane rappresentate nei codici di epoca
precedente.
Soprattutto nel Turonensis, sembra infine di poter leggere una perdita
sempre
più accentuata della conoscenza del linguaggio gestuale antico,
che risulta
evidente dalla semplificazione estrema delle illustrazioni, in cui
sempre più
spesso le interazioni tra i personaggi si riducono ad un mero scambio
di gesti
deìttici, che evidenziano solo direzione e destinatario del
messaggio espresso.
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